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Nous sommes de simples serviteurs : nous n’avons fait que notre devoir

Posté par diaconos le 10 novembre 2020

 L’image contient peut-être : une personne ou plus, texte qui dit ’<< Nous sommes de simples serviteurs: nous η avons fait que notre devoir» Lc17,7-10 7-10 eDamed’

# La parabole du Père miséricordieux est relatée dans l’Évangile selon Luc 15:11–32.Cette parabole concerne prioritairement, le fils aîné, tout autant que le fils prodigue. C’est une interpellation adressée aux pharisiens, étroitement observateurs de la Loi, les interrogeant sur leurs rapports durs, légalistes, à l’égard des brebis égarées qui s’en éloignent. Cette parabole a servi, entre le Ve et VIIIe siècles à plusieurs théologiens, dont saint Pierre Chrysologue, pour désigner les deux fils du Père, le Fils aîné, symbolisant le judaïsme, qui resta attaché à la maison, et le fils cadet, l’Église, destinée à appeler avec miséricorde tous les hommes pécheurs pour qu’ils reviennent à l’amour de Dieu, leur Père, tel que cet amour divin fut révélé et manifesté en la personne de Jésus-Christ rédempteur, Le pape Benoît XVI identifia le Père, dans la parabole, à Dieu, le Père : « Il est notre Père qui, par amour, nous a créés libres et nous a dotés de conscience, qui souffre si nous nous perdons et qui fête notre retour » La relation avec Lui se construit de façon semblable à ce qui arrive à tout enfant avec ses parents : au début, il dépend d’eux ; puis, il revendique son autonomie ; et finalement, il arrive à un rapport fondé sur la reconnaissance et sur l’amour authentique.

De l’Évangile de Jésus Christ selon saint Luc

En ce temps-là, Jésus disait : « Lequel d’entre vous, quand son serviteur aura labouré ou gardé les bêtes, lui dira à son retour des champs : “Viens vite prendre place à table” ? Ne lui dira-t-il pas plutôt : « Prépare-moi à dîner, mets-toi en tenue pour me servir, le temps que je mange et boive. Ensuite tu mangeras et  boiras à ton tour ? »
Va-t-il être reconnaissant envers ce serviteur d’avoir exécuté ses ordres ? De même vous aussi, quand vous aurez exécuté tout ce qui vous a été ordonné, dites : « Nous sommes de simples serviteurs : nous n’avons fait que notre devoir” «   (Lc 17, 7-10)

Nous avons fait ce que nous étions obligés de faire.

 Jésus démontra, par une comparaison tirée de la société d’alors, que jamais l’homme ne put avoir de mérite devant Dieu. Un esclave, dont tout le temps appartint à son maître, ne fit que ce qu’il fut obligé de faire, quand, après avoir travaillé tout le jour, il servit encore à table le soir. Son maître ne lui en eut pas de reconnaissance particulière, tout cela lui fut commandé.

« Vous aussi, de même, quand vous aurez fait tout ce qui vous est commandé, dites : Nous sommes des serviteurs inutiles : nous avons fait ce que nous étions obligés de faire. «  : cette conclusion, qui applique la parabole aux rapports de l’homme avec Dieu, est d’une vérité incontestable. Car, d’abord, aucun homme pécheur n’a fait tout ce qui lui fut commandé par la loi, qui n’exigea rien de moins que la perfection de l’obéissance. Mais l’eût-il fait, il aurait simplement accompli une obligation sacrée et n’aurait aucun mérite à faire valoir devant Dieu.

Un ange même ne saurait prétendre à un droit devant Dieu, à qui il doit ses services les plus parfaits. Il est lui-même un serviteur inutile, dans ce sens que Dieu n’a pas besoin de son obéissance. Cette idée est renfermée dans le mot inutile, et qui signifie littéralement une personne ou une chose dont il ne revient aucun avantage, aucun profit : « Quant à ce serviteur bon à rien, jetez-le dans les ténèbres extérieures ; là, il y aura des pleurs et des grincements de dents !” (Mt 25, 30

Tout cela est vrai au point de vue du droit, et cette instruction de Jésus mit à néant la propre justice, la prétention de l’homme à mériter quoi que ce soit devant Dieu ; elle ne lui laissa d’autre moyen de salut que la grâce.

Diacre Michel Houyoux

Compléments

◊ Diacre Michel Houyoux : cliquez ici pour lire l’article → N’ayez pas peur petit troupeau ! (Lc 12, 32-48)

◊  Diacre Michel Houyoux : cliquez ici pour lire l’article →  Là, il y aura des pleurs et des grincements de dents ! (Mt 25,  30b)

Liens avec d’autres sites chrétiens sur Internet

◊ Regnum Christi   : cliquez ici pour lire l’article  →  Nous sommes de simples serviteurs : nous n’avons fait que notre devoir

◊ Diocèse de Cayennes  : cliquez ici pour lire l’article  → Nous ne sommes que de simples serviteurs

Paroisse Saint Joseph (Martinique)

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Trentesimo domenica del tempo ordinario – Anno A

Posté par diaconos le 10 novembre 2020

Siete stati fedeli per alcune cose, vi affiderò molto

La parabola dei talenti

La parabola dei talenti

 # La parabola è un racconto che attraverso comparazioni e similitudini, oppure allegorie, rivela un insegnamento morale o religioso. La parabola dei talenti è una parabola di Gesù narrata nel Vangelo secondo Matteo 25,14-30; una parabola simile, detta parabola delle mine, si trova nel Vangelo secondo Luca 19,12-27. La parabola parla di un signore che parte per un viaggio e affida i suoi beni ai suoi servi. A un servo affida cinque talenti, a un secondo due talenti e a un terzo un talento. I primi due, sfruttando la somma ricevuta, riescono a raddoppiarne l’importo; il terzo invece va a nascondere il talento ricevuto e lo sotterra. Quando il padrone ritorna apprezza l’operato dei primi due servi e condanna, invece, il comportamento dell’ultimo. Parabola delle mine : In questa parabola il padrone è un principe che deve partire per ricevere l’incoronazione e affida ai suoi servi importi uguali. Un’altra differenza è che la mina aveva un valore molto più piccolo del talento.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo

In quel tempo Gesù raccontava ai suoi discepoli questa parabola : « Era come un uomo in viaggio: chiamava i suoi servi e affidava loro i suoi beni.  A uno ha dato la somma di cinque talenti, ad altri due talenti, al terzo un solo talento, a ciascuno secondo la sua capacità. Poi se n’è andato. Immediatamente colui che aveva ricevuto i cinque talenti se ne andò e se ne servì, e ne vinse altri cinque.

Allo stesso modo, colui che aveva ricevuto due talenti ne ha guadagnati altri due. Ma colui che ne aveva ricevuto solo uno andò a scavare la terra e nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo, il padrone di quei servi tornò e chiese loro un conto. Colui che aveva ricevuto cinque talenti venne da lui e gliene presentò altri cinque e disse : « Signore, mi hai affidato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque.

E il suo padrone gli disse : « Molto bene, servo buono e fedele, sei stato fedele per poche cose, te ne darò molte; entra nella gioia del tuo signore ». E colui che aveva ricevuto due talenti venne e disse : « Signore, mi hai dato due talenti, ed ecco, ne ho guadagnati altri due ». E il suo padrone gli disse : « Molto bene, servo buono e fedele, sei stato fedele per poche cose, te ne darò molte; entra nella gioia del tuo signore ».

E colui che aveva ricevuto un talento si avvicinò e disse : « Signore, sapevo che sei un uomo duro: raccogli dove non hai seminato, raccogli dove non hai seminato, raccogli dove non hai seminato, raccogli dove non hai sparso il grano ». Avevo paura, e sono andato a nascondere il tuo talento nel terreno. Ed eccola qui. Hai quello che è tuo ».

Il suo padrone rispose : « Tu, pigro e malvagio servitore, sapevi che io raccolgo dove non ho seminato. Sapevi che raccolgo dove non ho seminato. Sapevi che raccolgo dove non ho seminato. Sapevi che raccolgo dove non ho seminato. Sapevi che raccolgo dove non ho seminato. Così ho dovuto mettere i miei soldi in banca e quando sono tornato li avrei trovati con gli interessi. Toglietegli quindi il suo talento, e datelo a chi ne ha dieci.

A colui che ha, sarà dato di più e sarà in abbondanza; ma colui che non ha nulla, avrà anche ciò che gli è stato tolto. Ma il servo buono a nulla sarà gettato nelle tenebre esteriori, dove piangerà e digrignerà i denti » (Mt 25,14-30).

Non abbiate paura !

La parabola dei talenti, come tante altre, tratta del Regno di Dio e del ritorno di Cristo. L’essenziale è prepararsi all’incontro ed essere sempre pronti ad accogliere chi viene come un ladro nella notte. Ci sono « talenti » e « talenti ».

I talenti sono quelle doti naturali che tutti hanno ; sono quelle capacità speciali che tutti noi abbiamo di fare straordinariamente questa o quella cosav : questo è un pittore di talento, ma guarda questo, è un giovane talento; ma ai tempi di Gesù un talento era un lingotto d’argento o d’oro del valore di seimila denari, una somma enorme : l’equivalente dello stipendio di seimila giorni di lavoro ; cioè lo stipendio di più di sedici anni di lavoro !

Questi talenti affidati ai servi, a ciascuno secondo le sue capacità, e senza particolari istruzioni, dal padrone che parte per un viaggio, li lasciano ad affrontare la loro responsabilità. I conti saranno dovuti al ritorno del padrone. Il Maestro è partito per un viaggio e, dopo averci affidato tutti i suoi beni, è Dio, naturalmente. E la ricompensa è quella di condividere il suo Regno : « Entra nella gioia del tuo Maestro ».

La storia dei talenti è prima di tutto la storia della paura. E le paure che tutti noi abbiamo. La prima cosa da fare è ammetterlo a se stessi. Avendo preso coscienza di ciò, c’è motivo di agire, ci dice Cristo. A furia di paura, rischiamo di non fare più nulla a immagine e somiglianza dell’uomo che aveva un solo talento: « Avevo paura, e sono andato a seppellire il tuo talento nella terra. Eccolo qui. Hai quello che è tuo. « Quest’uomo mancava di audacia e di fiducia. Non si è assunto la responsabilità.

Non siamo su questa terra per sopportare la vita, ma per viverla al massimo, e per farlo, a volte ci sono dei rischi da correre. Quest’uomo pretende di saper distinguere tra il buono e il cattivo e, per lui, il padrone è cattivo : « Padrone, io sapevo che sei un uomo duro, raccogli dove non hai seminato, raccogli dove non hai sparso il grano. Avevo paura. «   È lì, in ognuno di noi, che può avvenire l’inizio del fallimento e della sfortuna.

Credere che Dio sia veramente Amore, questa è la sfida che ci viene proposta. Crederci e quindi uscire dalla paura che ci sterilizza. Cerchiamo di individuare le paure che ci fanno prendere Dio per un duro padrone. Una delle maggiori sfide della nostra vita è il passaggio dalla paura alla fede, anche quando, come Gesù in croce, siamo attaccati dal peggio. Ecco perché gli incontri di Gesù con i suoi discepoli iniziano così spesso con : « Non abbiate paura »

 Chi ha paura, seppellisce la propria vita perché ha troppa paura di perderla. Ora, ci è stata data una sola vita, non manchiamola. Vale la pena di vivere appieno. Non fare nulla, per non essere biasimati… è proprio di questo che saremmo biasimati, e piuttosto severamente : « Quanto a quel servo buono a nulla, buttatelo fuori nell’oscurità; ci saranno pianti e digrigni di denti ! »

Tutti noi abbiamo capacità, talenti. Cosa ne facciamo di loro ? Li usiamo per soddisfare il nostro egoismo, per i nostri interessi personali ? O per onorare il Signore nella conservazione e nello sviluppo del nostro ambiente, per servire il Signore negli altri, in coloro che ci circondano, in coloro che stanno peggio di noi ?

Se agiamo in questo modo, facciamo fruttificare i talenti che il Signore ci ha dato, riempiamo fino all’orlo la nostra brocca personale. E quando il Signore tornerà, potremo dirgli in tutta verità : « Ecco, Signore, con le mie capacità e con i doni della tua creazione, ti presento ciò che ne ho fatto; ho fatto del mio meglio e ho fatto tutto ciò che potevo: te lo offro come un bel dono. «  E il Signore ci dirà : « Vieni, servo buono e fedele, entra nel mio regno di luce ». 

Il diacono Michel Houyoux

Link ad altri siti web cristiani

◊ Monsignore Joào S. Clá Dias : clicca qui per leggere l’articolo → XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

◊  Qumran  : clicca qui per leggere l’articolo → Testi – XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Commento da parte Don Giorgio Zevini, decano emerito della Facoltà di Teologia dell’UPS

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