Quarta domenica di Quaresima, da Lætare – Anno B

Posté par diaconos le 8 mars 2021

Dio ha mandato suo Figlio per salvare il mondo attraverso di lui

Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo… Giovanni 3:17

# Questa espressione era nel passato utilizzata comunemente, mentre dopo la riforma liturgica, attuata nella Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II, lo è soltanto raramente, a causa del prevalente uso delle lingue parlate rispetto al latino. «Rallégrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione.» La data della domenica Laetare è legata a quella della Pasqua e può cadere tra il 1º marzo e il 4 aprile.

Il vescovo anglicano di Willesden (Londra) con tre sacerdoti anglicani, coi paramenti rosa, in uso nella liturgia della domenica Laetare. In tale giornata, secondo le regole dei colori liturgici, nel rito romano della Chiesa cattolica (e nella Chiesa anglicana, e in molte altre chiese minori), è possibile utilizzare, invece del viola normalmente utilizzato durante la Quaresima, il colore rosa nei paramenti liturgici, possibile solo in questo giorno e nella domenica Gaudete in Avvento. Inoltre, almeno nel rito romano della Chiesa cattolica, è possibile ornare l’altare di fiori e usare l’organo anche quando non serve per sostenere il canto.

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 Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo San Giovanni

Allora Gesù disse a Nicodemo : « Come il serpente di bronzo fu innalzato da Mosè nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo, affinché in lui ogni uomo che crede abbia la vita eterna. Perché Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

Perché Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo, non per giudicare il mondo, ma perché per mezzo di lui il mondo sia salvato. Chi crede in lui sfugge al giudizio, e chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unico Figlio di Dio. E il giudizio è questo : la luce è venuta nel mondo, e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano cattive.

Colui che fa il male odia la luce; egli non viene alla luce per non rimproverare le sue opere; ma colui che fa la verità viene alla luce, affinché sia reso manifesto che le sue opere sono state fatte in unione con Dio. «  (Gv 3, 14-21).

Il Figlio dell’uomo doveva essere innalzato

Per rendere accessibile a Nicodemo il mistero della sua opera redentrice, Gesù prese in prestito dall’Antico Testamento un magnifico simbolo ben noto al suo interlocutore, e applicandolo a se stesso, fece una predizione molto chiara della sua morte. Il popolo d’Israele, avendo mormorato contro Dio, fu punito dalla terribile piaga dei serpenti ardenti che causò la morte di molti dei colpevoli.

Allora il popolo pentito, confessando il proprio peccato, venne da Mosè, pregandolo di intercedere per loro. In risposta alla sua preghiera, al servo di Dio fu ordinato di innalzare un serpente di bronzo su un palo, e tutti coloro che, credendo alla promessa di Dio, contemplarono questa immagine del male da cui soffrivano furono guariti.

Allo stesso modo, aggiunge Gesù, il Figlio dell’Uomo doveva essere innalzato ; innalzato sulla croce per prima cosa, che sarebbe diventata per lui la via della gloria. Il significato della parola essere innalzato è stato confermato da altre dichiarazioni di Gesù, e anche dal fatto che nella lingua aramaica che egli parlava, il termine corrispondente, che usava, significava: essere innalzato su un palo, essere appeso o crocifisso.

Era necessario, disse Gesù, una necessità gloriosa, basata sull’eterna misericordia di Dio, sul suo consiglio già annunciato dalle profezie, che si realizzarono. Lo scopo di quest’opera d’amore di Gesù era come quello raggiunto nel deserto per gli Israeliti morenti : che chiunque non perisca nel suo peccato, come i colpevoli perirono nel deserto, abbia la vita eterna.

Quest’ultima parola si trova qui per la prima volta nel vangelo. È stato ripetuto molte volte nel seguito. Il dono della vita eterna implica il perdono, la riconciliazione con Dio, ma la partecipazione dell’anima salvata alla vita di Dio stesso, vita imperitura e benedetta.  Dio ha amato tanto : questo amore è il principio e la fonte suprema della salvezza.

Ha amato il mondo, questo mondo caduto, peccatore, in rivolta contro di lui; ha amato tutta la nostra umanità alla quale ha destinato questa manifestazione del suo amore. Non solo ha mandato, ma ha dato ciò che gli era più caro, il suo unico Figlio : « Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, come non può darci anche tutte le cose con lui?   » (Rm 8, 32).

Egli esige da ogni uomo, affinché non perisca nel suo peccato e nella sua miseria, solo che riponga in se stesso tutta la fiducia del suo Cuore. Infine, ha aperto agli occhi di questo credente le immense e benedette prospettive della vita eterna. La parola del Figlio unico è propria di Giovanni, ma perché non l’avrebbe usata Gesù, lui che si chiama così spesso il Figlio ?

Gesù ha confermato che lo scopo della sua venuta nel mondo era di manifestare l’amore eterno di Dio e non di giudicare il mondo. Lo scopo di questo amore è così universale che tutto il mondo potrebbe essere salvato da Gesù Cristo. Questa universalità della salvezza è espressa nel modo più solenne dalla triplice ripetizione della parola mondo.

Ma Gesù, nel proclamare lo scopo misericordioso della sua venuta, era ben lungi dal negare il Giudizio Finale, che, al contrario, gli è riservato per la fine dei tempi, e che egli annunciò nel modo più solenne : « Non meravigliatevi di questo; perché viene l’ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri sentiranno la sua voce e usciranno. »

Quelli che hanno fatto il bene risorgeranno per la vita, ma quelli che hanno fatto il male risorgeranno per il giudizio. (Giovanni 5, 28-29) Mentre era sulla terra, mentre proclamava la misericordia divina, Gesù, con la forza della verità, esercitava un altro giudizio presente, interiore, al quale nessun uomo può sfuggire : « Allora Gesù disse: ‘Sono venuto in questo mondo per giudicare, perché chi non vede veda e chi vede diventi cieco’ » (Giovanni 5:28-29).  » (Gv 9, 39)

Gesù, che ha appena rivelato l’amore redentore al mondo intero, rivela ora a Nicodemo la natura del vero giudizio. E anche questa rivelazione è una trasformazione completa dell’opinione ricevuta. Non sarà tra ebrei e gentili, sarà tra credenti e miscredenti, qualunque sia la loro nazionalità, che la linea di demarcazione sarà superata. (Godet)

Poiché il Figlio di Dio non è venuto per giudicare ma per salvare, chi crede in lui, chi ha accolto la grazia di Dio in lui, chi si è dato a lui, non è giudicato. Il giudizio deve essere stato effettivamente esercitato nella sua coscienza, attraverso la verità, e lo ha portato al pentimento, ma ora è liberato da esso e respira nell’atmosfera della grazia e dell’amore divini ; ne ha la testimonianza dentro di sé : « Chi crede nel Figlio di Dio ha questa testimonianza in sé; chi non crede a Dio lo rende bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha dato al suo Figlio.  » (1 Gv 5,10)

Gesù confermò questo detto quando dichiarò che il credente è liberato anche dal giudizio finale : « In verità, in verità vi dico che chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non viene nel giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. (Giovanni 5, 24), dove apparirà solo per vedere il suo stato d’animo portato alla luce.

Gesù affermò : « Chi non crede, chi persiste nella sua incredulità, è già giudicato », per il solo fatto che l’unico Figlio di Dio venne a lui, pieno di grazia e di verità, e lo rifiutò chiudendogli il cuore. Rimane nel suo peccato, al quale ha aggiunto il peccato più grave, il disprezzo della misericordia di Dio.

Chi crede nel Figlio di Dio ha questa testimonianza in se stesso; chi non crede a Dio è un bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha dato al suo Figlio. Gesù penetrò ancora più a fondo nell’anima e scoprì la natura e la causa del giudizio. O ama la luce e si dà a Colui che la fa brillare, o ama l’errore, la menzogna e il male, e si rifugia in esso per fare le opere che erano malvagie e rimangono malvagie.

Rifiutando Gesù l’uomo giudica se stesso. L’indagine più rigorosa di tutta la sua vita non troverebbe la sua disposizione migliore. Chi compie opere malvagie o fa il male non solo non ama la luce, ma la odia, perché essa rivela, accusa e condanna le intime disposizioni del suo cuore, e si guarda bene dal venire alla luce, cioè dall’avvicinarsi a Gesù; perché sa che le sue opere sarebbero riprese, convinte della colpa, come in un tribunale.

È ben diverso con colui che pratica la verità, la verità morale, che negli scritti di Giovanni è spesso quasi sinonimo di santità, e che è proprio il contrario delle opere cattive, o del male. Fare la verità significa fare uno sforzo perseverante per elevare la propria condotta all’altezza della propria conoscenza morale, per realizzare l’ideale del bene percepito dalla propria coscienza. (Godet)

 Chi fa questo viene alla luce, viene a Gesù con fiducia, non temendo, ma desiderando, che le sue opere siano rese manifeste. Questo perché ha in sé la testimonianza che le sue opere, la sua vita, le disposizioni del suo cuore sono fatte in Dio, in comunione con lui, in conformità al suo spirito e alla sua volontà.

« Egli è forte nel caratterizzare le opere dell’uomo sincero prima che abbia trovato Cristo. Ma sia in Israele che al di fuori della sfera teocratica, tutto il bene nella vita umana viene da un impulso divino » (Giovanni 6, 37-44). Ovunque ci sia docilità da parte dell’uomo verso questa iniziativa divina, si applica questa espressione di opere fatte in Dio, che comprende i sospiri dell’umiliato esattore del pedaggio e del credente pentito così come le nobili aspirazioni di un Giovanni o di un Nathaniel.

Gesù ha riconosciuto che ci sono uomini che, prima ancora di arrivare a lui, la luce perfetta, hanno un cuore sincero e retto, amano la verità e cercano la luce : « Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce » (Gv 18, 37). Queste sono le anime che il Padre attira a Gesù e che non gli resistono. Queste parole, che conclusero il colloquio, furono un incoraggiamento per Nicodemo, che era venuto lui stesso da Gesù.

Il Diacono Michel Houyoux

Link ad altri siti cristiani

◊ Qumran ; clicca qui per leggere l’articolo → Testi – IV Domenica di Quaresima – Laetare (Anno B

◊Maranantha : clicca qui per leggere l’articolo → Liturgia Domenica IV Tempo di Quaresima – anno B 

   Il Padre Fernando Armellini

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