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Lunedì della terza settimana del tempo di Pascal

Posté par diaconos le 19 avril 2021

Lavorare per il cibo che rimane fino alla vita eterna

Un respiro di eternità | Il Vangelo di oggi Lunedì 19 Aprile 2021

Hn respiro di Eternita

# La vita eterna è percepita dalle persone in modo diverso attraverso le epoche e le religioni. Nel periodo neolitico, la gente crede nell’esistenza dell’anima, un principio diverso dal corpo. Hanno costruito monumenti di dimensioni monumentali dove hanno conservato i corpi, matrici dell’anima. La camera sotto i dolmen è chiusa da una porta con un foro attraverso il quale gli spiriti dei corpi sepolti possono uscire. Antichi Egizi: Iside, come moglie di Osiride, è la dea associata ai riti funebri. Dopo aver trovato tredici delle quattordici parti del corpo del suo amato, assassinato e massacrato da Set, suo fratello geloso, lei gli diede il soffio della vita eterna, e gli diede un figlio Horus.

Per poter gioire della vita eterna, gli egiziani avevano bisogno di mantenere intatti i loro corpi e i loro nomi. Essere privati dell’uno o dell’altro era ai loro occhi la punizione definitiva. La palma è il simbolo della vita eterna. Il giudaismo proclama l’eternità dell’anima; la vita eterna è uno dei fondamenti delle credenze del giudaismo. Il mondo a venire, conosciuto come « Olam haBa », è strettamente legato all’escatologia e al messianismo ebraico. L’autore che ne ha parlato di più è l’apostolo Giovanni

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Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo San Giovanni

Gesù aveva soddisfatto cinquemila uomini e i suoi discepoli lo avevano visto camminare sul mare. Il giorno dopo, la folla dall’altra parte si rese conto che c’era stata solo una barca e che Gesù non vi era salito con i suoi discepoli, che erano partiti senza di lui. Tuttavia, altre barche da Tiberiade erano arrivate vicino al luogo dove il pane era stato mangiato dopo che il Signore aveva reso grazie.
Quando la folla vide che Gesù non c’era, né i suoi discepoli, la gente salì sulle barche e si diresse verso Cafarnao alla ricerca di Gesù. Quando lo trovarono dall’altra parte, gli dissero: « Rabbi, quando sei arrivato qui? ».
Gesù rispose loro: « Amen, amen, io vi dico che mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato dei pani e vi siete saziati. Non lavorate per il cibo che va perduto, ma per il cibo che dura fino alla vita eterna, che vi darà il Figlio dell’uomo, che Dio Padre ha suggellato con il suo sigillo. « Allora gli dissero: « Che cosa dobbiamo fare per operare le opere di Dio? Gesù rispose loro: « L’opera di Dio è che crediate in colui che egli ha mandato. «  (Gv  6,22-29)

l pane della vita

Le persone che erano rimaste indietro videro che non c’era stata altra barca oltre a quella in cui i discepoli erano entrati da soli, e che Gesù non vi era salito. Hanno concluso che doveva essere rimasto, come loro, sul lato orientale del lago. Ma il giorno dopo, non trovando lì né Gesù né i suoi discepoli, che non erano tornati a cercarlo, approfittarono di alcune barche che nel frattempo erano arrivate da Tiberiade e attraversarono il lago fino a Cafarnao per cercare Gesù.

Questi non erano più i cinquemila uomini del giorno prima, ma un certo numero di loro che avevano passato la notte lì, mentre la maggior parte degli altri erano andati a piedi intorno all’estremità del lago. Queste persone, trovando Gesù sull’altra sponda del lago, gli chiesero con ingenuo stupore : « Quando sei arrivato qui? Sospettavano in questo fatto, per loro inspiegabile, una nuova azione miracolosa. »

Erano più desiderosi di miracoli che della verità che avrebbero potuto ricevere dalla parola di Gesù. Da qui la sua risposta, e questo discorso per far luce sui loro cuori.  Volevano sapere come Gesù avesse attraversato il lago. Gesù non pensò di rispondere loro, ma, come era sua abitudine, fece appello alla coscienza dei suoi ascoltatori con un rimprovero. Lo cercavano, non perché vedevano i miracoli. Ogni miracolo di Gesù era un segno della presenza, della potenza e della misericordia di Dio.

Ma invece di guardare il miracolo come un segno, ed elevarsi al bene eterno che il segno rappresentava, gli ebrei si concentrarono sugli effetti materiali del miracolo. Così essi videro nella moltiplicazione dei pani non solo il cibo di cui furono riempiti. Fu per contrastare questa tendenza carnale che Gesù, in un nuovo discorso, spiegò con tanta elevazione e profondità il significato simbolico e spirituale del miracolo che aveva appena compiuto.

Dopo essere arrivato a Cafarnao, Gesù sembra essere entrato nella sinagoga, dove lo avevano trovato i suoi ascoltatori del giorno precedente; lì pronunciò il suo discorso e rispose alle obiezioni dei suoi ascoltatori. Questa circostanza aumentava la solennità degli insegnamenti che dava. L’osservazione di Giovanni riguarda tutto il discorso di Gesù.  Al cibo che perisce e di cui i suoi uditori si accontentavano, Gesù contrapponeva il cibo che diventa la vita dell’anima non appena lo riceve, e che produce la vita eterna e prolunga i suoi effetti fino alla pienezza della vita nell’eternità.

Ciò che Gesù intendeva con questo cibo lo confermò aggiungendo : « Il Figlio dell’uomo ve lo darà« .   Lui stesso, come Figlio dell’Uomo, era la manifestazione della vita divina nella nostra umanità, e solo lui poteva darla. Per ottenerla, dobbiamo renderci idonei a riceverla rinunciando, con un serio sforzo della volontà, ai nostri errori e pregiudizi, per venire a Gesù che solo dà la vita.

Comprendevano che Gesù esigeva da loro uno sforzo morale; chiedevano quali opere fossero gradite a Dio, conformi alla sua volontà. Pensavano a certi atti esteriori la cui ricompensa sarebbe stata il cibo che dura nella vita eterna. La risposta di Gesù è ancora più sorprendente. Alle opere Gesù ha opposto l’opera, l’unica che Dio richiede. E quest’opera consiste nel credere in Gesù Cristo che egli ha mandato.

Questa fede, un atto morale della coscienza e del cuore, era di per sé il principio della vita divina perché portava l’anima in comunione con Dio attraverso Cristo. È quindi la fonte di tutte le opere di obbedienza, di gratitudine e di amore; era la radice dell’albero che, da solo, porterà buoni frutti. Queste parole: « l’opera di Dio », non significano, come pensava Agostino, l’opera che Dio fa in noi, un’idea che è vera in sé.
Diacono Michel Houyoux

Link ad altri siti cristiani

◊  Tempo di preghira : clicca qui per leggere l’articolo → Lunedì della III Settimana di Pasqua

◊ Battazzar : clicca qui per leggere l’articolo → Lunedì della III settimana del Tempo di Pasqua

      Gesù Cristo, Il Pane Della Vita

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Lundi de la troisème Semaine du Temps Pascal

Posté par diaconos le 19 avril 2021

Travaillez pour la nourriture qui demeure jusque dans la vie éternelle

 MÉDITATION DU LUNDI DE LA TROISIÈME SEMAINE DE PÂQUES

# La vie éternelle est perçue par les peuples différemment à travers les époques et les religions. À l’époque néolithique, les peuples croient à l’existence de l’âme, principe différent du corps. Ils élèvent des monuments de taille monumentale où ils conservent les corps, matrices de l’âme. La chambre située en dessous des dolmens est fermée par une porte qui possède un trou par lequel pourront sortir les esprits des corps inhumés. Égyptiens de l’Antiquité : Isis, en tant qu’épouse d’Osiris, est la déesse associée aux rites funéraires. Après avoir retrouvé treize des quatorze parties du corps de son bien-aimé, assassiné et dépecé par Seth, son frère jaloux, elle lui donna le souffle de la vie éternelle, et lui donna un fils Horus.

Pour pouvoir se réjouir de la vie éternelle, les Égyptiens avaient besoin de faire conserver intact leur corps et leur nom. Être privé de l’un ou de l’autre était à leurs yeux le châtiment ultime. Le palmier est le symbole de la vie éternelle. Le judaïsme proclame la pérennité de l’âme ; la Vie éternelle est l’un des fondements des croyances du judaïsme. Le Monde à venir dit « Olam haBa » est étroitement liée à l’eschatologie et au messianisme juif. L’auteur qui en fit le plus mention est l’apôtre Jean

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Évangile de Jésus Christ selon saint Jean

Jésus avait rassasié cinq mille hommes, et ses disciples l’avaient vu marcher sur la mer. Le lendemain, la foule restée sur l’autre rive se rendit compte qu’il n’y avait eu là qu’une seule barque, et que Jésus n’y était pas monté avec ses disciples, qui étaient partis sans lui. Cependant, d’autres barques, venant de Tibériade, étaient arrivées près de l’endroit où l’on avait mangé le pain après que le Seigneur eut rendu grâce.
Quand la foule vit que Jésus n’était pas là, ni ses disciples, les gens montèrent dans les barques et se dirigèrent vers Capharnaüm à la recherche de Jésus. L’ayant trouvé sur l’autre rive, ils lui dirent : « Rabbi, quand es-tu arrivé ici ? »
Jésus leur répondit : « Amen, amen, je vous le dis : vous me cherchez, non parce que vous avez vu des signes, mais parce que vous avez mangé de ces pains et que vous avez été rassasiés. Travaillez non pas pour la nourriture qui se perd, mais pour la nourriture qui demeure jusque dans la vie éternelle, celle que vous donnera le Fils de l’homme, lui que Dieu, le Père, a marqué de son sceau. » Ils lui dirent alors : « Que devons-nous faire pour travailler aux œuvres de Dieu ? » Jésus leur répondit : « L’œuvre de Dieu, c’est que vous croyiez en celui qu’il a envoyé. »   (Jn 6, 22-29)

Le Pain de Vie

La foule qui y était restée vit qu’il n’y avait pas eu là d’autre barque que celle dans laquelle étaient entrés les disciples seuls, et que Jésus n’y était pas monté. Ces gens en conclurent qu’il devait être resté, comme eux, du côté oriental du lac. Mais le lendemain, ne trouvant là ni Jésus ni ses disciples, qui n’étaient pas revenus le chercher, ils profitèrent de quelques barques qui, dans l’intervalle, étaient venues de Tibériade, et traversèrent le lac, pour se rendre à Capharnaüm et y chercher Jésus.

Il ne s’agissait plus des cinq mille hommes de la veille, mais d’un certain nombre d’entre eux, qui avaient passé la nuit sur les lieux, tandis que la plupart des autres s’en étaient allés en contournant à pied l’extrémité du lac. Ces gens, retrouvant Jésus de l’autre côté du lac, lui demandèrent, avec un naïf étonnement : « Quand es-tu arrivé ici ? » Ils soupçonnèrent dans ce fait, qui leur fut inexplicable, une nouvelle action miraculeuse.

Ils furent plus avides de miracles que de la vérité qu’ils auraient pu recevoir par la parole de Jésus. De là, sa réponse, et ce discours pou  répandre la lumière dans leurs cœurs.  Ils voulurent savoir comment Jésus avait traversé le lac. Jésus ne jugea pas d’y répondre ; mais, selon sa coutume, il fit appel à la conscience de ses auditeurs, en leur adressant un reproche. Ils le cherchèrent, non parce qu’ils virent des miracles. Chaque miracle de Jésus était le signe de la présence, de la puissance et de la miséricorde de Dieu.

Mais, au lieu de considérer le miracle comme un signe et de s’élever aux biens éternels figurés par ce signe, les Juifs s’arrêtèrent aux effets matériels du miracle. Ainsi ils ne virent pas, dans la multiplication des pains, que la nourriture dont ils furent rassasiés. Ce fut pour combattre cette tendance charnelle que Jésus, dans un nouveau discours, exposa avec tant d’élévation et de  rofondeur la signification symbolique et spirituelle du miracle qu’il venait d’accomplir.

Jésus, après être arrivé à Capharnaüm, parut être entré dans la synagogue, où ses auditeurs de la veille l’avaient retrouvé ; là il prononça son discours et répondit aux objections de ses auditeurs. Cette circonstance ajouta à la solennité des enseignements qu’il fit entendre. La remarque de Jean concerna tout le discours de Jésus.  À la nourriture qui périt et dont se contentaient ses auditeurs, Jésus opposa la nourriture qui devient la vie de l’âme dès que celle-ci la reçoit et qui produit la vie éternelle et prolonge ses effets jusqu’au plein épanouissement de la vie dans l’éternité.

Ce que Jésus entendit par cette nourriture, il  le confirma en ajoutant : « Le Fils de l’homme vous la donnera.«   Il était lui-même, comme Fils de l’homme, la manifestation de la vie divine dans notre humanité, et lui seul pouvait la donner. Pour l’obtenir, il faut se rendre apte à la recevoir en renonçant, par un effort sérieux de la volonté, à nos erreurs et nos préjugés,  pour venir à Jésus qui seul donne la vie.

Ils comprirent que Jésus exigeait d’eux un effort moral ; ils demandèrent quelles œuvres furent agréables à Dieu, conformes à sa volonté. Ils pensèrent à certains actes extérieurs dont la récompense serait la  nourriture qui subsiste en vie éternelle. la réponse de Jésus est d’autant plus frappante. À des œuvres Jésus opposa l’œuvre, la seule que Dieu demande. Et cette œuvre consiste à croire en Jésus-Christ qu’il  envoya .

Cette foi, acte moral de la conscience et du cœur, fut, en elle-même, le principe de la vie divine parce qu’elle mit l’âme en communion avec Dieu par Christ. Elle est ainsi la source de toutes les œuvres d’obéissance de reconnaissance et d’amour, elle fut là racine de l’arbre qui, de lui-même, portera de bons fruits. Ces mots : « l’œuvre de Dieu », ne signifient pas, comme le pensait Augustin, l’œuvre que Dieu opère en nous, idée vraie en elle-même.

Diacre Michel Houyoux

Liens avec d’autres sites Web chrétiens

◊ Église catholique en France : cliquez ici pour lire l’article → Travailler pour la nourriture qui demeure jusque dans la vie éternelle

◊ Service de catéchèse (diocèse de Namur)   : cliquez ici pour lire l’article →  Recevons le Pain de Vie

Vidéo La multiplication des pains ou l’art de la délégation

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Quatrième dimanche du Temps Pascal — Année B

Posté par diaconos le 19 avril 2021

Prière à Jésus le Bon Pasteur - rennes.catholique.fr

# Le Bon Pasteur, est un des vocables, par lesquels Jésus s’identifie (Jn 10. 11 [archive]). Il fait partie des sept paroles Je suis… que l’on trouve uniquement dans l’Évangile selon Jean et fait allusion à un aspect de la mission de Jésus : celui qui rassemble, guide, recherche (celui qui est égaré) et donne sa vie pour les autres. Il fait paître ses brebis ou ramène la brebis égarée. Le thème iconographique du Bon Pasteur connaît une large diffusion d’abord dans l’art grec antique, où il fut appliqué à l’Hermès criophore, mais aussi aux porteurs d’offrande, puis dans l’art romain au sein duquel il est particulièrement utilisé dans un contexte funéraire, selon des formules dont s’inspire pleinement l’art chrétien naissant1. Ce thème aurait lui-même des prototypes sumériens2. L’iconographie chrétienne figure d’abord le Christ « agneau de Dieu », porté par Jean le Baptiste, puis Jésus devient à son tour le Bon Pasteur qui rassemble les brebis égarées3. Il est traditionnellement représenté muni de bandes molletières, vêtu de l’exomide, tenant dans ses mains une houlette, un vase à traire le lait (le mulctra) ou une syrinx. Ce thème a inspiré de nombreux artistes chrétiens.

De l’Évangile de Jésus Christ selon saint Jean

En ce temps-là, Jésus déclara : « Moi, je suis le bon pasteur, le vrai berger, qui donne sa vie pour ses brebis. Le berger mercenaire n’est pas le pasteur, les brebis ne sont pas à lui : s’il voit venir le loup, il abandonne les brebis et s’enfuit ; le loup s’en empare et les disperse. Ce berger n’est qu’un mercenaire, et les brebis ne comptent pas vraiment pour lui.
Moi, je suis le bon pasteur ; je connais mes brebis, et mes brebis me connaissent, comme le Père me connaît, et que je connais le Père ; et je donne ma vie pour mes brebis.
J’ai encore d’autres brebis, qui ne sont pas de cet enclos : celles-là aussi, il faut que je les conduise. Elles écouteront ma voix : il y aura un seul troupeau et un seul pasteur. Voici pourquoi le Père m’aime : parce que je donne ma vie, pour la recevoir de nouveau. Nul ne peut me l’enlever :
je la donne de moi-même.
J’ai le pouvoir de la donner, j’ai aussi le pouvoir de la recevoir de nouveau : voilà le commandement que j’ai reçu de mon Père.»  (Jn 10, 11-18)

Je suis le Bon Pasteur

 « Je suis le Bon Pasteur, le vrai Berger, le vrai berger donne sa vie  pour ses brebis. » (Jn 10, 11)  C’est tout au long de sa vie que Jésus se donna. Durant toute son existence terrestre, il n’a jamais cessé de donner et de se donner. Nous le voyons dans sa vie de tous les jours à Nazareth, dans sa prédication, dans le service de ses disciples et dans l’accueil de tous ceux et de toutes celles qui se trouvaient sur sa route avec leurs détresses et leurs souffrances.

Le bon berger, c’est aussi celui qui connaît ses brebis et qui les aime. Pour le Christ, berger de toute l’humanité, nous sommes son bien le plus précieux. Jésus  nous demande de nous aimer les uns les autres comme il nous a aimés. Cela veut dire que nous devons aussi prendre le temps de connaître les personnes  qui sont sur notre route et celles qui nous sont confiées.

Nous ne pouvons pas vraiment aimer les personnes  que nous ne cherchons pas à connaître ni celles  que nous ignorons délibérément. C’est par le contact personnel et le dialogue patient que nous pourrons  mieux comprendre ceux et celles  qui sont  dans le besoin et le temps passé à les connaître et à faire connaître le Seigneur est un temps précieux donné avec amour.

Soyons  des collaborateurs du Christ,  berger de l’humanité. C’est lui qui nous appelle et nous envoie. Un jour, nous aurons à rendre compte de cette responsabilité qui nous est confiée. Le bon berger c’est aussi celui qui rassemble son troupeau : quand il se déplace en montagne, il est important que le troupeau reste groupé ; c’est sa sécurité qui est en jeu.

En nous disant cela, Jésus nous parle de ce monde divisé dans lequel nous vivons. Le Christ y a placé son Église. Il veut qu’elle soit unie et solidaire. « J’ai encore d’autres brebis, qui ne sont pas de cette bergerie : celles-là aussi, il faut que je les conduise. Elles écouteront ma voix : il y aura un seul troupeau et un seul pasteur. » Jésus  compte sur nous pour participer à cette œuvre de rassemblement.

Contemplons Jésus dans son amour pour son Père et pour toute l’humanité, contemplons-le dans son obéissance, dans sa pauvreté, dans sa compassion pour tout homme et toute femme, surtout les plus pauvres, les exclus, les marginaux, ceux et celles qui souffrent le plus. Fixons nos regards sur lui : il nous connaît mieux que nous nous connaissons.  Avec Jésus, le Bon Pasteur, redisons à notre tour notre pleine disponibilité à accomplir au fil des jours la volonté du Père.

Que cette Eucharistie que nous célébrons ce dimanche, stimule en nous le désir de vivre à la manière de Jésus, Bon Pasteur ! Qu’elle nous permette de ressembler de plus en plus à ce Jésus, qui ne cesse de donner sa vie pour tous ! Écoutons  l’appel,  son appel à travers les besoins de nos frères et de nos sœurs qui crient vers nous.

Il est grand et merveilleux l’amour dont le Père nous comble en son Fils, le Bon Pasteur. Il a voulu que nous soyons appelés enfants de Dieu, enfants bien-aimés de Dieu. (2ième lecture) En ce dimanche où nous sommes invités à prier pour les vocations, levons nos yeux vers Jésus, le Bon Pasteur et prions avec confiance et insistance pour qu’il donne à son Église des pasteurs qui cherchent à toujours mieux connaître les hommes, à les aimer, et qui aient le souci de ceux et de celles qui ne sont pas encore dans l’Église.

Diacre Michel Houyoux

Complément

◊ Diacre Michel Houyoux :  Dieu ne veut pas qu’un seul de ces petits soit perdu

Liens avec d’autres sites Web chrétiens

◊ Aleteia : cliquez ici pour lire l’article →  Le Bon Pasteur donne sa vie pour ses brebis

◊ OPM (France) : cliquez ici pour lire l’article →  Le Bon Pasteur donne sa vie pour ses brebis

Le pasteur Marc Pernot : « Serions-nous des moutons pour avoir besoin d’un berger ? »

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