Lunedì della quarta settimana di Pasqua
Posté par diaconos le 26 avril 2021
# Il Buon Pastore è una delle parole o « titoli » con cui Gesù si identifica (Gv 10,11). È una delle sette parole Io sono… che si trova solo nel Vangelo di Giovanni e si riferisce a un aspetto della missione di Gesù: colui che raccoglie, guida, cerca (i perduti) e dà la sua vita per gli altri. Egli nutre le sue pecore o riporta la pecora perduta. Questo nome è l’origine della parola « pastore » usata nel cristianesimo.
Questa immagine si riferisce sempre a Dio nell’Antico Testamento. Il tema del Buon Pastore è stato ampiamente utilizzato nell’arte greca antica, dove è stato applicato al criophorico Hermes, ma anche ai portatori di offerte, e poi nell’arte romana, dove è stato particolarmente utilizzato in un contesto funerario, secondo formule che si ispirano pienamente alla nascente arte cristiana. Questo tema avrebbe esso stesso dei prototipi sumeri. L’iconografia cristiana raffigura Cristo, l’Agnello di Dio, portato da Giovanni Battista, e poi Gesù a sua volta è diventato il Buon Pastore che raccoglie la pecora smarrita, un tema che ha ispirato molti artisti cristiani. Le Suore di Gesù Buon Pastore sono una congregazione religiosa fondata in Italia nel XX secolo da Padre Giacomo Alberione.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo San Giovanni
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: « Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo ». Ogni tralcio in me che non porta frutto, il Padre mio lo toglie; ogni tralcio che porta frutto lo purifica con la potatura, perché ne porti di più. Ma voi siete già stati purificati dalla parola che vi ho detto. Rimanete in me, come io in voi.
Come il tralcio non può portare frutto da solo se non rimane nella vite, così nemmeno voi potete farlo se non rimanete in me. Io sono la vite e voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Se qualcuno non rimane in me, viene scacciato come un ramo e appassisce. I rami secchi vengono raccolti e gettati nel fuoco, e bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. È a gloria del Padre mio che voi portiate molto frutto e siate miei discepoli. » (Gv 10,1-10)
i falsi pastori e il vero pastore
La condotta dei Giudei, che cercavano di annullare l’impressione fatta dalla guarigione del cieco, o negando il miracolo o perseguitando colui che ne era l’oggetto, obbligò Gesù a dire loro alcune dure verità sulla loro stessa cecità : allora Gesù disse : « Sono venuto in questo mondo per dare un giudizio : che quelli che non vedono vedano e che quelli che vedono diventino ciechi. Quando i farisei che erano con lui sentirono questo, gli dissero : « Siamo forse ciechi anche noi ? Gesù rispose loro : « Se foste ciechi, non avreste peccato; ma finché dite: « Noi vediamo », il vostro peccato rimane. » (Gv 9, 39-41)
Ha cercato di far sentire a questi orgogliosi persecutori che non erano meno colpevoli come capi del popolo che come individui. Le sue prime parole furono solenni : « In verità, in verità. » Questa bella allegoria, che Gesù prese in prestito dai costumi pastorali dell’Oriente, era familiare ai suoi ascoltatori. Per preservare i loro greggi dalle bestie feroci o dai ladri, i pastori li riunivano in aperta campagna, in un ovile circondato da un muro.
C’era una porta alla quale un servo ben armato stava di guardia e lasciava entrare solo i pastori a lui noti. Questi pastori venivano al mattino e ognuno chiamava le sue pecore, che, conoscendo la sua voce, lo seguivano al pascolo. Gesù stesso ha spiegato nel suo discorso il significato spirituale che attribuiva a questa allegoria. Nella prima esposizione della parabola sono già implicite le applicazioni che Gesù fa delle due caratteristiche principali: la porta e il pastore legittimo. La porta rappresenta Gesù stesso; e il pastore non può essere altro che il buon Pastore; di lui solo si può dire con verità che « le pecore gli appartengono » e che « le chiama per nome ».
L’ovile delle pecore è il popolo di Dio, Israele, il cui pastore Geova, attraverso i suoi profeti, si era proclamato, e al quale aveva promesso di mandare pastori secondo il suo cuore. La porta, attraverso la quale ogni vero pastore di pecore deve entrare, non è solo l’autorizzazione divina ad entrare nell’ovile (Tholuck, Godet e altri), ma Cristo stesso. I veri pastori del popolo di Dio possono entrare nella loro chiamata solo attraverso di Lui; Egli li abilita e li chiama; Egli stabilisce un rapporto intimo tra loro e le pecore.
I farisei, tuttavia, non erano così, perché erano indipendenti da Lui, miscredenti e nemici della Sua verità, e pretendevano di essere i capi del popolo di Dio. Gesù non si riferiva ancora a se stesso con questa immagine della porta, anche se poi lo fa espressamente. Colui che entra attraverso Cristo è un pastore di pecore, al contrario di un ladro e di una ladra. Era diverso quando Gesù stesso si definiva il buon pastore.
Se Gesù iniziò indicando le condizioni che ogni pastore di pecore doveva soddisfare, per dimostrare che i governanti del popolo erano ladri, il suo pensiero, lasciando la generalità, si rivolse all’unico vero pastore. Il portiere è, come abbiamo indicato, quel servo armato che sorvegliava l’ingresso dell’ovile. Poiché Gesù non ha interpretato questa caratteristica della similitudine, gli esegeti hanno voluto supplire al suo silenzio.
Alcuni, dunque, vedevano in questo portinaio Dio che apre l’ingresso al suo regno; altri, lo Spirito Santo che prepara i cuori ad esso; altri, Mosè che, attraverso la legge, apre la strada al Vangelo; altri, Cristo stesso; altri, infine, Giovanni Battista, il precursore di Gesù. Di queste varie interpretazioni, l’ultima è la più probabile.
Con la sua chiamata, il pastore selezionerebbe le pecore; quelle che sentono la sua voce rappresenterebbero i membri vivi del gregge, secondo l’espressione di Calvino, o, secondo la spiegazione di M. Godet, queste pecore, che il pastore conduce fuori, rappresenterebbero l’uscita del gregge messianico dal recinto teocratico votato alla rovina. Le pecore, lungi dal seguire un estraneo, fuggiranno da lui, per questa ragione che non conoscono la voce degli estranei. C’è in ogni vero discepolo di Gesù un tatto cristiano, un discernimento degli spiriti.
Ciò che gli ascoltatori di Gesù non capivano erano le cose spirituali e morali che insegnava. Non potevano e non volevano capirli, perché la loro cecità li rendeva incapaci di cogliere tali verità. Questo è ciò che gli oppositori non volevano capire o credere, che Gesù Cristo era la porta delle pecore, attraverso la quale solo i veri pastori e le pecore stesse entrano. termini ladri e rapinatori non possono essere applicati ai falsi messia, che non apparvero fino ad una data successiva.
Gesù parlava solo degli attuali capi della teocrazia, ai quali era rivolto questo discorso. Non meritavano forse gli epiteti di ladri e briganti, quegli uomini che si erano impadroniti del popolo di Dio per opprimerlo con la loro tirannia; che, « avendo tolto la chiave della conoscenza, non erano entrati loro stessi, ma avevano impedito a coloro che volevano entrare.
Non erano solo le anime pie che si rifiutavano di ascoltare i farisei e gli scribi, ma, in generale, le classi povere e sofferenti del popolo, per le quali questi uomini non avevano cuore, che si sentivano abbandonati come pecore senza pastore, e che tremavano di paura sotto l’oppressione dei loro capi : « I suoi genitori dissero questo perché temevano i giudei; infatti i giudei avevano già concordato che se qualcuno avesse riconosciuto Gesù come il Cristo, sarebbe stato escluso dalla sinagoga. » (Gv 9,22)
Gesù ha appena detto che le pecore non ascoltano la voce dei falsi capi; ha descritto la condizione felice di coloro che vengono a lui. Lui è la porta. Se qualcuno entra per mezzo di lui nell’ovile delle pecore, e per mezzo di lui si riconcilia con Dio ed entra nel suo regno, questo è il grande bene che godrà: sarà salvato con la salvezza eterna. Ancora una volta, Gesù traccia il contrasto tra il ladro che aveva solo pensieri di ingiustizia, omicidio e distruzione, e se stesso che era la fonte della vita, della vita eterna, per i suoi, che poteva e avrebbe comunicato loro in abbondanza. Con questa affermazione della sua infinita compassione e amore per le pecore, Gesù ha preparato la rivelazione che ha dato presentandosi come il buon pastore, in contrasto con l’immagine del mercenario.
Diacono Michel Houyoux
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