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Mercoledì della quinta settimana di Pasqua

Posté par diaconos le 5 mai 2021

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La Vera Vite è una parabola data da Gesù Cristo. È citato nel Vangelo secondo San Giovanni. Parla dell’importanza per il credente di rimanere attaccato alla vera vite che simboleggia Cristo, per portare « frutto in abbondanza ». Il frutto, essendo l’immagine della relazione tra il ramo e la pianta principale attraverso la linfa che circola tra i due, può riferirsi a molti altri passaggi biblici come il frutto dello Spirito in Galati 5 versetto 22.

Per Sant’Agostino, i tralci sono nella vite per ricevere da essa il loro principio vitale. L’uomo deve rimanere attaccato alle virtù date, alla parola trasmessa da Cristo per dare frutti sani. Benedetto XVI in un commento, affronta il tema della libertà e dei precetti divini. Mescolare le due cose non è incompatibile. Dobbiamo ascoltare Dio e lui ci darà la forza per creare e percorrere la nostra strada. Il raccolto spirituale sarà allora abbondante.

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Dal Vangelo secondo Giovanni.

01 Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. 02 Ogni tralcio che è in me e non porta frutto, il Padre mio lo toglie; e ogni tralcio che porta frutto, lo purifica con la potatura, perché ne porti di più. 03 Ma voi siete già purificati dalla parola che vi ho detto.

04 Rimanete in me, come io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da solo se non rimane nella vite, così nemmeno voi potete se non rimanete in me. 05 Io sono la vite e voi siete i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla.

06 Se qualcuno non rimane in me, viene scacciato come un ramo e appassisce. I rami secchi vengono raccolti e gettati nel fuoco e bruciano. 07 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e si avvererà per voi. 08 Questa è la gloria del Padre mio, che portate molto frutto e siete miei discepoli ». (Gv 15,1-8)

La vite e i rami

 Alcuni pensarono che fosse la vista del calice con cui istituì la Cena del Signore, quando disse : « Non berrò più del frutto della vite » ; altri pensarono che una vite adornasse le pareti esterne della stanza superiore e che i suoi tralci entrassero dalle finestre.

Gli esegeti che ammirano il fatto che questo discorso sia stato pronunciato all’aria aperta, sulle pendici del Kidron, hanno immaginato Gesù che passa lungo una vigna. Ma poiché Giovanni ha taciuto su questo dettaglio, aggiungeremo, con R. Strier, che c’era qualcosa di meschino nel pensare che Gesù doveva avere davanti agli occhi l’oggetto materiale di cui faceva un’immagine.

Ciò che è degno di tutta la nostra attenzione è la mirabile parabola in cui ha ritratto la sua unione con i suoi, quell’unione di cui parlava loro, quell’unione che era così viva, così intima, così organica come quella dei tralci con la vite da cui traevano la loro linfa, la loro vita, la loro fertilità. Egli è la vera vite, quella reale, quella che, nella sfera spirituale e morale, e nelle sue relazioni con le anime, realizza pienamente l’idea della vite nella natura.

La vite è una pianta senza aspetto e bellezza, ma è perenne e produce frutti squisiti e un vino generoso. Una tale pianta dà luogo a un vero confronto di ricchezza e bellezza. « Il Padre mio è il vignaiolo », ha aggiunto Gesù. È stato Dio che ha piantato questa vite in mezzo alla nostra umanità, mandando suo Figlio nel mondo, e che, con l’effusione dello Spirito, l’ha fatta crescere; è stato Dio che ha portato le anime in comunione con Gesù.

Ci sono tralci selvatici sulla vite che non danno mai frutti; il vignaiolo li taglia, affinché non assorbano inutilmente la linfa. Un uomo può, in vari modi, appartenere esteriormente a Gesù Cristo aderendo alla sua Chiesa, professando la fede cristiana senza partecipare alla vita santificante di Cristo. Prima o poi si troverà tagliato fuori, escluso da questa apparente comunione con Gesù.

I veri rami portano frutto. Questi Dio pulisce, pota, purifica e pota. Gesù aveva detto che questi rami fertili dovevano essere ripuliti da tutti i getti inutili, e anche da parte del loro fogliame che avrebbe impedito la maturazione dei frutti. È ancora Dio che porta avanti quest’opera di purificazione e santificazione continua nei suoi figli, la compie con la sua Parola, con il suo Spirito, con tutti i mezzi della sua grazia.

Se questo non basta, il coltivatore celeste usa lo strumento tagliente e doloroso delle prove, delle sofferenze e delle rinunce che impone ai suoi figli. Gesù, rivolgendosi ai suoi discepoli, li rassicura su questa parola severa : « Egli purifica ogni tralcio che porta frutto » ; essi erano già puliti e puri: per mezzo della parola divina che Gesù annunciava loro, un principio imperituro di vita nuova si depositava nei loro cuori, e vi si sviluppava a poco a poco fino alla perfezione.

Gesù invitava i suoi discepoli a rinunciare costantemente a tutti i propri meriti, a tutta la propria saggezza, a tutta la propria volontà e forza, e questa era la condizione per vivere la comunione con Lui. Se farai questo, io resterò in te come la fonte inesauribile della tua vita spirituale. « Se non lo fate, vi condannerete alla sterilità del tralcio separato dalla vite. « 

Per rendere ancora più evidente la conseguenza negativa di cui sopra, Gesù dichiarò solennemente che lui era la vite e i suoi discepoli erano i tralci; per concludere che in lui avrebbero portato molto frutto, ma che senza di lui non ne avrebbero portato nessuno, più del tralcio separato dalla vite.

Ma chi porta questo frutto ? Da ciò segue che è lo Spirito di Cristo che, come la linfa della vite nel tralcio, solo ci fa portare frutto; e questo è confermato dal fatto dell’esperienza che noi al di fuori di Cristo, come il tralcio staccato dalla vite, non possiamo produrre nulla, nulla di veramente buono, nulla che porti lo sguardo del santo Dio e gli sia gradito.

Il tema qui formulato non è quello dell’impotenza morale dell’uomo naturale per qualsiasi bene; è quello dell’infruttuosità del credente lasciato alle proprie forze, quando si tratta di produrre o far progredire la vita spirituale, la vita di Dio, in sé o negli altri.

Non solo chi non dimora in Gesù, in comunione vivente con Lui, non può fare nulla, ma va incontro a una successione di giudizi terribili. Il tralcio separato dalla vite viene prima gettato fuori, fuori dalla vigna che rappresenta il regno di Dio, e necessariamente appassisce, poiché non riceve più la linfa della vite. Pensiamo a Giuda, per esempio, di cui Gesù ha annunciato la rovina.

Questo giudizio, moralmente compiuto ora, avrà il suo tragico esito nell’ultimo giorno, come descritto nelle parole: « Raccolgono questi rami e li gettano nel fuoco ed essi bruciano ».

Dopo aver pronunciato queste paurose parole, Gesù ritorna con tenerezza ai suoi discepoli che dimorano in lui (la parola se non esprime un dubbio), e promette loro le grazie più preziose : tutte le loro preghiere saranno esaudite (Giovanni 15:16; Giovanni 14:13-14; Giovanni 16:23), ed essi avranno la felicità di glorificare Dio con frutti abbondanti.

La comunione dei discepoli con Gesù è espressa qui dalle due parole: Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, non, come i versi 4 e 5 implicherebbero, e io rimango in voi. Le parole di Gesù, che sono spirito e vita, e che conservano nei loro cuori, sono il legame vivente di comunione con Lui. Ispirati da loro, sono alla fonte di tutte le grazie divine, e le loro preghiere, che non saranno altro che le parole di Gesù trasformate in richieste, otterranno sempre una risposta sicura.

Dio, nelle sue perfezioni, nella sua potenza, nella sua santità, nel suo amore, si glorifica riproducendo, nel più piccolo dei suoi figli, questi vari tratti della sua somiglianza, più che con tutta la magnificenza delle opere della creazione. Portate molto frutto alla gloria di Dio; questa sarà la prova sicura che siete miei discepoli e il mezzo per diventarlo sempre di più.

Diacono Michel Houyoux

Link ad altri siti web cristiani

◊ Andrea Bigalli : clicca qui leggere l’articolo →  Mercoledì della quinta settimana di pasqua

◊ Qumran : : clicca qui leggere l’articolo → Mercoledì della V settimana di Pasqua

  Omelia del Padre Armando

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Mercredi de la cinquième semaine du temps pascal

Posté par diaconos le 5 mai 2021

La Bible - Verset illustré - Jean 15:5 | La bible, Versets, Evangile de jean

Le Vrai cep est une parabole donnée par Jésus-Christ. Elle est citée dans l’Évangile selon saint Jean. Elle parle de l’importance pour le croyant de rester attacher au  vrai cep  qui symbolise le Christ, cela pour porter « du fruit en abondance. Les fruits, étant à l’image de la relation entre le sarment et le plant principal par la sève qui circule entre les deux, peuvent faire référence à beaucoup d’autres passages bibliques comme celui des fruits de l’Esprit en Galate 5 verset 22.

Pour saint Augustin, les sarments sont dans la vigne afin de recevoir d’elle leur principe de vie. Les humains doivent rester attacher aux vertus données, à la parole transmise par le Christ afin de donner des fruits sains. Benoît XVI dans un commentaire, aborde le sujet de la liberté et des préceptes divins. Mélanger les deux n’est pas incompatible. Il faut écouter Dieu et il nous donnera la force pour créer et marcher dans notre chemin. La récolte spirituelle sera alors abondante.

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De l’évangile selon de Jean.

01 Moi, je suis la vraie vigne, et mon Père est le vigneron. 02 Tout sarment qui est en moi, mais qui ne porte pas de fruit, mon Père l’enlève ; tout sarment qui porte du fruit, il le purifie en le taillant, pour qu’il en porte davantage. 03 Mais vous, déjà vous voici purifiés grâce à la parole que je vous ai dite.

04 Demeurez en moi, comme moi en vous. De même que le sarment ne peut pas porter de fruit par lui-même s’il ne demeure pas sur la vigne, de même vous non plus, si vous ne demeurez pas en moi. 05 Moi, je suis la vigne, et vous, les sarments. Celui qui demeure en moi et en qui je demeure, celui-là porte beaucoup de fruit, car, en dehors de moi, vous ne pouvez rien faire.

06 Si quelqu’un ne demeure pas en moi, il est, comme le sarment, jeté dehors, et il se dessèche. Les sarments secs, on les ramasse, on les jette au feu, et ils brûlent. 07 Si vous demeurez en moi, et que mes paroles demeurent en vous, demandez tout ce que vous voulez, et cela se réalisera pour vous. 08 Ce qui fait la gloire de mon Père, c’est que vous portiez beaucoup de fruit et que vous soyez pour moi des disciples.» (Jn 15, 1-8)

Le cep et les sarments

 Les interprètes se demandèrent quelle circonstance extérieure put amener Jésus à se présenter à ses disciples sous l’image d’un cep de vigne. les uns pensèrent que ce fut la vue de la coupe avec laquelle il institua la cène, en prononçant cette parole : «Je ne boirai plus de ce produit de la vigne » ; d’autres qu’une treille ornait les parois extérieures de la chambre haute et que ses rejetons entraient par les fenêtres.

Les exégètes qui admirent que ce discours fut prononcé en plein air, sur les pentes du Cédron , se représentèrent Jésus passant le long d’une vigne. Mais puisque Jean garda le silence sur ce détail, nous ajouterons, avec R. Strier, qu’il y eut quelque chose de mesquin à penser que Jésus dut avoir sous les yeux l’objet matériel dont il fit une image.

Ce qui est digne de toute notre attention, c’est l’admirable parabole par laquelle il figura son union avec les siens, cette union dont il leur parla, cette union qui fut aussi vivante, aussi intime, aussi organique que celle des sarments avec le cep dont ils tirèrent la sève, la vie, la fertilité. Il est le vrai cep, le véritable, celui qui, dans la sphère spirituelle et morale, et dans ses rapports avec les âmes, réalise pleinement l’idée du cep dans la nature.

Le cep de vigne est une plante sans apparence et sans beauté, mais elle est vivace et produit des fruits exquis un vin généreux. Une telle plante donne lieu à une comparaison pleine de vérité de richesse et de beauté. « Mon Père est le vigneron », ajouta Jésus. C’est Dieu  qui planta ce cep au sein de notre humanité, en envoyant son Fils au monde, et qui, par l’effusion de l’Esprit, provoqua sa croissance ; c’est Dieu qui amena les âmes à la communion avec Jésus.

Il y a, dans les ceps de vigne, des rejetons sauvages qui ne portent jamais de fruit ; le vigneron les retranche, afin qu’ils n’absorbent pas inutilement la sève. Un homme peut, de diverses manières, appartenir extérieurement à Jésus-Christ en se rattachant à son Église, en professant la foi chrétienne sans avoir part à la vie sanctifiante du Christ. Tôt ou tard, il se verra retranché, exclu de cette communion apparente avec Jésus.

Les vrais sarments portent du fruit. Ceux-ci, Dieu les nettoie, les émonde , les purifie et  les émonde. Jésus eut dit que ces sarments fertiles durent être débarrassés de tout jet inutile, et même d’une partie de leur feuillage qui empêcherait le fruit de mûrir. C’est Dieu encore qui poursuit, dans ses enfants, cette œuvre de purification et de sanctification continue, il l’accomplit par sa Parole, par son Esprit, par tous les moyens de sa grâce.

Si cela ne suffit pas, le céleste cultivateur emploie l’instrument tranchant et douloureux des épreuves, de la souffrance et des renoncements qu’il impose à ses enfants. Car ce qu’il veut à tout prix, c’est qu’ils portent plus de fruit.Jésus, se tournant vers ses disciples, les rassura au sujet de ce mot sévère : il nettoie tout sarment qui porte du fruit.Déjà ils furent nets, purs : au moyen de la parole divine que Jésus leur annonça, un principe impérissable de vie nouvelle fut déposé dans leur cœur, et s’y développa peu à peu jusqu’à la perfection.

Jésus invita ses disciples à renoncer constamment à tout mérite propre, à toute sagesse propre, à toute volonté et à toute force propres, ce qui fut, pour eux,  la condition d’une communion vivante avec lui. « Si vous le faites, je demeurerai en vous, comme la source intarissable de votre vie spirituelle. Sinon, vous vous condamneriez à la stérilité du sarment séparé du cep. »

Afin de rendre plus frappante encore la conséquence négative qui précède, Jésus déclara solennellement que ce  fut lui qui fut le cep et que ses disciples furent les sarments ; pour conclure  qu’en lui, ils porteront beaucoup de fruit, mais que, hors de lui, ils n’en porteraient aucun, pas plus que le sarment séparé du cep.

Mais ce fruit, qui le porte ? Celui-là seul qui demeure en moi, dit Jésus ; d’où il résulte que c’est l’Esprit de Christ, qui, comme la sève du cep dans le sarment, nous fait seul porter du fruit; c’est ce que confirme le fait d’expérience que nous hors de Christ, comme le sarment détaché du cep, ne pouvons rien produire, rien de véritablement bon, rien qui supporte le regard du Dieu saint et qui lui soit agréable.

Le thème ici formulé n’est pas celui de l’impuissance morale de l’homme naturel pour tout bien ; c’est celui de l’infécondité du croyant laissé à sa force propre, quand il s’agit de produire ou d’avancer la vie spirituelle, la vie de Dieu, en lui ou chez les autres.

Non seulement celui qui ne demeure pas en Jésus, dans une communion vivante avec lui, ne peut rien faire, mais il va au-devant d’une succession de jugements terribles. Le sarment séparé du cep est d’abord jeté dehors, hors de la vigne qui représente le royaume de Dieu, et il sèche nécessairement, puisqu’il ne reçoit plus la sève du cep. Qu’on pense à Judas, par exemple dont Jésus annonça la ruine.

Ce jugement, moralement accompli dès maintenant, aura au dernier jour son issue tragique que décrivirent les paroles : « On ramasse ces sarments, et on les jette au feu et ils brûlent » Dans la parabole, ce sont les serviteurs du vigneron ; dans la réalité, ce sont les anges de Dieu.

Après avoir prononcé ces redoutables paroles, Jésus revient avec tendresse à ses disciples qui demeurent en lui (le mot si n’exprime pas un doute), et il leur promet les grâces les plus précieuses :

toutes leurs prières seront exaucées (Jean 15.16 ; Jean 14.13-14 ; Jean 16.23) et ils auront le bonheur de glorifier Dieu par des fruits abondants (verset 8).

La communion des disciples avec Jésus est ici exprimée par ces deux termes : Si vous demeurez en moi et que mes paroles demeurent en vous, et non pas, comme le feraient entendre les verset 4 et 5 : et que je demeure en vous.

Les paroles de Jésus, qui sont esprit et vie, et qu’ils gardent dans leur cœur, sont le lien vivant de communion avec lui. Inspirés par elles, ils sont à la source de toutes les grâces divines, et leurs prières, qui ne seront plus que les paroles de Jésus transformées en requêtes, obtiendront toujours un exaucement certain.

 

Dieu, dans ses perfections, sa puissance, sa sainteté, son amour, se glorifie en reproduisant, dans le moindre de ses enfants, ces divers traits de sa ressemblance, plus que par toute la magnificence des œuvres de la création. Portez beaucoup de fruit à la gloire de Dieu, ce sera la preuve certaine que vous êtes mes disciples et le moyen de le devenir toujours de nouveau.

Diacre Michel Houyoux

Liens avec d’autres sites web chrétiens

◊ Abbaye de Tournay : cliquez ici pour lire l’article  → Mercredi de la 5ème semaine du Temps Pascal.

◊ La croix : cliquez ici pour lire l’article  → Mercredi de la 5e semaine du temps pascal (Jean 15, 1-8)

  Homélie du Père Santiago F.M.

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VI Sunday of Easter Year B

Posté par diaconos le 5 mai 2021

There is no greater love than giving your life for those you love

Frasi belle sulla vita

La vita è un mistero da vivere, non un problema da risolvere

# On 11 July 2017, Pope Francis introduced the offering of life as one of the cases in the process of beatification and canonisation. The motu proprio takes its title from the words of Jesus recorded in the Gospel according to St John: « there is no greater love than to lay down one’s life for those one loves » (Jn 15:13). Certainly, the heroic offering of one’s life, prompted and sustained by charity, expresses a true, full and exemplary imitation of Christ, and for this reason it deserves the admiration that the community of the faithful is accustomed to reserve for those who have voluntarily accepted the martyrdom of blood or have exercised the Christian virtues on a heroic level.

Maiorem hac dilectionem (Latin for « [There is] no greater love ») is an apostolic letter in the form of a motu proprio issued on 11 July 2017 by Pope Francis. It introduces the « offering of life » as one of the cases in the procedure of beatification and canonization. It concerns Christians who « have voluntarily and freely offered their lives for others and have persevered in this intention until death ».

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From the Gospel of Jesus Christ according to Saint John

09 As the Father has loved me, so I have loved you. 10 If you keep my commandments, you will abide in my love, just as I have kept my Father’s commandments and abide in his love. 11 This I have said to you, that my joy may be in you, and that your joy may be full. 12 This is my commandment: Love one another as I have loved you. 13 Greater love has no one than this, that he lay down his life for those who love him.

14 You are my friends if you do what I command you. 15 I no longer call you servants, because a servant does not know what his master does; I call you friends, because everything I have heard from my Father I have made known to you. 16 You did not choose me, but I chose you and made you responsible, so that you may go and bear fruit and your fruit may remain. Then whatever you ask the Father in my name, he will give it to you. 17 This I command you: love one another. »  (Jn 15, 9-17)

God is love

« God is love.  » These three little words reveal to us the true nature of God. God is love, first of all within his own divine nature composed of three persons who never cease to communicate with each other, who do nothing but love each other. God created us in his own image and likeness. We are beings made to love and to be loved. The tragedy is precisely when this love is lacking, when it is poorly given or poorly received. The media are full of these love stories that begin badly or end badly…

Jesus left us, as a testament, two great affirmations : « As the Father has loved me, so I have loved you and Love one another as I have loved you ». What an immense truth! What enormous happiness ! That is why Jesus can say to his disciples : « Love one another », Love one another with that love which you receive from the Father and which I have shown you by my words, my actions and my whole life, including my death and resurrection.

How to love each other ?

In this area, there are no ready-made recipes. The Gospels show us the Lord’s love for mankind: his love is universal, that is, it is offered to everyone without any exclusion. When we truly love and when we know that we are loved, we grow and the other person feels settled in life. It is up to us to do the same !

Let us see how love comes down from God : the Father loves Jesus, Jesus loves us and we, at his request (Gospel), echoed by John (Second Reading), try to love one another. We try to do it in God’s way, as God himself and his Son have done with us. This means loving one another abundantly, as Jesus did, even to the point of giving one’s life if necessary.

To love to the point of giving one’s life. « This is my body given, my blood shed; do this in memory of me, do this as I do! «   The measure of love is to give without measure. Love one another…. . Who am I to love ? For whom am I responsible? Who expects something from me? What is my attitude towards those around me, my family, my colleagues at work ?

The apostle Peter (first reading) was the first to be astonished, together with the Jews who accompanied him, to see that the centurion of the royal army fell to his knees and that even the pagans received the gift of the Spirit in abundance. God gives without meanness, generously, abundantly and invites us to do the same.

We are called, with what we are and where we are, to give, to give ourselves and to forgive… and to start again without ever stopping. May our heart be the measure of God’s heart ! And may our hand, if possible, be the same ! We will never regret having been good and even too good. But we will always regret having closed our hand and our heart when others have opened them to receive from us. « As the Father has loved me, so I have loved you… Love one another as I have loved you ».

Deacon Michel Houyoux

Links to other Christian websites

◊ Young catholics : click here to read the paper → 6th Sunday of Easter – Year B (2021)

◊ Pathways to God : click here to read the paper → 6th Sunday of Easter Year B

  6th Sunday of Easter (Year B)

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