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Venticinquesima domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Posté par diaconos le 20 septembre 2023

Ouviers-de-la-11ème-heure

# Gli operai dell’undicesima ora è una parabola del Vangelo secondo Matteo. Appartiene al suo Sondergut. L’undicesima ora si riferisce a un antico metodo di calcolo delle ore che iniziava con il sorgere del sole e divideva il giorno in dodici parti.

La parabola riguarda un proprietario terriero che paga anche i suoi vari dipendenti, indipendentemente dall’ora in cui iniziano a lavorare. Questa parabola potrebbe significare che la generosità di Dio supera la nostra giustizia. Infatti, associamo il proprietario della vigna a Dio.


Il rapporto di Dio con noi non è uguale a quello del padrone con i suoi operai. Tra i primi cristiani, quelli di origine ebraica potevano rimanere scioccati nel vedere peccatori e pagani come loro chiamati nella comunità cristiana. Questa parabola serviva a placare il risentimento che poteva nascere da questa situazione.

Origene paragonava la vite alla Chiesa e il padrone a Cristo. Sant’Agostino, nel suo sermone 87 intitolato: Le ore della storia della salvezza, dice : « I giusti che vennero al mondo per primi, come Abele e Noè, furono per così dire chiamati alla prima ora, e otterranno la felicità della risurrezione nello stesso

momento in cui la otterremo noi ».

Gli altri giusti che vennero dopo di loro, Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti quelli che vivevano a quel tempo, furono chiamati all’ora terza, e otterranno la felicità della risurrezione alla stessa ora di noi. Lo stesso è avvenuto per gli altri giusti,

Mosè, Aronne e tutti coloro che sono stati chiamati con loro all’ora sesta; poi i successivi, i santi profeti, chiamati all’ora nona, hanno assaporato la stessa felicità che abbiamo noi. Tutti i cristiani sono chiamati all’undicesima ora; alla fine del mondo otterranno la felicità della risurrezione con coloro che li hanno preceduti.


Tutti la riceveranno insieme. Ma vediamo quanto tempo i primi aspetteranno prima di arrivarci. Così loro la riceveranno dopo molto tempo, e noi dopo poco tempo. Anche se dobbiamo riceverla insieme agli altri, possiamo dire di essere i primi, perché la nostra ricompensa non tarderà ad arrivare.

John Ruskin utilizzò questa parabola nel suo saggio Unto This Last per criticare il pagamento dei lavoratori in base al lavoro e per sostenere il pagamento in base al bisogno di vita del lavoratore, indipendentemente dal reale contributo del suo lavoro alla ricchezza del datore di lavoro.


Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo


In quel tempo, Gesù parlò ai suoi discepoli con questa parabola : « Il regno dei cieli è simile a un uomo che uscì di buon mattino per assumere operai per la sua vigna. concordò con loro il salario per la giornata: un denario, cioè una moneta d’argento, e li mandò nella sua vigna.

Quando uscì, verso le nove, vide altri che stavano in piazza senza far nulla. Allora disse loro : « Andate anche voi nella mia vigna e vi darò ciò che è giusto ». Così andarono. E uscì di nuovo verso mezzogiorno, e di nuovo verso le tre, e fece lo stesso. Verso le cinque uscì di nuovo, trovò altri che stavano lì e disse loro : « Perché siete stati lì tutto il giorno a non fare niente ?

Risposero : « Perché nessuno ci ha assunti ». Disse loro : « Andate anche voi nella mia vigna ». Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo amministratore : « Chiama gli operai e distribuisci loro il salario, cominciando dall’ultimo e finendo con il primo ».


Quelli che avevano iniziato alle cinque si fecero avanti e ricevettero ciascuno un soldo. Quando fu il turno dei primi operai, pensavano di ricevere di più, ma anche loro ricevettero un soldo ciascuno. 
Quando la ricevettero, si lamentarono con il padrone della tenuta : « Queste persone, le ultime arrivate, hanno lavorato solo per un’ora, e tu le tratti come tratti noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il calore !

Ma il padrone rispose a uno di loro : « Amico mio, non sono ingiusto con te. Non ti sei accordato con me per un denario ? Prendi ciò che è tuo e vai.Voglio dare all’ultimo uomo quanto a te: non ho forse il diritto di fare ciò che voglio dei miei beni ? O i vostri occhi sono cattivi perché io sono buono? Gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi » (Mt 20, 1-16).


Chiamata di operai a lavorare nella vigna del Signore

Il denario romano era una delle monete fondamentali dei Romani. Si trattava di una moneta d’argento che pesava tra i 3 e i 4 grammi, a seconda del periodo. I primi denari romani apparvero alla fine del III secolo a.C., in seguito alla svalutazione dell’asso in seguito alle guerre puniche.

L’asso era una moneta di bronzo o di rame dell’antica Roma. Il suo peso e il suo aspetto cambiarono notevolmente nel corso dei secoli. All’epoca di Jesàs, un denario (4,4 euro) era il prezzo di una giornata di lavoro per un bracciante. Questo salario era concordato tra il padrone e i lavoratori.

La giornata ebraica iniziava alle sei del mattino, quindi la loro terza ora era alle nove. L’agorà era il luogo pubblico dove si riuniva il popolo e dove gli operai cercavano la lode. Nel senso letterale della parabola, questi operai erano davvero lì a non fare nulla, oziosi. Nella vita, si può essere oziosi anche nel mezzo della più grande attività, se il proprio lavoro non ha nulla a che fare con il regno di Dio.

Andarono senza indugio, fidandosi della parola del loro maestro. A mezzogiorno e alle tre il maestro chiamò altri operai. Verso l’undicesima ora, le cinque di sera, molto vicino alla fine della giornata, c’erano ancora operai che non facevano nulla, avendo sprecato la maggior parte della giornata.

Non era colpa loro. Quante migliaia di uomini vivono in mezzo alla cristianità senza aver mai sentito la chiamata del Vangelo! Così questi operai furono invitati a lavorare nella vigna durante l’ultima ora del giorno.

La giornata ebraica iniziava alle sei del mattino, quindi la loro terza ora era alle nove. L’agorà era il luogo pubblico dove si riuniva il popolo e dove gli operai cercavano la lode. Nel senso letterale della parabola, questi operai erano davvero lì a non fare nulla, oziosi. Nella vita, si può essere oziosi anche in mezzo alla folla.

Cominciare dagli ultimi significava mostrare il tema dell’intera parabola: nel regno di Dio, tutto è grazia. Dicendo : « Questi ultimi hanno lavorato un’ora sola e tu li hai trattati come hai trattato noi, che abbiamo sopportato il peso del giorno e del caldo » (Mt 20,12).

Avevano concordato con il padrone, che lo ricordava in modo significativo, e avevano appena sottolineato la differenza tra il loro lavoro e quello degli operai dell’undicesima ora, per stabilire il loro diritto a ricevere di più.


La risposta del padrone, basata su questo stesso diritto, fu senza replica: niente di male, siete d’accordo, ciò che è vostro. Il termine « amico » o « compagno » non esprimeva né affetto né rigore. « Così gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi ». (Mt 20,16)

Questa frase, ripetuta solennemente, presenta la sintesi e il significato profondo di tutta la parabola. Ricordando con un certo compiacimento di aver lasciato tutto per seguire Gesù, Pietro aveva chiesto una ricompensa (Mt 19, 12)

Stava cedendo a un sentimento falso e pericoloso, quello della propria giustizia. In un primo momento, Gesù gli diede una risposta incoraggiante, perché in fondo il discepolo era sincero e pieno di amore per il suo Maestro; ma a questa risposta aggiunse un serio avvertimento che volle rendere più impressionante con il drammatico racconto che segue.

Come è sorprendente ! Il padrone che chiama gli operai è Dio, che ha un diritto assoluto su di loro e che, chiamandoli, fa loro una grazia immensa. Infatti, la vigna a cui li manda è il suo bellissimo regno di verità, giustizia e pace. Gli operai che hanno il privilegio di lavorarvi non sono solo i medici o i pastori, ma tutti coloro che sentono la chiamata e vi si recano.

Le diverse ore del giorno sono le diverse età della vita umana o i diversi periodi della storia del regno di Dio. Il lavoro è tutto ciò che si fa per il bene dell’umanità, per il progresso del regno di Dio. La sera è la fine della vita o la fine dell’economia attuale, il ritorno di Cristo, l’amministratore divino che presiede alla retribuzione.

Infine, il denario è la salvezza, la vita eterna che, essendo di valore infinito e sproporzionato al lavoro degli operai, non può che essere una grazia. In questo senso, c’è uguaglianza tra tutti, ma ecco la differenza: il denario può avere un valore infinitamente diverso a seconda della disposizione interiore di chi lo riceve, cioè a seconda della sua capacità morale di godere della vita del cielo.

In questo caso, coloro che sono stati i primi a lavorare potrebbero essere gli ultimi. E anche se Gesù non li esclude, poiché concede loro il denario pattuito, essi rischiano di escludersi da soli, se dovessero prevalere i sentimenti che esprimono nella parabola.

D’altra parte, coloro che hanno capito che, nel regno di Dio, tutto è grazia – la chiamata, il lavoro, la ricompensa – e che si sono affidati alla parola del maestro, hanno potuto essere i primi, anche se sono stati gli ultimi a lavorare.

Gli esegeti che, basandosi su C, D, Itala e Siriaco, ammiravano queste parole come autentiche, non sapevano come interpretarle. Meyer fece loro capire che tra coloro che erano nel regno di Dio, erano pochi quelli scelti per essere i primi.


Il diacono Michel Houyoux


Supplementi

Conferenza episcopale Italia XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

Qumran testi XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) – Testi

Vidéo Padre Fernando Armellni https://youtu.be/Wkx2r-wxMFE


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Jeudi de la vingt-quatrième semaine du Temps Ordinaire – Année A

Posté par diaconos le 20 septembre 2023

Vocation de Matthieu, collecteur d'impôts

Vocation de Matthieu, collecteur d’impôts

# Saint Matthieu, est un personnage juif lié à la Galilée qui apparaît pour la première fois dans les Évangiles synoptiques, où il est appelé soit Matthieu, soit Lévi. Il y est décrit comme un publicain percepteur d’impôts, que Jésus appela pour devenir un de ses douze apôtres.

Pour les historiens modernes, il convient de dissocier l’apôtre Matthieu et le rédacteur de l’Évangile selon Matthieu. Ce livre a probablement été composé dans les années 80, sans doute à partir d’une version de l’Évangile selon Marc à laquelle ont été adjointes des paroles de Jésus (des logia) issues de ce que les spécialistes appellent la Source Q.

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Il n’existe, dans l’historiographie récente sur les origines du christianisme, aucune information concernant l’apôtre Matthieu. Il n’apparaît que dans le Nouveau Testament. Les éléments biographiques concernant l’apôtre de Jésus nommé Matthieu proviennent des Évangiles uniquement. Le Nouveau Testament le cite dans la liste des Douze (Mt 10:3 ; Mc , 18 ; Lc 6, 15), où il porte le nom de Matthieu.

D’autres passages mentionnent un collecteur d’impôts (Mt 9, 92 ; Mc 2:13-14 ; Lc 5, 27-28). Il apparaît une dernière fois en Actes 1:13. La tradition chrétienne a identifié l’apôtre Matthieu à l’auteur de l’Évangile selon Matthieu.

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Selon Irénée de Lyon (IIe siècle), à l’époque où Pierre et Paul affermissaient la communauté des disciples de Jésus à Rome (vers l’an 60 ou 61), Matthieu, qui annonçait la Bonne Nouvelle de Jésus-Christ aux Hébreux de Palestine et de Syrie, fut prié de rédiger une version synthétique de la vie et de l’enseignement de Jésus , une forme écrite de l’évangile, en araméen.

De même, Eusèbe de Césarée affirme au IVe siècle : «Matthieu prêcha d’abord aux Hébreux. Comme il devait aussi aller vers d’autres, il confia à l’écriture, dans sa langue maternelle, son évangile, suppléant du reste à sa présence par le moyen de l’écriture, pour ceux dont il s’éloignait ».

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Eusèbe s’appuya sur le récit de Papias, écrit vers l’année 120, et nota : Matthieu réunit donc en langue hébraïque les logia et chacun les interpréta comme il en était capable. Toujours selon Eusèbe, Pantène (v.240-v. 306), docteur chrétien qui dirigea l’Académie d’Alexandrie, trouva à son arrivée aux Indes cet évangile en caractères hébreux.

Ce manuscrit aurait été apporté par l’apôtre Barthélémy aux populations locales, qui l’auraient depuis précieusement conservé. Sur la question de la fin de sa mission et de sa mort, coexistent de nombreuses traditions concurrentes de la Tradition apostolique d’Hippolyte de Rome (troisième siàcle) le rattache à la Parthie, dans l’Iran actuel, où il mourut à Hiérapolis.

Le Martyrologe hiéronymien le fait également mourir en Perse et donne comme lieu de sa sépulture la ville de Tarrium. Isidore de Séville (VIIe siècle) le fait prêcher en Macédoine.

 

De l’Évangile de Jésus Christ selon Matthieu

En ce temps-là, Jésus sortit de Capharnaüm et vit, en passant, un homme, du nom de Matthieu,
assis à son bureau de collecteur d’impôts. Il lui dit: «Suis-moi.» L’homme se leva et le suivit.

Comme Jésus était à table à la maison, voici que beaucoup de publicains (c’est-à-dire des collecteurs d’impôts) et beaucoup de pécheurs vinrent prendre place avec lui et ses disciples.
Voyant cela, les pharisiens disaient à ses disciples :

«Pourquoi votre maître mange-t-il avec les publicains et les pécheur ?» Jésus, qui avait entendu, déclara : «Ce ne sont pas les signifie gens bien portants qui ont besoin du médecin, mais les malades.  Allez apprendre ce que : Je veux la miséricorde, non le sacrifice. En effet, je ne suis pas venu appeler des justes, mais des pécheurs.» (Mt 9, 9-13)

Vocation de Matthieu

Jésus passant devant le bureau des péages, appela Matthieu à le suivre, ce qu’il fit aussitôt. Il invita Jésus pour un repas, et, avec lui, beaucoup de péagers et de gens mal famés. Des pharisiens voyant cela, demandèrent aux disciples comment il se fit que leur Maître mangea avec de telles gens. Jésus répondit : «Ce sont précisément les malades qui ont besoin de médecin. Ils purent le savoir, car l’Écriture dit : « Dieu prend plaisir à la miséricorde, non au sacrific »  : Jésus appela des pécheurs, non des justes.

En ce moment des disciples de Jean-Baptiste demandèrent à Jésus pourquoi ceux qui le suivirent ne pratiquèrent pas la loi du jeûne. Il leur répondit que ses disciples ne purent être dans le deuil ou la tristesse tant que l’époux fut avec eux, mais des jours vinrent où ils jeûnèrent. Puis il s’appliqua à leur faire comprendre, par deux comparaisons frappantes, que la vie nouvelle qu’il apporta au monde fut incompatible avec les vieilles institutions légales, et même qu’elle exigea l’entier renouvellement de l’homme intérieur.

Matthieu ne nous dit pas dans quelle maison, il garda là-dessus un silence plein de modestie, mais Luc notaque c’était la maison de Matthieu Lévi, dans laquelle celui-ci fit  un grand banquet. Il voulut ainsi, dans le zèle de son premier amour, offrir à tous ces péagers et ces pécheurs qu’il invita, une occasion de voir et d’entendre Celui à qui il venait de consacrer sa vie.

Quelques interprètes prétendirent que, selon Matthieu comme selon Marc, ce repas avait lieu dans la maison de Jésus, et ils virent une contradiction entre les deux premiers évangélistes et Luc. Mais par quelle raison cette foule de péagers aurait-elle tout à coup envahi la maison de Jésus ? Marc  et Luc racontèrent aussi cette vocation d’un disciple avec les mêmes détails de lieu, de temps, de circonstances, il s’agissait d’un fait identique dans les trois récits. Tandis que Marc appela ce disciple Matthieu, les deux autres le nommèrent Lévi.

Le nom de Matthieu se retrouve dans tous les catalogues des apôtres, tandis que celui de Lévi n’y paraît jamais. Matthieu appelé en cette circonstance à l’apostolat changea son nom de Lévi en celui de Matthieu, qui signifie don de Dieu. Ainsi Simon prit le nom de Pierre Saul celui de Paul. Matthieu, péager lui-même, avait invité plusieurs de ses amis ayant la même vocation. Les pharisiens, dans leur orgueilleuse propre justice, se croyaient en santé ou justes  ; ils n’avaient donc pasbesoin d’un médecin, de ce Sauveur qui venait guérir les âmes de leurs maladies morales.

Mais ceux qui se portèrent mal, les malades, ces pécheurs qui se sentirent tels et qui l’entourèrent, eux avaient besoin de lui, et ce fut pourquoi ils l’écoutaient avec bonheur leur parler de pardon et de réconciliation avec Dieu. Jésus fit ainsi aux pharisiens une certaine concession, admettant une différence morale extérieure entre eux et les péagers, mais c’était une  concession ironique, comme dit Calvin, car au fond leur orgueil et leur dureté de cœur envers ces pauvres pécheurs que Jésus recevait, les rendaient, malgré leurs lumières, plus coupables qu’eux devant Dieu.

Diacre Michel Houyoux

Sites intéressants à voir sur Inrernet

Radio Don BoscoJeudi, Vingt-quatrième Semaine du Temps Ordinaire

Père Gilbert Adam Jeudi de la 24e semaine, année impaire

VidéoKTO TV https://youtu.be/WnybO-uDGvg

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