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La Sacra Famiglia – Anno B

Posté par diaconos le 20 décembre 2023

Santa Famiglia di Nazareth, il Santo di oggi 29 dicembre

La Sacra Familia

# La Presentazione di Gesù al Tempio è un evento della vita di Gesù raccontato nel Vangelo secondo Luca. Adempiendo a una prescrizione della legge ebraica – « Ogni primogenito maschio sarà consacrato al Signore » (Es 13, 2,11-13) – i genitori del piccolo Gesù lo presentarono e lo offrirono nel Tempio di Gerusalemme. Lì fu accolto dall’anziano Simeone. La relativa festa cristiana si celebra il 2 febbraio nel calendario gregoriano. Nelle Chiese orientali si celebra anche il due febbraio del calendario giuliano, che equivale al 14 febbraio del calendario gregoriano.

Per molto tempo il 2 febbraio è stata una data importante per i contadini, ricordata da un gran numero di proverbi. Questa data è tradizionalmente quella della Candelora, originariamente una festa pagana che celebrava la luce, sostituita dalla festa cristiana.La Candelora è anche un tema dell’iconografia religiosa, sia nei dipinti che nelle miniature, nelle sculture, nelle vetrate, negli arazzi e così via. Si ispira a una scena descritta nel Vangelo di Luca II, 22-39, in cui il figlio della Vergine Maria viene annunciato da Simeone come il Maestro e la luce che porterà la rivelazione ai gentili, cioè ai non ebrei.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca

Trascorso il tempo prescritto dalla Legge di Mosè per la purificazione, i genitori di Gesù lo portarono a Gerusalemme per presentarlo al Signore, come sta scritto nella Legge : Ogni primogenito maschio sarà consacrato al Signore. Vennero anche per offrire il sacrificio prescritto dalla Legge del Signore: una coppia di tortore o due colombelle.

A Gerusalemme c’era un uomo chiamato Simeone. Era un uomo giusto e religioso che aspettava la consolazione di Israele e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva detto che non avrebbe visto la morte finché non avesse visto Cristo, il Messia del Signore. Sotto l’influenza dello Spirito, Simeone si recò al Tempio. Mentre i genitori presentavano il bambino Gesù per adempiere al rito della Legge che lo riguardava, Simeone lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo : « Ora, o sovrano Maestro, puoi lasciare andare il tuo servo in pace, secondo la tua parola », in pace, secondo la tua parola.

Perché i miei occhi hanno visto la salvezza che stai preparando davanti ai popoli, la luce che si rivela alle nazioni e dà gloria al tuo popolo Israele. Il padre e la madre del bambino si stupirono di ciò che si diceva di lui. Simeone li benedisse e disse a Maria sua madre: « Ecco, questo bambino provocherà la caduta e l’ascesa di molti in Israele. Egli sarà un segno di contraddizione e tu avrai una spada che ti trafiggerà l’anima, rivelando i pensieri che vengono dal cuore di molti.

C’era anche una donna profeta, Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Asher. Era molto anziana; dopo sette anni di matrimonio, era rimasta vedova e aveva ottantaquattro anni.Non lasciava mai il Tempio, servendo Dio giorno e notte nel digiuno e nella preghiera. Perché i miei occhi hanno visto la salvezza che stai preparando davanti ai popoli, la luce che si rivela alle nazioni e dà gloria al tuo popolo Israele ». Proprio in quell’ora, proclamò le lodi di Dio e parlò del bambino a tutti coloro che attendevano la liberazione di Gerusalemme. Quando ebbero terminato tutto ciò che la legge del Signore comandava, tornarono in Galilea, nella loro città di Nazaret. Ma il bambino cresceva e diventava forte, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui (Lc 2, 22-40).

Offerta di due tortore al Tempio

Tutta la famiglia dovette recarsi a Gerusalemme per una doppia cerimonia religiosa. Giuseppe non dovette purificarsi. La Legge di Mosè prescriveva che dopo sette giorni di contaminazione legale e trentatré giorni di clausura, la madre israelita doveva offrire un sacrificio per la sua purificazione : una coppia di tortore o due giovani piccioni. Ogni primogenito apparteneva al Signore e doveva essere dedicato esclusivamente al suo servizio; ma poiché la tribù di Levi era stata scelta per questo servizio, tutti i primogeniti delle altre tribù dovevano essere ricomprati a caro prezzo, affinché il diritto divino fosse stabilito e il futuro capofamiglia ricordasse sempre i suoi obblighi.

La madre doveva offrire un agnello come olocausto e un giovane piccione o una tortora per il peccato; ma, se i suoi mezzi non lo permettevano, poteva sostituire questo sacrificio con quello di due tortore o due giovani piccioni. Quando i giorni della sua purificazione saranno finiti – sia che si tratti di un maschio o di una femmina – porterà alla porta della Tenda di convegno un agnello del primo anno per l’olocausto e una colomba o una tortora per il sacrificio per il peccato, e li darà al sacerdote.  Egli li presenterà al Signore, compirà il rito di espiazione per lei e sarà ritualmente purificata dalla perdita di sangue. Questa era la regola per la donna che partoriva un maschio o una femmina.

Se non ha abbastanza per offrire un agnello, prenderà due tortore o due piccioni, uno come olocausto e l’altro come sacrificio per il peccato; il sacerdote compirà per lei il rito di espiazione e sarà purificata. (Lev 12,6-8)  Luca cita qui solo quest’ultimo sacrificio, quello dei poveri, perché era il sacrificio di Maria. Allora si realizza già una profonda parola di San Paolo : « Non sto dando un ordine, ma sto parlando della disponibilità degli altri a verificare l’autenticità della vostra carità.

Il padre e la madre del bambino si stupirono di ciò che si diceva di lui. Simeone li benedisse e disse a Maria sua madre : « Ecco, questo bambino causerà la caduta e l’ascesa di molti in Israele. Egli sarà un segno di contraddizione e tu avrai una spada che ti trafiggerà l’anima, rivelando i pensieri che vengono dal cuore di molti ». C’era anche una donna profeta, Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Asher. Era molto anziana ; dopo sette anni di matrimonio, era vedova e aveva raggiunto l’età di ottantaquattro anni. Non lasciava mai il Tempio, servendo Dio giorno e notte nel digiuno e nellaEra molto anziana; dopo sette anni di matrimonio, era vedova e aveva raggiunto l’età di ottantaquattro anni. Non lasciava mai il Tempio, servendo Dio giorno e notte nel digiuno e nella preghiera.

Proprio in quell’ora, proclamò le lodi di Dio e parlò del bambino a tutti coloro che aspettavano la liberazione di Gerusalemme. Quando i giorni della sua purificazione saranno finiti – sia che si tratti di un maschio o di una femmina – porterà alla porta della Tenda di riunione un agnello del primo anno per l’olocausto e una colomba o una tortora per l’offerta per il peccato, e li darà al sacerdote. Egli li presenterà al Signore, compirà per lei il rito di espiazione e sarà ritualmente purificata dalla perdita di sangue. Questa era la regola per la donna che partoriva un maschio o una femmina.

Se non ha abbastanza per offrire un agnello, prenderà due tortore o due piccioni, uno come olocausto e l’altro come sacrificio per il peccato; il sacerdote compirà per lei il rito di espiazione e sarà purificata. (Lev 12,6-8) Luca cita qui solo quest’ultimo sacrificio, quello dei poveri, perché era il sacrificio di Maria. Allora si realizza già un detto profondo di San Paolo : « Non sto dando un ordine, ma sto parlando della disponibilità degli altri a verificare l’autenticità della vostra carità. Conoscete infatti il dono generoso del Signore nostro Gesù Cristo: egli, che era ricco, si è fatto povero per voi, perché voi, grazie alla sua povertà, diventaste ricchi » (2 Cor 8-9).

Simeone è sconosciuto alla storia. Era giusto e pio ; attendeva la venuta del Salvatore, qui definito la consolazione di Israele. Gli esempi di Simeone, Anna, Zaccaria, Giuseppe d’Arimatea e altri rivelano che c’erano umili israeliti pronti a ricevere Gesù sotto qualsiasi veste piacesse a Dio mostrarlo loro. Il sacerdozio ufficiale non ha accolto Gesù che, per la prima volta, entrava nel suo tempio : « Ecco, io mando il mio messaggero a preparare la via davanti a me ; e all’improvviso il Signore che cercate verrà nel suo Tempio. Il messaggero dell’Alleanza che voi desiderate, ecco, viene, dice il Signore dell’universo ». (Ma 3, 1) 

Un sacerdozio libero era stato formato per prendere il suo posto; esso è rappresentato da Simeone e Anna. La fonte della vita religiosa di Simeone era chiaramente indicata : lo Spirito Santo era su di lui. Arrivò al tempio illuminato e guidato dallo Spirito, e fu attraverso questo Spirito che riconobbe immediatamente il suo Salvatore nel piccolo bambino.

Per lo Spirito che era in lui, Simeone divenne un profeta ; non parlava più di se stesso, ma il suo pensiero andava alla salvezza che Dio stava preparando per tutti i popoli e che tutti vedranno. Questa preparazione è avvenuta nel corso dei secoli attraverso tutte le rivelazioni dell’Antica Alleanza. Questa grande salvezza per tutti si divide in due correnti diverse. Da un lato, è luce per l’illuminazione delle nazioni pagane, per la rivelazione di nazioni che, per la rivelazione a loro destinata, sono immerse nelle tenebre più profonde ; dall’altro, è la gloria del popolo d’Israele che, pur partecipando a questa salvezza, avrà l’onore immortale di averla donata al mondo.

Queste visioni luminose sull’universalità della salvezza possono essere spiegate in Simeone solo dall’azione dello Spirito che era su di lui e dalla conoscenza che aveva delle profezie ; infatti, anche gli apostoli le compresero solo attraverso una rivelazione particolare e molti ebrei, dopo la loro conversione al cristianesimo, le trovarono fonte di scandalo. « Quando Pietro tornò a Gerusalemme, quelli che erano originariamente giudei lo attaccarono dicendo : « Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato con loro » (At 11,2-3). La croce, coronamento dell’opera del Messia, rivela tutta la profondità dell’opposizione umana e mette a nudo le loro disposizioni segrete, costringendoli a decidere a favore o contro Gesù.

Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani (1 Cor 23). Il termine profetessa indica che, come Simeone, Anna aveva ricevuto lo spirito di profezia, grazie al quale anch’essa riconobbe nel bambino il Salvatore promesso e ne glorificò Dio. Luca la elogia anche sottolineando che, dopo un breve matrimonio, visse una lunga vedovanza fino all’età di ottantaquattro anni, età considerata molto onorevole tra gli ebrei.

Frequentava le funzioni religiose la sera e la mattina prima dell’alba, oppure trascorreva parte delle sue notti in preghiera. Luca non ha menzionato diversi fatti riportati da Matteo: la visita dei Magi, la fuga in Egitto, l’uccisione dei bambini di Betlemme, o perché questi fatti non rientravano nel suo piano o perché li ha ignorati. Bisogna ammettere, dice M. Godet, che i due evangelisti hanno scritto ciascuno senza conoscere il libro dell’altro. La critica negativa si è affrettata a dichiarare i due racconti inconciliabili.

Ha dimenticato che durante i quaranta giorni che intercorsero tra la nascita di Gesù e la sua presentazione al tempio, molti eventi si svolsero a Betlemme. Ha dimenticato che il ritorno della santa famiglia a Nazaret non avvenne dopo la presentazione al tempio. Il viaggio in Egitto seguì la presentazione e la famiglia si stabilì a Nazareth solo dopo il ritorno dall’Egitto : Giuseppe si alzò, prese il bambino e sua madre, andò nel paese d’Israele e venne ad abitare in una città chiamata Nazareth, affinché si adempisse il detto dei profeti : « Sarà chiamato Nazareno » (Mt 2, 23)

Gli eventi raccontati si susseguono in modo naturale e le due narrazioni si completano a vicenda. La sapienza, che comprende la conoscenza di Dio e degli uomini, nella sua applicazione pratica alla vita, era la caratteristica saliente del carattere di Gesù bambino.  Gesù ha attraversato tutte le fasi di uno sviluppo normale, l’unico che abbia avuto luogo sulla terra, l’unico che sia stato libero da tutti gli effetti deleteri del male e che sia stato perseguito in modo armonioso attraverso la costante comunione con Dio.

Il diacono Michel Houyoux

Link ad altri siti web cristiani

Qumran : Clicca qui per leggere l’articolo → Testi – Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B)

 Paolo Scquizzato : Clicca qui per leggere l’articolo → OMELIA Santa Famiglia. Anno B

 Video Padre Fernando Armelini : clicca qui per vedere il video → https://youtu.be/bgXPY4Dx0gs

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Vendredi vingt-deux décembre 2023

Posté par diaconos le 20 décembre 2023

Marie rend visite à Elisabeth – Regards protestants

 La visite de Marie à sa cousine Élisabeth

La Visitation de la Vierge Marie est une fête chrétienne célébrée par les catholiques et les orthodoxes. Elle est fixée au 31 mai (2 juillet dans les calendriers de la période 1263–1969 et les calendriers modernes des régions allemandes) par les catholiques et au 30 mars par les orthodoxes. Le luthéranisme l’avait conservée avant de la retirer. La fête de la Visitation commémore un épisode de l’Évangile selon Luc : la visite que rend Marie, enceinte du Christ, à sa cousine Élisabeth, enceinte de Jean Baptiste.

Cette fête fut établie en 1263 par saint Bonaventure pour les franciscains. Elle fut étendue à toute l’Église en 1379 par le pape Urbain VI. Le concile de Bâle, lors de sa session du 10 juillet 1441, la confirma, car elle n’avait pas été initialement acceptée par certains États fidèles aux antipapes lors du Grand Schisme. Cette fête était autrefois célébrée le 2 juillet conformément à l’Évangile selon Luc qui rapporte que Marie serait restée chez Élisabeth jusqu’à la naissance de Jean le Baptiste (et en supposant qu’elle y soit restée les huit jours supplémentaires correspondant aux rites de l’imposition du nom).

Toutefois, le calendrier liturgique a abandonné cette date traditionnelle, pour placer la fête au dernier jour du mois de mai, c’est-à-dire à la fin du mois marial. Symbolique de la fête de la Visitation. Elle commémore la fête de deux enfants à naître, Jésus et son cousin Jean Baptiste. Par la fête de la Visitation, la mission de Jean Baptiste est confirmée, sa vocation prophétique est de préparer et d’annoncer la venue de Jésus parmi les hommes en tressaillant dans le sein de sa mère1. C’est aussi à cette occasion que Marie, remplie de l’Esprit Saint prononce le Magnificat qui souligne le lien profond entre l’Espérance (vertu) et la Foi.

 De l’Évangile de Jésus Christ selon Luc

En ce temps-là, Marie rendit grâce au Seigneur en disant : «Mon âme exalte le Seigneur, exulte mon esprit en Dieu, mon Sauveur ! Il s’est penché sur son humble servante ; désormais tous les âges me diront bienheureuse. Le Puissant fit pour moi des merveilles ; Saint est son nom ! Sa miséricorde s’étend d’âge en âge sur ceux qui le craignent. Déployant la force de son bras, il disperse les superbes. Il renverse les puissants de leurs trônes, il élève les humbles. Il comble de biens les affamés, renvoie les riches les mains vides. Il relève Israël son serviteur,
il se souvient de son amour de la promesse faite à nos pères, en faveur d’Abraham et sa descendance à jamais.» Marie resta avec Élisabeth environ trois mois, puis elle s’en retourna chez elle. (Lc 1, 46-56)

La visite de Marie à Élisabeth

Marie s’en alla avec hâte dans une ville de Juda, chez Zacharie et Élisabeth. Au moment où elle salua Élisabeth, celle-ci sent son enfant tressaillir dans son sein et, remplie du Saint-Esprit, elle s’écria : Tu es bénie entre les femmes ! Elle exprima humblement son étonnement de ce que la mère de son Seigneur vienne à elle, elle la déclara bienheureuse d’avoir cru et lui annonça l’accomplissement de la promesse du Seigneur. Elle donne cours à ses sentiments de joie et de reconnaissance envers Dieu pour la grâce qu’il lui a faite. Elle célébra la puissance, la sainteté, la miséricorde de Dieu, qui furent manifestées envers elle.

Elle contempla la grande transformation qui s’accomplit dans le monde : les orgueilleux, les puissants, les riches abaissés, les humbles et les pauvres élevés. Elle rendit hommage à la fidélité de Dieu qui se souvint de sa miséricorde envers Abraham et sa postérité. Après être restée environ trois mois avec Élisabeth, Marie s’en retourna en sa maison.

En ces jours-là, c’est-à-dire immédiatement après le fait qui vint d’être raconté. Marie, sous l’impression de la révélation qu’elle eut reçue, portant dans son âme ces précieuses espérances, éprouva le plus vif désir de revoir Élisabeth, sa parente, qui vint de faire des expériences analogues ; de là cette expression : «Elle s’en alla avec hâte.» Le lieu où habitait Élisabeth ne fut désigné que par deux termes très vagues : pays des montagnes et une ville de Juda.

Cette ville était Hébron, située à vingt-deux milles romains au sud de Jérusalem. Hébron avait été autrefois assignée aux sacrificateurs pour demeure où sa situation fut indiquée par ce même terme   dans la montagne de Juda. D’autres pensèrent qu’il y eut primitivement dans le texte Jutta (désigné comme ville lévitique ; les copistes auraient changé ce nom peu connu en Juda. La promesse faite à Marie par le message de l’ange était elle déjà réalisée en elle lors de sa visite à Élisabeth ?

Mais avec le sentiment si fin et si délicat qui régna dans toute cette narration, Luc passa cet événement sous silence. Moment solennel pour ces deux femmes ! Les mêmes expériences de la miséricorde de Dieu, la même foi, les mêmes espérances, le même amour unirent leurs âmes dans une communion intime. Marie, saluant Élisabeth dans cette rencontre unique, mit tout son cœur dans le schalom des Hébreux : «Que la paix soit avec toi !»  La sainte joie dont tressaillit Élisabeth dans son être le plus intime se communiqua à l’enfant qu’elle portait en son sein. L’extraordinaire ici, ce fut l’action de l’Esprit Saint dont Élisabeth fut remplie et qui lui révéla en ce moment ce qui concernait Marie.

Le caractère de toute action de l’Esprit Saint est d’élever l’homme au-dessus de ses impressions personnelles pour faire prédominer en lui la préoccupation des intérêts divins. C’est là le trait saillant de l’allocution d’Élisabeth. Avant tout, Marie et le fils de Marie ; après cela seulement, elle-même et son enfant, pour revenir aussitôt à Marie et à son bonheur. Nous retrouverons une marche analogue dans le cantique de Zacharie. (Godet)

Élisabeth salua Marie avec un saint enthousiasme comme bénie entre les femmes, plus merveilleusement bénie, en effet, qu’aucune autre femme, puisqu’elle porta dans son sein Celui qui fut le Sauveur du monde. Les paroles d’Élisabeth prirent le ton et l’élévation d’un hymne ; elle chanta le bonheur de Marie qui crut à ce qui lui fut annoncé de la part du Seigneur. Elle sut que toutes ces grandes promesses eurent leur accomplissement. Ce fut jusque-là que s’éleva la foi qui fut commune à ces deux femmes.

Marie chanta les grandes choses que le Seigneur lui fit, et, comme Élisabeth elle parla sous l’influence de l’Esprit Saint. Son cantique, qui se divise en quatre strophes, est tout pénétré de la poésie de l’Ancien Testament et en particulier de celle qui respire dans le cantique d’Anne, mère de Samuel (1 Sm 2, 1-10). L’âme pieuse, dans les moments les plus solennels de sa vie intérieure, trouve toujours dans les paroles de l’Écriture l’expression la plus vraie de ses sentiments. Il y a même là une preuve de la vérité historique des récits de Luc.

Dès les premières phrases du cantique, cette forme de la poésie hébraïque, qu’on nomme le parallélisme, et qui consiste à rendre la même pensée par deux expressions différentes, mais avec une nuance délicate et importante. L’âme et l’esprit sont tour à tour le sujet de la phrase. Magnifier, mot que d’autres traduisirent par célébrer, louer, est un hébraïsme dont le sens signifie grandir. Une âme, élevée comme celle de Marie par l’Esprit, sentit et contempla la grandeur de Dieu et éprouva le besoin de la proclamer pour tous.

C’est ainsi que toutes les perfections de Dieu peuvent grandir parmi les personnes lorsqu’ils apprennent à les connaître mieux. C’est ce que nous lui demandons à l’égard de sa sainteté par cette prière : « Que ton nom soit sanctifié» : il se rapporte donc à un moment précis dont Marie conserve le souvenir, et l’on a supposé non sans raison, que ce moment est celui où elle reconnut que la promesse de Dieu était accomplie en elle. Marie donna à Dieu deux noms : d’abord celui de Seigneur, qui est la traduction constante du nom de Jéhovah dans les Septante. Ce nom se retrouve sans cesse dans les premiers récits de Luc. Ensuite, elle nomma Dieu son Sauveur : le regard de sa foi pénétra plus loin que le moment présent et s’étendit jusqu’à ce salut du monde que Dieu allait accomplir.

L’humiliation sur laquelle Dieu a bien voulu porter son attention fut l’abaissement, la pauvreté où se trouvait Marie, bien que descendant des rois de Juda. Élisabeth l’appela bienheureuse, et ces paroles, pleines d’un religieux enthousiasme, achevèrent d’affermir la foi de Marie en sa grande destinée. Marie célébra la puissance, la sainteté, la miséricorde de Dieu, trois perfections qui se manifestèrent dans les grandes choses qui lui furent faites. La toute-puissance se déploya dans l’incarnation, qui a la sainteté pour caractère principal, et qui fait éclater la miséricorde de Dieu.

Marie s’éleva, à la manière des prophètes, jusqu’à la contemplation de la grande révolution qui se réalisa par Jésus dont elle fut la mère. Si Dieu l’ appela, elle, la plus humble des filles de son peuple, à l’honneur de donner le jour au Messie, ce fut qu’il rejeta toutes les idées de grandeur humaine. Le principe du règne qu’il veut établir, et qui transformera le monde, sera « d’élever quiconque s’abaisse et d’abaisser quiconque s’élève. Quelques interprètes entendirent par les orgueilleux, les puissants, les riches, les païens, tandis que les humbles, et ceux qui eurent faim ,furent les Israélites.

Ils se fondirent pour cela sur les mots : «Il a pris en sa protection Israël», qui leur parurent reproduire la même idée sous une autre forme. Mais Marie n’ignore pas que dans le peuple juif comme au sein des nations la miséricorde de Dieu est seulement pour « ceux qui le craignent. On ne doit prendre ces expressions : puissants, petits, riches, pauvres, ni exclusivement dans le sens social, ni exclusivement dans le sens spirituel. Dans tous ces termes sont réunies les deux notions spirituelle et temporelle. (Godet)

L’Éternel, voyant Israël, son serviteur, accablé sous l’oppression de sa misère, l’eut secouru, se chargea lui-même d’accomplir sa délivrance. Dans cette délivrance, Marie vit la fidélité de Dieu qui se souvient de sa miséricorde éternelle envers Abraham et sa postérité, selon qu’elle fut annoncée aux pères par les prophètes. Abraham et sa postérité sont représentés comme étant également les objets de la miséricorde de Dieu dans l’accomplissement des promesses qui avaient été déjà faites à ce patriarche.

Diacre Michel Houyoux

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