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Quinta domenica di Pasqua – Anno B

Posté par diaconos le 22 avril 2024

Jésus a dit : "je suis la vraie vigne et vous les sarments" - KT42 ...

# Nella teologia cristiana si parla di unione mistica quando si descrive lo stretto legame esistenziale personale, la comunione, che unisce il cristiano a Gesù Cristo e attraverso la quale partecipa ai benefici salvifici della sua vita, morte e resurrezione. Questa comunione è chiamata mistica perché si realizza in modo misterioso e soprannaturale. All’interno del cristianesimo ci sono diversi approcci al tema dell’unione mistica. Per il cattolicesimo romano e parti dell’anglicanesimo e del luteranesimo, questa unione è stabilita attraverso il battesimo e alimentata dai sacramenti, che sono visti come il mezzo privilegiato attraverso il quale la grazia viene comunicata.

Il misticismo enfatizza così tanto l’identificazione di Cristo con il cristiano che, sostiene, avviene una specie di fusione totale, pur rimanendo persone distinte. Il razionalismo religioso concepisce Dio come una realtà immanente nel mondo e in ogni mente umana. Cristo sarebbe immanente nella natura e nello spirito umano. La salvezza è quindi concepita universalisticamente, indipendentemente dalla credenza cosciente in Cristo dell’individuo. Ecco perché cita spesso il testo biblico : «Perché come in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti saranno resi vivi (1 Corinzi 15, 22)

Dal Vangelo di Giovanni

«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo». Ogni tralcio che non porta frutto in me lo toglie ; e ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto. Voi siete già mondi per la parola che vi ho detto. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé se non rimane nella vite, così voi non potete portare frutto se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, produce molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla.

Chi non rimane in me viene gettato via come la vite e appassisce; poi li raccolgono, li gettano nel fuoco e li bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà dato. 8 In questo è glorificato il Padre mio, che voi portate molto frutto e diventate miei discepoli. (Giovanni 15, 1-8)

Cosa significa essere un cristiano ?

Con questa pagina del Vangelo di Giovanni, siamo arrivati al cuore della fede : Gesù spiega alla fine ai suoi discepoli cosa significa essere suo discepolo. Gesù non è solo una guida o un compagno, un amico o un fratello. Lui è la nostra vita. Egli è vivo in ognuno di noi e ci fa vivere con la sua vita divina. Ci insegna che lui è la vera vite, ma non l’unica; lui è la vite, il tronco al quale vuole unire tutti quelli che chiama alla vita : «Io sono la vite e voi siete i tralci.»

Nella prima lettura, abbiamo l’esempio di qualcuno che si è fatto circoncidere. Sulla via di Damasco, Paolo fu spogliato di tutto e innestato nella vera vite che era Cristo, di cui doveva essere uno dei tralci più fecondi. Noi cristiani siamo uniti a Lui per fede e battesimo. Ciò che Dio si aspetta da noi è che siamo una vite viva che porta frutto. Tutto questo sarà veramente possibile solo se siamo uniti a Cristo; c’è una parola che ricorre sette volte in poche righe, ed è il verbo dimorare. «Rimanete in me !» Gesù ci dice. I cristiani sono uomini e donne che dimorano in Cristo. Sorge allora l’inevitabile domanda: dimorare in Gesù, sì, ma come ?

Come possiamo essere sicuri che lo incontreremo ? Non è lo stesso che con il nostro vicino di casa nel quartiere o nel villaggio. Non incontriamo Gesù direttamente, ma attraverso intermediari. Abbiamo tre modi per farlo : attraverso la Parola di Dio, attraverso la preghiera e i sacramenti, e attraverso la vita quotidiana La via della Parola di Dio: per rimanere in Cristo, dobbiamo rimanere nella Sua Parola. Dobbiamo darci il tempo di riceverlo. Questa Parola di Dio ci viene data attraverso la Bibbia, il Vangelo, una rivista, un libro religioso, un programma cristiano alla radio o alla televisione, e anche attraverso la Parola proclamata nella Messa domenicale. Ci diamo il tempo di ricevere questa parola ?

Il secondo modo per rimanere in Cristo è attraverso la preghiera e i sacramenti. Per rimanere alla Sua presenza, dobbiamo parlare con Lui e ascoltarLo. Questa è una preghiera fedele, regolare e frequente, non solo una piccola preghiera di tanto in tanto. Parliamo a Gesù per affidargli qualcuno, o per dirgli grazie, o per chiedergli di illuminare la nostra vita. La preghiera ci aiuta a rimanere in comunione con Cristo. Questa comunione si realizza anche attraverso i sacramenti, specialmente l’Eucaristia: è la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana. Ci permette di essere uniti a Cristo, di diventare uno con lui. Riceviamo il suo amore per viverlo nella nostra vita quotidiana. La terza via è quella della vita quotidiana: ciò che rende una vita degna di essere vissuta non sono le belle parole ma l’amore reciproco, i gesti di condivisione, accettazione e solidarietà.

Non scoraggiamoci quando siamo stati infedeli, quando ci sentiamo come rami morti. Dio è più grande dei nostri cuori e sa tutto. Il suo amore misericordioso può sempre legarci alla vera vite e farci portare frutto in abbondanza. In breve, ciò che Gesù ci chiede è di essere collegati a Lui in ogni situazione della nostra vita. Allora la nostra vita porterà frutto e Dio sarà orgoglioso di noi. È qui che troveremo il vero significato della nostra vita.

Il Diacono Michel Houyoux

Link ad altri siti cristiani

◊ Maranatha (Italia) : clicca qui per leggere l’articolo →V Domenica di Pasqua Anno B

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Mardi de la quatrième semaine du Temps Pascal – Année Paire

Posté par diaconos le 22 avril 2024

Dedicace du Temple de Jerusalem par Salomon | A Paris chez M… | Flickr

# Selon Philippe Rolland, les premiers Pères de l’Église furent unanimes à affirmer que cet Evangile est le dernier des quatre dans le temps et qu’il fut rédigé par Jean. Ce furent en particulier, Irénée de Lyon mort en 210, Clément d’Alexandrie mort en 211, et Origène mort en 245. Sans compter Marcion mort en 160 qui n’est pas un Père de l’Église. Cette hypothèse est aujourd’hui rejetée par la plupart des historiens, qui virent dans ce texte l’œuvre d’une communauté johannique à la fin du Ier siècle, dont la proximité avec les événements fit débat.

Ce texte est rédigé en grec, tout comme les trois autres évangiles canoniques, dits synoptiques, mais il s’en démarque par sa composition, son style poétique, sa théologie, et probablement par ses sources, ainsi que par quelques épisodes singuliers, à l’instar des Noces de Cana ou encore de la femme adultère. Dans la doctrine trinitaire, l’Évangile selon Jean est le plus important en matière de christologie, car il énonce implicitement la divinité de Jésus, qu’il décrivit comme le Verbe de Dieu incarné. .La richesse du quatrième évangile a suscité parmi les exégètes une grande variété de découpages ou de plans. Une majorité de ceux-ci s’accordèrent sur un découpage en deux temps : un prologue et terminé par un épilogue.

De l’Évangile de Jésus Christ selon Jean

On célébrait la fête de la dédicace du Temple à Jérusalem. C’était l’hiver. Jésus allait et venait dans le Temple, sous la colonnade de Salomon. Les Juifs firent cercle autour de lui ; ils lui disaient : « Combien de temps vas-tu nous tenir en haleine ? Si c’est toi le Christ, dis-le nous ouvertement ! » Jésus leur répondit : « Je vous l’ai dit, et vous ne croyez pas. Les œuvres que je fais, moi, au nom de mon Père, voilà ce qui me rend témoignage. Mais vous, vous ne croyez pas, parce que vous n’êtes pas de mes brebis. Mes brebis écoutent ma voix ; moi, je les connais, et elles me suivent.

Je leur donne la vie éternelle : jamais elles ne périront, et personne ne les arrachera de ma main. Mon Père, qui me les a données, est plus grand que tout, et personne ne peut les arracher de la main du Père. Le Père et moi, nous sommes UN. » (Jn 10, 22-30)

Jésus à la fête de la dédicace

Cette fête, appelée en hébreu et en grec Rénovation, Inauguration, Dédicace, avait été instituée par Judas Maccabée, en souvenir de la restauration du temple et de l’autel, après qu’Antiochus Épiphane les eut profanés. On la célébrait durant huit jours, à dater du 25 du mois de Kisleu, qui correspond au mois de décembre (Josèphe Antiquités Juives, XII, 7, 8).

Cette fête étant d’institution humaine, il n’y avait pas, pour les Juifs, la même obligation d’y assister qu’aux autres solennités religieuses. Mais Jésus se conformait volontiers à tout ce qu’il y avait de bon et de louable dans les mœurs de son peuple, et il saisit cette occasion pour adresser à celui-ci un dernier appel, avant la Pâque.

C’était l’hiver, la mauvaise saison, Jésus pronoça son discours sous le portique de Salomon. Entre la fête des tabernacles, et celle de la dédicace, deux mois s’étaient écoulés, sur lesquels Jean garda un silence absolu. Les uns pensèrent que, dans cet intervalle, Jésus resta à Jérusalem et dans les environs (Ainsi Bengel, Tholuck, Olshausen, Stier Lücke, Hengstenberg, Meyer, Weiss , oltzmann).

Mais, objectèrent d’autres, fut il probable que Jésus resta tout ce temps à Jérusalem, exposé aux embûches de ses ennemis dont la haine et les desseins meurtriers s’étaient plus d’une fois déclarés contre lui ?

Après le départ de Galilée, Jésus ne revint plus dans cette province. Le départ de Galilée rapporté par Luc eut quelque chose de solennel et de public ; Jésus se mit en route entouré d’une société nombreuse (Lc 10, 1). Jean expliqua que lorsque Jésus se rendit à la fête des tabernacles, il y alla secrètement.

Luc plaça, au milieu d’une narration qui présenta Jésus parcourant la Galilée méridionale, la parabole du bon Samaritain, dont le lieu fut le chemin de Jérusalem à Jéricho, et la visite de Jésus à Marthe et à Marie, qui eut lieu à Béthanie.

Après la fête des tabernacles, Jésus retourna en Galilée. Il rapportait de Jérusalem la conviction que ses appels aux autorités théocratiques avaient été définitivement repoussés, que sa mort était inévitable et prochaine. Sous cette impression, il prit congé de cette province qui avait été le principal champ de son activité.

Il effectua alors le départ solennel dont le récit de Luc a marqué le caractère tragique. Il s’achemina lentement vers Jérusalem, évangélisant la Galilée méridionale et la Pérée. Il fit une courte apparition à Jérusalem, à la fête de la dédicace, puis il retourna en Pérée, où il resta Jusqu’aux approches de la Pâque .

Jésus trouva au fond du cœur de ses adversaires la cause de leur incrédulité : « Vous ne croyez pas, parce que vous n’êtes pas de mes brebis, et la preuve que vous n’en êtes pas, c’est que mes brebis me connaissent et entendent ma voix, tandis que vous repoussez mes paroles.»

Jésus se référa à sa parabole du berger et des brebis, qu’il prononça deux mois auparavant, et la critique négative s’empressa d’en tirer des conclusions contre la vérité historique de ces discours. Mais, comme l’observa Meyer, ce rapprochement s’explique par le fait que Jésus n’avait, dans l’intervalle, plus eu de rapports avec ses adversaires et qu’il se retrouva pour la première fois en leur présence. Jésus rappelai aux Juifs la guérison qu’il avait accomplie dans son précédent séjour à Jérusalem, six mois auparavant.

Les caractères que Jésus releva de nouveau chez ses brebis dirent assez aux adversaires qu’ils n’en furent pas. Quel rapport intime et vivant Jésus établit entre lui et ses brebis ! «Elles entendent sa voix, cette voix connue et aimée ; et moi, je les connais, avec tout l’amour du bon berger ; et elles, parce qu’elles connaissent ma voix, me suivent

Puis Jésus éleva cette relation à une hauteur plus sublime encore : «Et moi» Chacune de ces trois déclarations révéla l’amour de Jésus et fonda la parfaite assurance de ses brebis. Il ne dit pas : je leur donnerai, mais je leur donne dès maintenant  la vie éternelle.

La vie qu’elles puisent dans ma communion se développera jusque dans l’éternité ! Puisqu’elles ont la vie éternelle, elles ne périront jamais. Enfin, bien qu’elles fussent entourées d’ennemis acharnés à leur perte, nul ne les ravirait de ma main.

Pour accroître encore l’assurance qu’il voulut inspirer aux siens, Jésus éleva sa pensée jusqu’au Dieu tout-puissant, éternel, qui est amour car il est son Père. Ses brebis, c’est ce Père qui les lui a données ; or, comme il est plus grand, plus puissant que tous, qui pourrait jamais les ravir de sa main ?

Diacre Michel Houyoux

Liens avec d’autres sites Web chrétiens

◊ Abbaye de Tournay : cliquez ici pour lire l’article→ Mardi de la 4ème semaine du Temps Pascal

◊ Sensus Fidelium : cliquez ici pour lire l’article→Le mardi de la quatrième semaine après Pâques

Vidéo Jésus à la fête de la dédicace : cliquez ici → https://youtu.be/ycsZIT0-9rY

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