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Diciassettesima domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Posté par diaconos le 24 juillet 2024

Multiplication des pains

# La moltiplicazione dei pani è il nome dato a due miracoli compiuti da Gesù di Nazareth secondo i testi dei Vangeli: Matteo, capitolo 14, versetti da 14 a 21, poi di nuovo 15, 32-38; Marco 6, 34-44, poi di nuovo Marco 8, 1-9; Luca 9, 12-17; Giovanni 6, 5-14. La prima moltiplicazione dei pani avvenne dopo la morte di Giovanni Battista per volere di Erode Antipa, in risposta ai desideri della figlia Salomè e alla guarigione dei malati. Una seconda moltiplicazione dei pani avvenne in seguito, coinvolgendo un numero diverso di persone. Matteo e Marco sono gli unici evangelisti a raccontarla.

Alcuni esegeti hanno pensato che si trattasse dello stesso evento raccontato due volte. Tuttavia, i due miracoli non avvennero nello stesso luogo: in un caso c’erano cinquemila persone, nell’altro quattromila. Anche il numero di ceste di pane in più era diverso. In seguito Gesù si riferì ai due miracoli, distinguendoli chiaramente (Mt 16,9-11). Per il Dottore della Chiesa Giovanni Crisostomo, Gesù, in questo miracolo, si poneva davvero come il creatore del cielo e della terra.

Con questo gesto, egli incoraggiava la gente a pregare prima di mangiare e voleva mostrare l’importanza della condivisione. I teologi moderni direbbero che la moltiplicazione dei pani è il simbolo della Parola data da Cristo, una parola che ha nutrito le persone per secoli. Per Sant’Efrem, durante questo miracolo Gesù ha dato generosamente senza contare il costo. Diede così tanto che rimasero dodici ceste. Il santo ha anche paragonato Gesù a Mosè, che nutrì il popolo liberato dalla schiavitù con la manna caduta dal cielo.

Per Benedetto XVI, nell’Angelus del 31 luglio 2011, questo gesto messianico è un simbolo di condivisione fraterna, ma anche un simbolo del cammino che gli apostoli dovranno seguire, cioè trasmettere la Buona Novella. Nell’Angelus del 29 luglio 2012, Benedetto XVI ha sottolineato che questa moltiplicazione è l’inizio dell’Eucaristia, che continua ancora oggi. Secondo alcune interpretazioni teologiche, essa prefigura l’Ultima Cena, l’ultimo pasto di Gesù con i suoi discepoli, istituendo il rito dell’Eucaristia in cui il pane sarebbe l’incarnazione del corpo di Gesù, dato in sacrificio sulla croce per salvare l’umanità. Per gli storici, gli eventi evocati dagli evangelisti con queste due relazioni rimangono enigmatici, anche se sono state avanzate alcune ipotesi.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passò dall’altra parte del mare di Galilea, il lago di Tiberiade. Una grande folla lo seguiva, perché aveva visto i segni che compiva sui malati. Gesù salì sul monte e si sedette lì con i suoi discepoli. Lì c’era il lago di Tiberiade. Gesù alzò gli occhi e vide che una grande folla stava venendo da lui. Disse a Filippo : “Dove possiamo comprare il pane per farli mangiare ?” Lo disse per metterlo alla prova, perché sapeva esattamente cosa avrebbe fatto. Filippo rispose : “Duecento giorni di salario non basterebbero per dare a tutti un po’ di pane”. Uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro, gli disse : “C’è un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci, ma che cos’è per tanta gente ? ”

Gesù disse : “Fate sedere la gente.” C’era molta erba lì. Così si sedettero, circa cinquemila persone. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì ai commensal i; diede loro anche tutto il pesce che volevano. Quando ebbero mangiato a sazietà, disse ai suoi discepoli : “Raccogliete gli avanzi, perché nulla vada perduto”.  Li raccolsero e riempirono dodici ceste con i pezzi dei cinque pani d’orzo che erano avanzati per coloro che prendevano questo cibo.

Quando la gente vide il segno compiuto da Gesù, disse : “Questo è veramente il profeta predetto, colui che viene nel mondo”. Ma Gesù sapeva che lo avrebbero portato via per farne il loro re; così si ritirò di nuovo sui monti da solo (Gv 6,1-15).

Gesù nutre la folla

Quando Gesù ebbe attraversato l’altra sponda del lago di Tiberiade, salì sul monte e si sedette con i suoi discepoli. Tutti i suoi ammiratori lo seguivano, desiderosi di segni e guarigioni. Vedendo la grande folla che era venuta da lui, Gesù provò un’immensa compassione e pietà per loro, che si aspettavano tutto da lui. Gesù vide i bisogni della gente. Il miracolo che compì fu un gesto d’amore. Gesù disse a Filippo : “Dove possiamo comprare il pane per farli mangiare ?”. Li raccolsero e riempirono dodici ceste con i pezzi dei cinque pani d’orzo che erano avanzati per coloro che prendevano questo cibo. Quando la gente vide il segno compiuto da Gesù, disse : “Questo è veramente il profeta predetto, colui che viene nel mondo”. Ma Gesù sapeva che lo avre bbero portato via per farne il loro re ; così si ritirò di nuovo sui monti da solo (Gv 6, 1-15).

Davanti a San Vincenzo de’ Paoli, all’Abbé Pierre, a Coluche, lanciò per la prima volta i Restos du Coeur. Servì alla folla un pasto gratuito : pane e pesce, e non lesinò sulla quantità : gli avanzi riempirono dodici ceste ! Prima di nutrire la mente e il cuore, Gesù sa che dobbiamo nutrire il corpo. Non dobbiamo mai dimenticare questi bisogni primordiali : dare cibo ! La priorità data ai poveri da Papa Giovanni Paolo II è un atteggiamento profondamente evangelico : “Vi do questo pane perché vi amo”.

Nella moltiplicazione dei pani, Gesù vuole farci scoprire l’annuncio dell’Eucaristia. Così, in questo racconto, eravamo vicini alla festa della Pasqua ebraica, alla data dell’Ultima Cena e del sacrificio della croce: Gesù prese il pane e rese grazie (è la parola Eucaristia) e lo distribuì come la sera del Giovedì Santo. L’ordine dato a Filippo di prendere il pane per sfamare la folla, e la presenza degli apostoli che riempiono dodici ceste con i pezzi rimasti, sono un’allusione alla Chiesa che viene invitata a distribuire il Pane della Vita (l’Eucaristia) al popolo.

“Quando apri la tua mano, riempi e sazi tutti quelli che vivono”. (In ogni celebrazione eucaristica siamo invitati a questo stesso gesto di donazione che Dio può moltiplicare. Ci rendiamo conto che siamo ospiti alla tavola del Signore? Questo racconto evangelico è un invito alla generosità e alla condivisione. Ma ci dice anche che nulla è insignificante e che non dobbiamo mai scoraggiarci per la debolezza dei nostri mezzi. Offriamo le nostre piccole capacità al Signore, che le moltiplicherà.

Il Diacono Michel Houyoux

Link ad altri siti cristiani

Qumran : clicca qui per leggere l’aticolo → Testi – XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Paolo Scquizzato : clicca qui per leggere l’articolo →OMELIA XVII domenica del Tempo Ordinario. Anno B

Video Padre Fenando Armellini : clicca qui → https://youtu.be/SNf4A2mcOl4

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Jeudi de la seizième semaine du Temps Ordinaire – Année Paire

Posté par diaconos le 24 juillet 2024

Jésus Fils de l'Homme - KHALIL GIBRAN

 Voici le Fils de l’Homme

Le Fils de l’Homme est une figure eschatologique en usage dans les milieux apocalyptiques judaïques dès la période post-exilique. Cette expression apparaît notamment dans le Livre de Daniel. Dans les évangiles, c’est le titre que reprend le plus souvent Jésus lorsqu’il parle de lui-même. Les interprétations auxquelles elle a donné lieu dans le christianisme ont fait glisser le sens initial vers l’humanité de Jésus. Sa plus ancienne attestation remonte au septième chapitre du Livre de Daniel, daté de la persécution d’Antiochos Épiphane, peu avant la révolte des Macchabées (vers 160 av. J.-C.).

 Dans le Livre d’Ézéchiel déjà, Dieu s’adresse plusieurs fois au prophète en l’appelant « Fils d’homme , mais aucun sens ésotérique n’est ici attaché à l’expression. On trouve plus de quatre-vingt passages dans le Nouveau Testament où Jésus de Nazareth se nomme lui-même Fils de l’homme. C’est le titre qu’il employa le plus fréquemment lorsqu’il parla de lui-même à la troisième personne. Il se présenta comme le futur juge eschatologique : Dans la théologie chrétienne ultérieure, le titre de Fils de l’Homme sera compris comme désignant l’humanité de Jésus, et le titre de Fils de Dieu, sa divinité, dans le cadre de la doctrine chalcédonienne des deux natures

De l’Évangile de Jésus Christ selon saint Matthieu

En ce temps-là, la mère de Jacques et de Jean, fils de Zébédée, s’approcha de Jésus avec ses fils Jacques et Jean, et elle se prosterna pour lui faire une demande. Jésus lui dit : « Que veux-tu ? » Elle répondit : « Ordonne que mes deux fils que voici siègent, l’un à ta droite et l’autre à ta gauche, dans ton Royaume. » Jésus répondit : « Vous ne savez pas ce que vous demandez. Pouvez-vous boire la coupe que je vais boire ? » Ils lui disent : « Nous le pouvons. » Il leur dit : « Ma coupe, vous la boirez ; quant à siéger à ma droite et à ma gauche, ce n’est pas à moi de l’accorder ; il y a ceux pour qui cela est préparé par mon Père. »  Les dix autres, qui avaient entendu, s’indignèrent contre les deux frères. Jésus les appela et dit : « Vous le savez : les chefs des nations les commandent en maîtres, et les grands font sentir leur pouvoir. Parmi vous, il ne devra pas en être ainsi : celui qui veut devenir grand parmi vous sera votre serviteur ; et celui qui veut être parmi vous le premier sera votre esclave. Ainsi, le Fils de l’homme n’est pas venu pour être servi,mais pour servir, et donner sa vie en rançon pour la multitude. » (Mt 20, 20-28)

La demande des fils de Zébédée

La requête présentée par leur mère. La mère de Jacques et de Jean se prosterne devant Jésus et lui demande que ses fils occupent les deux premières places dans son royaume. Jésus leur fait sentir ce que cette ambition a d’inconsidéré ; il ramena leur attention sur la coupe de ses souffrances, dont il leur parla. Eux, se déclarèrent prêts à la boire. Jésus leur prédit alors qu’ils la boiront réellement, mais qu’il appartient à Dieu seul d’accorder les premières places dans le royaume de son Fils.

Les prétentions des deux frères provoquèrent l’indignation des dix autres disciples. Jésus les appela à lui et les mit en garde contre l’esprit de domination, qui est celui des princes et des grands de ce monde. Parmi les disciples, celui qui voudra être grand devra se faire le serviteur de tous, suivant l’exemple du fils de l’homme, qui est venu non pour être servi, mais pour servir et donner sa vie en rançon pour plusieurs.

 Ce fut la troisième fois que Jésus prédit à ses disciples ses souffrances (Mt16, 21 ; Mt17 ; 22-23). Plus le moment solennel approchait, plus il devint explicite dans les détails de cette prédiction : les auteurs de ses souffrances, sa condamnation à la mort, la double trahison dont il sera l’objet, les tortures, la croix, tout fut devant ses yeux et dès lors sa passion commença (Mc 10, 34).

Mais il vit un soleil glorieux se lever sur ces ténèbres ; le troisième jour il ressuscita. Matthieu, Marc et Luc consignèrent ici avec un parfait accord les mémorables communications de Jésus (Mc 5, 10 ; Lc 18, 31). La mère des fils de Zébédée : Jacques et Jean (Mt 4, 21), était Salomé, sœur de Marie, mère de Jésus (Jn 19, 25), elle fit partie de ce petit cercle de femmes qui suivirent Jésus de la Galilée (Mt 27, 56 ; Mc 15, 40 ; Mc 16, 1) et qui l’assistèrent de leurs biens (Lc 8, 3). L’attitude de cette mère qui se prosterna devant Jésus, montrant qu’elle attachait, à la demande qu’elle lui adressa, une solennelle importance.

Salomé demanda pour ses deux fils les deux premières places d’honneur dans le royaume de Jésus ; elle désirait e qu’ils devint en ses deux premiers ministres. Ses fils partageaient entièrement cette ambition de leur mère, car selon le récit de Marc (Mc10, 35), ce sont eux-mêmes qui adressèrent à Jésus cette demande, dont la pensée pouvait leur avoir été inspirée par sa promesse (Mt 19, 28).

Ils prouvèrent qu’ils avaient une idée très élevée de la majesté de Jésus, un ardent amour pour lui, un désir sincère d’être les premiers à le servir. Mais que d’ignorance encore, quelles vues charnelles sur la nature de son règne, que d’orgueil enfin ! Et l’un de ces disciples était le doux et humble Jean. Combien il est évident qu’il devait passer par le baptême de feu de la Pentecôte !

Les disciples et leur mère, ne savaient ce qu’ils demandaient, car ils ne pensaient qu’à un avenir glorieux, malgré la prédiction qui précède et Jésus avait devant lui la coupe de ses souffrances ! Fussent-ils prêts à la partager avec lui ? La coupe est, dans les langues orientales, l’image des destinées assignées à un homme, en particulier des souffrances qu’il aura à endurer (Ps 75, 9 ; Jr 25, 15 ; Mt 26, 39 ; Jn 8.11). 

Les deux disciples, auxquels Jésus s’adressa directement et qui prirent la parole au lieu de la laisser à leur mère, comprirent que le chemin suivi par Jésus traversa de rudes souffrances ; mais ils ne reculèrent pas devant ces souffrances après avoir aspiré à la gloire (Mt 26, 33-35).

Seulement ils n’écoutèrent que leur sincérité et leur courage, sans songer à leur faiblesse. Et toutefois Jésus ne les contredit pas ; avec indulgence pour le présent et ne regardant qu’à l’avenir, il leur annonça réellement qu’ils boiront sa coupe. Ces paroles furent été très diversement interprétées depuis le temps des Pères jusqu’à nos jours.

Ces interprétations se réduisirent plus ou moins à la pensée que Jésus parla dans son état actuel d’abaissement, où il se dépouilla de sa puissance aussi bien que de sa gloire, tandis que les autres déclarations citée, le montrèrent dans la plénitude de sa royauté divine.

Jésus voulut faire comprendre à ses disciples la condition à laquelle ils pourraient être admis à occuper la place la plus éminente dans le royaume de Dieu. Cette faveur, dit-il, ne sera pas donnée d’une manière arbitraire et pour ainsi dire à l’avance. Il faut qu’une âme y soit longuement préparée par un développement qui la conduise à la sainteté parfaite ; et cette préparation dépend à la fois de la souveraineté de la grâce de Dieu et de la fidélité de cette âme.

Le Père  préparé le royaume (Mt 25, 34) et c’est lui aussi qui prépare ses plus éminents serviteurs pour ce royaume par des grâces spéciales ; et les deux disciples Jacques et Jean, dont l’ambition se trahit par leur demande, n’étaient pas alors sur le chemin qui conduit au plus haut degré de gloire et de félicité. Ils n’y parvinrent que plus tard.

Jésus n’approuva pas plus l’indignation des autres disciples que l’ambition de Jacques et de Jean. Il les appela tous auprès de lui pour leur donner une leçon d’humilité. Il marqua le contraste entre les serviteurs de son royaume et les princes et les grands des royaumes de ce monde.

Ceux-ci les dominent, usent d’autorité. Le fils de l’homme (Mt 8, 20) qui fonda ce royaume, donna lui-même l’exemple de l’esprit qui devait y régner. Bien éloigné des dispositions qu’il combattait dans le cœur de ses disciples et répudiant l’autorité des grands de ce monde, il ne voulut pas être servi. Sa vie entière fut consacrée au service de ses frères.

Son dévouement alla jusqu’au sacrifice de sa vie (Ph 2, 8) Cette vie sainte, il voulut la donner, terme choisi à dessein, car il la donna comme une rançon, comme le prix qu’on payait pour racheter des esclaves ou des prisonniers de guerre (1 Co 6, 20 ; 1 Co 7, 23).

Diacre Michel Houyoux

Liens avec d’autres sites Internet

Pédications.eu : cliquez ici pour lire l’article → Jeudi de la 16e semaine, année paire

La Croix : cliquez ici pour lire l’article → Dans la Bible, que signifie l’expression « Fils de l’homme » ?

Vidéo  Pasteure Agnès Adeline Schaeffer : cliquez ici → https://youtu.be/ESF3bVvoUwQ

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