Quarta domenica di Pasqua – Anno C

Posté par diaconos le 8 mai 2025

La pêche miraculeuse de Pierre est un événement biblique où Pierre, un pêcheur, fait une prise incroyable de poissons grâce à l'intervention de Jésus. Après avoir pêché toute la nuit sans succès, Pierre obéit à l'instruction de Jésus de jeter ses filets à nouveau, et il remplit deux bateaux de poissons, réalisant ainsi que c'était un acte divin. Cet événement est souvent interprété comme un moment de vocation pour Pierre, qui tombe à genoux devant Jésus, reconnaissant sa propre péché.

La pêche miraculeuse de Pierre est un événement biblique où Pierre, un pêcheur, fait une prise incroyable de poissons grâce à l’intervention de Jésus. Après avoir pêché toute la nuit sans succès, Pierre obéit à l’instruction de Jésus de jeter ses filets à nouveau, et il remplit deux bateaux de poissons, réalisant ainsi que c’était un acte divin. Cet événement est souvent interprété comme un moment de vocation pour Pierre, qui tombe à genoux devant Jésus, reconnaissant sa propre péché.


Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni

In quel tempo Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli presso il mare di Tiberiade, e così fu. C’era Simon Pietro con Tommaso, detto Didimo, cioè Gemello, e Natanaele, di Cana di Galilea, figli di Zebedeo, e altri due suoi discepoli. Simon Pietro disse loro : “Anche noi veniamo con te”, risposero. Così partirono e salirono sulla barca, ma quella notte non presero nulla. Allo spuntare del giorno, Gesù era in piedi sulla riva, ma i discepoli non sapevano che fosse lui.

 Gesù disse loro : “Figlioli, avete qualcosa da mangiare ? Risposero : “No”. Disse loro : “Gettate la rete dalla parte destra della barca e la troverete”. Allora gettarono la rete e questa volta non riuscirono a tirarla dentro perché c’erano molti pesci. Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro : “È il Signore !” Quando Simon Pietro sentì che era il Signore, si vestì, perché non aveva nulla, e si gettò in acqua. Gli altri discepoli arrivarono in barca, trascinando la rete piena di pesci; la terraferma era a soli cento metri. Quando scesero a terra, videro un fuoco di brace con dei pesci sopra e del pane. Gesù disse loro : “Portate un po’ del pesce che avete appena preso”. Simon Pietro salì e tirò su

Quando Simon Pietro sentì che era il Signore, si mise addosso un pezzo di vestiario, perché non aveva nulla, e si gettò in acqua. Gli altri discepoli arrivarono con la barca, trascinando la rete piena di pesci; la terra era a soli cento metri. Quando scesero a terra, videro un fuoco di brace con dei pesci sopra e del pane. Gesù disse loro : “Portate un po’ del pesce che avete appena preso”. Simon Pietro salì e tirò giù la rete piena di grossi pesci : erano centocinquantatré.

E nonostante fossero così tanti, la rete non si strappò. Allora Gesù disse loro : “Venite e mangiate”. Nessuno dei discepoli osò chiedergli : “Chi sei Quando Simon Pietro sentì che era il Signore, si mise addosso un pezzo di vestiario, perché non aveva nulla, e si gettò in acqua. Gli altri discepoli arrivarono con la barca, trascinando la rete piena di pesci; la terra era a soli cento metri. Quando scesero a terra, videro un fuoco di brace con dei pesci sopra e del pane. Gesù disse loro: “Portate un po’ del pesce che avete appena preso”. Simon Pietro salì e tirò giù la rete piena di grossi pesci: erano centocinquantatré.

E nonostante fossero così tanti, la rete non si strappò. Allora Gesù disse loro : “Venite e mangiate”. Nessuno dei discepoli osò chiedergli : “Chi sei ?” Sapevano che era il Signore. Gesù si avvicinò ; prese il pane e lo diede loro ; e lo stesso fece con il pesce. Era la terza volta che Gesù, risorto dai morti, si mostrava ai suoi discepoli. Gesù gli disse : “Simone, figlio di Giona, mi ami tu più di costoro ?” Egli rispose : “Sì, Signore! Tu sai che io ti amo”. Gesù gli disse : “Sii il pastore dei miei agnelli”. Una seconda volta gli disse : “Simone, figlio di Giovanni, mi ami davvero ?” Egli rispose : “Sì, Signore !”

 “Giovanni, mi ami tu ?”. Pietro si rattristò perché Gesù gli chiese per la terza volta : “Mi ami tu ?” Rispose : “Signore, tu sai tutto : sai che ti amo”. Gesù gli disse : “Sii il pastore dei miei” Sapevano che era il Signore. Gesù si avvicinò; prese il pane e lo diede loro ; e lo stesso fece con il pesce.  Era la terza volta che Gesù, risorto dai morti, si mostrava ai suoi discepoli. Gesù gli disse : “Simone, figlio di Giona, mi ami tu più di costoro ?” Egli rispose : “Sì, Signore ! Tu sai che io ti amo”. Gesù gli disse : “Sii il pastore dei miei agnelli ”. Una seconda volta gli diss : “Simone, figlio di Giovanni, mi ami davvero ?” Egli rispose : “Sì, Signore ! ”

 “Giovanni, mi ami tu ? Pietro si rattristò perché Gesù gli chiese per la terza volta : “Mi ami tu ?” Rispose : “Signore, tu sai tutto : sai che ti amo”. Gesù gli disse : “Sii il pastore dei miei Egli rispose : “Sì, Signore ! Tu sai che ti amo”. Gesù gli disse : “Sii il pastore dei miei agnelli”Una seconda volta gli disse : “Simone, figlio di Giovanni, mi ami davvero ?” Egli rispose : “Sì, Signore !” Giovanni, mi ami tu ?” Pietro si rattristò perché Gesù gli chiese per la terza volta : “Mi ami tu ?” Rispose : “Signore, tu sai tutto : sai che ti amo”.

Gesù gli disse : “Sii il pastore delle mie pecore. Amen, amen, io ti dico: quando eri giovane, ti cingevi per andare dove volevi; quando sarai vecchio, tenderai le mani e qualcun altro ti cingerà per portarti dove non vuoi”. Gesù disse questo per mostrare che tipo di morte Pietro avrebbe dato gloria a Dio. Poi gli disse: “Seguimi”. (Gv 21, 1-19)


La miracolosa cattura dei pesci

Dopo la risurrezione e le prime apparizioni di Gesù ai suoi discepoli, egli si manifestò nuovamente presso il mare di Tiberiade (Gv 6,1). Tutti i suoi discepoli vi si recarono per ordine di Gesù, confidando nella sua promessa di apparire loro in quel luogo (Mt 26,31-32; Mt 28,7-10)  Il racconto di Giovanni è in armonia con quello di Matteo (Mt 28,7; Mt 16-20) e di Paolo (1 Co 15,6). Dopo la risurrezione e le prime apparizioni di Gesù ai suoi discepoli (Gv 5, 1; Gv 6, 1; Gv 7, 1). Gesù apparve di nuovo presso il mare di Tiberiade. Solo Giovanni ha dato questo nome al lago che Matteo chiama mare di Galilea (Mt 4,18), dove tutti i discepoli tornarono, seguendo il comando di Gesù e confidando nella sua promessa di apparire loro lì (Mt 26,31-32 ; Mt 28,7-10).

Il racconto di Giovanni è in armonia con quello di Matteo e di Paolo (1 Co 15,6), che hanno reso note le apparizioni di Gesù in Galilea. Dei sette discepoli presenti alla scena che segue, cinque sono nominati e ben conosciuti: Simon Pietro (Gv 1,43) ; (Gv 11,16), Natanaele (Gv 1,46), i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni (Mt 4,21). Altri due discepoli non sono stati nominati perché non erano tra gli apostoli sempre nominati in testa. M. Godet dice giustamente che questo fatto è significativo e che la spiegazione più plausibile che si può dare è che Giovanni, l’autore di questo racconto, si sia attribuito l’ultimo posto per modestia.

I discepoli, tornati in Galilea, avevano momentaneamente ripreso le loro precedenti occupazioni. Pietro, come sempre, prese l’iniziativa. Senza dubbio a causa del cambiamento avvenuto in lui dopo la sua risurrezione (Gv 20,14). Gesù disse loro : “Figlioli, non avete nulla da mangiare ? La natura miracolosa di questa pesca consisteva nella conoscenza divina con cui Gesù sapeva che sul lato destro della barca c’era una grande quantità di pesce. A questa vista, i discepoli devono essersi ricordati delle parole di Gesù, che li chiamava all’apostolato : “Seguitemi e vi farò diventare peccatori di uomini” (Mt 4,19) e dell’evento simile a cui avevano assistito (Lc 5,4).

Era anche una magnifica immagine delle immense benedizioni che Gesù avrebbe elargito al loro futuro ministero. Il significato simbolico di questa abbondante pesca non poteva sfuggire alla mente dei discepoli. semplice fatto un miracolo. Alcuni dissero che Gesù aveva creato il fuoco e il cibo; altri, che erano stati preparati dagli angeli. Al miracolo si aggiungeva poi l’allegoria: per alcuni, il cibo preparato era un’immagine della Cena del Signore ; per altri, un simbolo delle grazie con cui il Signore ristora e rafforza i suoi che lavorano nel suo regno; per altri ancora, un emblema del banchetto celeste promesso ai beati.

Ciò che Gesù voleva, per manifestarsi ai suoi discepoli, era convincerli completamente della sua risurrezione ; e per farlo, entrò in una relazione personale con loro, la più diretta delle quali fu quella di mangiare con loro, proprio come aveva fatto due volte prima.(Lc 24,30-42) Gesù gli disse : “Se voglio che rimanga fino alla mia venuta, che ti importa ? Gesù continuò a parlare con il discepolo e con questa solenne dichiarazione, che appartiene esclusivamente al quarto Vangelo : “In verità, in verità”, gli disse cosa gli sarebbe successo nella vocazione a cui era appena stato restituito.

 Gesù disse loro : “Portate un po’ del pesce che avete appena pescato”. I discepoli si stupirono di trovare un pasto preparato, pesce e pane. Molti interpreti videro in questo semplice fatto un miracolo. Alcuni dissero che Gesù aveva creato il fuoco e il cibo; altri, che erano stati preparati dagli angeli. Al miracolo si aggiungeva poi l’allegoria: per alcuni, il cibo preparato era un’immagine della Cena del Signore ; per altri, un simbolo delle grazie con cui il Signore ristora e rafforza i suoi che lavorano nel suo regno; per altri ancora, un emblema del banchetto celeste promesso ai beati.

Ciò che Gesù voleva, per manifestarsi ai suoi discepoli, era convincerli completamente della sua risurrezione; e per farlo, entrò in una relazione personale con loro, la più diretta delle quali fu quella di mangiare con loro, proprio come aveva fatto due volte prima (Lc 24,30-42)Gesù gli disse : “Se voglio che rimanga fino alla mia venuta, che ti importa? Gesù continuò a parlare con il discepolo e con questa solenne dichiarazione, che appartiene esclusivamente al quarto Vangelo : “In verità, in verità”, gli disse cosa gli sarebbe successo nella vocazione a cui era appena stato restituito.

Fu attraverso grandi prove che Pietro dimostrò a Gesù l’amore che gli aveva dichiarato per tre volte. Questa predizione assume la forma di un’immagine vivente: Potersi cingere, legare intorno ai lombi, per camminare o per lavorare, il lungo costume orientale; andare dove si vuole, è il segno dell’indipendenza, dell’attività della forza. Tale era Pietro in quel momento: quando eri più giovane di Gesù, dal punto di vista del futuro che gli annunciava. Pietro fece un uso abbondante di questa libertà, secondo la natura del suo carattere ardente e veloce. Quando Gesù gli parlò in questo modo, non era più un giovane, poiché era sposato (Mt 8,14).

La sua vecchiaia lo rendeva dipendente da qualcun altro e lo costringeva a rinunciare alla sua volontà e alla sua attività. Per un uomo del carattere di Pietro, una tale rinuncia doveva già essere un sacrificio doloroso. Ma fu ancora peggio : si ridusse a tendere le mani e ad abbandonarsi passivamente a quest’altro che lo avrebbe cinto, legato e condotto con la forza alla morte. Allora dimostrò a se stesso e agli altri di amare Gesù, al quale sacrificò la sua vita. Questo era il significato della predizione. Gli interpreti erano divisi sul significato di queste parole : “Stenderai le tue mani”. Alcuni, dai Padri a de Wette, Tholuck, Hengstenberg ed Ewald, hanno preso questa espressione alla lettera per significare che Pietro avrebbe sofferto il supplizio della croce.

 Questo fatto è stato riportato da Tertulliano, Origene, Eusebio (Storia ecclesiastica III, 1), che Pietro fu crocifisso. Altri esegeti: Meyer, Weiss, Luthardt e Godet ritengono che le parole : “stenderai le mani” non possano riferirsi all’atteggiamento dell’uomo che si lascia inchiodare alla croce, immagine con cui Gesù rappresenta la passività che non oppone resistenza. È attraverso questa morte che Pietro ha glorificato Dio. Morire al servizio di Dio e per la verità divina era il modo più eminente per contribuire alla sua gloria in questo mondo (Fl 1,20 ; 1 Pt 4,16). Così, tra i cristiani dei primi secoli, glorificare Dio divenne sinonimo di subire il martirio.

Seguitemi in questo cammino che avete intrapreso, di cui vi ho appena preannunciato l’esito e che, per voi come per me, si concluderà con la morte (Gv 21,22 ; Gv 13,36; Mt 10,38; Mt 9,9). A questo comando solenne, che riguarda tutti i cristiani, è stato dato un nuovo significato. Gli interpreti moderni hanno adottato questa spiegazione : “Tuttavia, non ne consegue che il significato del comando: seguimi, sia puramente esteriore. È chiaro che, facendo questo primo passo, Pietro intraprende il cammino di obbedienza a Gesù che lo porterà alla tragica fine del suo apostolato”. (Godet)

È con questa morte che Pietro ha glorificato Dio. Morire al servizio di Dio e per la verità divina è il modo più eminente per contribuire alla sua gloria in questo mondo (Fil 1,20; 1 Pt 4,16). Tra i cristiani dei primi secoli, la glorificazione di Dio divenne sinonimo di martirio. “Seguitemi in questo cammino che avete intrapreso, di cui vi ho appena preannunciato l’esito e che, per voi come per me, si concluderà con la morte ”. In questo modo, Gesù avrebbe voluto dire : “Seguimi dove ti porterò per poterti parlare da solo”. (Gv 21,22 ; Gv 13,36 ; Mt 10,38 ; Mt 9,9)

Gli interpreti moderni hanno adottato questa spiegazione: tuttavia, non ne consegue che il significato del comando: seguimi, sia puramente esteriore. È chiaro che, facendo questo primo passo, Pietro intraprende il cammino di obbedienza a Gesù che lo porterà alla tragica fine del suo apostolato. In questo modo, il senso superiore è naturalmente legato a quello inferiore, come Giovanni (Gv 1,44). Per quanto riguarda gli elementi di questo pasto, era difficile procurarsi pesce e pane sulle rive di un lago dove c’erano sempre pescatori? Il cibo preparato non era sufficiente per le otto persone che dovevano partecipare al pasto,

Il diacono Michel Houyoux

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◊  Ufficio per la liturgia : clicca qui per leggere l’articoloQUARTA DOMENICA DI PASQUA – C

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 ◊  Video Padre Fezrnando Armellini : clicca quihttps://youtu.be/usIiowhXswo

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Terza domenica di Pasqua – Anno C

Posté par diaconos le 29 avril 2025

 

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si manifestò ai discepoli presso il mare di Tiberiade, ed ecco come. Con lui c’era Simon Pietro, con Tommaso, chiamato Didimo (cioè Gemello), Natanaele, di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due dei suoi discepoli. Simon Pietro disse loro ; “Vado a pescare”. Essi risposero: “Verremo anche noi con te”. Così partirono e salirono sulla barca ; Ma quella notte non presero nulla.


Allo spuntare del giorno, Gesù era in piedi sulla riva, ma i discepoli non sapevano che fosse lui Gesù disse loro :“Figlioli ! Avete qualcosa da mangiare ?” Essi risposero : “No”. Allora disse loro : “Gettate la rete a destra della barca,e troverete”.

Così gettarono la rete, e questa volta non riuscirono a tirarla dentro, c’erano così tanti pesci. Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro : “È il Signore !”. Quando Simon Pietro sentì che era il Signore, si rivestì di una veste, perché non aveva nulla addosso, e si gettò in acqua.

Gli altri discepoli arrivarono in barca, trascinando la rete piena di pesci ; la terraferma distava solo un centinaio di metri. Quando arrivarono a riva videro un fuoco di brace che giaceva lì con dei pesci sopra, e del pane.Gesù disse loro “Portate un po’ del pesce che avete appena pescato”. Simon Pietro salì e tirò giù la rete piena di grossi pesci: Erano centocinquantatré. E nonostante fossero in tanti, la rete non si strappò.

 Allora Gesù disse loro : “Venite e mangiate”. Nessuno dei discepoli osò chiedergli : “Chi sei ?” Sapevano che era il Signore. Gesù si avvicinò; prende il pane e lo dà loro ; e lo stesso per il pesce. Questa era la terza volta che Gesù, risorto dai morti si mostrò ai suoi discepoli.

Quando ebbero mangiato Gesù disse a Simon Pietro : “Simone, figlio di Giovanni, mi ami davvero più di questi ? più di questi ? Egli rispose : “Sì, Signore ! Tu sai che io ti amo”. Gesù gli disse : “Sii il pastore dei miei agnelli”. Una seconda volta gli disse : “Simone, figlio di Giovanni, mi ami davvero ?

Egli rispose : “Sì, Signore! Tu sai che ti amo”. Gesù gli disse : “Sii il pastore delle mie pecore”.La terza volta gli disse : “Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu ? ” Pietro si rattristò perché Gesù gli chiese per la terza volta : “Mi ami tu?” Gli disse: “Signore, tu sai tutto: sai che ti amo”. Gesù gli disse: “Sii il pastore delle mie pecore. Amen, amen, io ti dico:

quando eri giovane, ti cingevi per andare dove volevi; quando sarai vecchio, tenderai le mani e qualcun altro ti cingerà per portarti dove non vuoi”.Gesù diceva questo per indicare il tipo di morte che Pietro avrebbe dato gloria a Dio. Poi gli disse: “Segui mi.” (Jn 21, 1-19)

Allo spuntare del giorno, Gesù era in piedi sulla riva, ma i discepoli non sapevano che fosse lui. Gesù disse loro : “Figlioli, avete qualcosa da mangiare ? ” Risposero : “No”. Disse loro : “Gettate la rete dalla parte destra della barca e la troverete”. Così gettarono la rete, e questa volta non riuscirono a tirarla dentro perché c’erano molti pesci. Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro : “È il Signore !”

Quando Sim : on Pietro sentì che era il Signore, si vestì, perché non aveva nulla addosso, e si gettò in acqua. Gli altri discepoli arrivarono in barca, trascinando la rete piena di pesci; la terraferma era a soli cento metri. Quando scesero a terra, videro un fuoco di brace con dei pesci e del pane. Gesù disse loro : “Portate un po’ dei pesci che avete appena preso”. Simon Pietro salì e tirò giù la rete piena di grossi pesci : erano centocinquantatré.

E nonostante fossero così tanti, la rete non si strappò. Allora Gesù disse loro : “Venite e mangiate”. Nessuno dei discepoli osò chiedergli : “Chi sei ?” Sapevano che era il Signore. Gesù si avvicinò ; prese il pane e lo diede loro ; e lo stesso fece con il pesce.

Era la terza volta che Gesù, risorto dai morti, si mostrava ai suoi discepoli. Gesù gli disse : “Simone, figlio di Giona, mi ami tu più di costoro ?” Egli rispose : “Sì, Signore! Tu sai che io ti amo”. Gesù gli disse : “Sii il pastore dei miei agnelli”. Una seconda volta gli disse : “Simone, figlio di Giovanni, mi ami veramente ?” Egli rispose : “Sì, Signore ! Gesù gli disse :  “Giovanni, mi ami tu ?” Pietro si rattristò perché Gesù gli chiese per la terza volta : “Mi ami tu ?”

Egli rispose : “Signore, tu sai tutto: sai che ti amo”. Gesù gli disse : “Sii il pastore delle mie pecore. Amen, amen, ti dico :  quando eri giovane, ti cingevi le spalle per andare dove volevi ; quando sarai vecchio, tenderai le mani e qualcun altro ti cingerà per portarti dove non vuoi”.

Gesù disse questo per mostrare che tipo di morte Pietro avrebbe dato gloria a Dio. Poi gli disse : “Seguimi”. (Gv 21, 1-19) La miracolosa cattura dei pesci Dopo la risurrezione e le prime apparizioni di Gesù ai suoi discepoli, Gesù si manifestò nuovamente sulle rive del mare di Tiberiade (Gv 6,1). Tutti i suoi discepoli vi si recarono per ordine di Gesù, confidando nella sua promessa di apparire loro in quel luogo (Mt 26,31-32; Mt 28,7-10).

 Il racconto di Giovanni è in armonia con quello di Matteo (Mt 28, 7; Mt 16-20) e di Paolo (1 Co 15, 6). Dopo la risurrezione e le prime apparizioni di Gesù ai suoi discepoli (Gv 5, 1; Gv 6, 1; Gv 7, 1).

Gesù apparve di nuovo presso il mare di Tiberiade. Solo Giovanni ha dato questo nome (Gv 6,1) al lago che Matteo chiama mare di Galilea (Mt 4,18), dove tutti i discepoli tornarono, seguendo il comando di Gesù e confidando nella sua promessa di apparire loro lì (Mt 26,31-32; Mt 28,7-10).

Il racconto di Giovanni è in armonia con quello di Matteo e di Paolo (1 Co 15,6), che hanno reso note le apparizioni di Gesù in Galilea. Dei sette discepoli presenti alla scena che segue, cinque sono nominati e ben conosciuti : Simon Pietro (Gv 1,43) ; (Gv 11,16), Natanael i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni (Mt 4,21).

Altri due discepoli non sono stati nominati perché non erano tra gli apostoli sempre nominati per primi. M. Godet dice giustamente che questo fatto è significativo e che la spiegazione più plausibile che si può dare è che Giovanni, l’autore di questo racconto, si sia attribuito l’ultimo posto per modestia.

I discepoli, tornati in Galilea, erano temporaneamente tornati alla loro occupazione precedente. Pietro, come sempre, prese l’iniziativa. Senza dubbio a causa del cambiamento avvenuto in lui dopo la sua risurrezione (Gv 20,14).

Gesù disse loro : “Figlioli, non avete nulla da mangiare ?” La natura miracolosa di questa pesca consisteva nella conoscenza divina con cui Gesù sapeva che sul lato destro della barca c’era una grande quantità di pesce. A questa vista, i discepoli devono essersi ricordati delle parole di Gesù, che li chiamava all’apostolato : “Seguitemi e vi farò diventare peccatori di uomini” (Mt 4,19) e dell’evento simile a cui avevano assistito (Lc 5,4).

Era anche una magnifica immagine delle immense benedizioni che Gesù avrebbe elargito al loro futuro ministero. Il significato simbolico di questa abbondante pesca non poteva sfuggire alla mente dei discepoli. Gesù disse lor : “Portate un po’ del pesce che avete appena pescato”. I discepoli si stupirono di trovare un pasto preparato, pesce e pane. Molti interpreti videro in questo semplice fatto un miracolo.

Alcuni dissero che Gesù aveva creato il fuoco e il cibo; altri, che erano stati preparati dagli angeli. Al miracolo si aggiungeva poi l’allegoria : per alcuni, il cibo preparato era un’immagine della Cena del Signore ; per altri, un simbolo delle grazie con cui il Signore ristora e rafforza i suoi che lavorano nel suo regno; per altri ancora, un emblema del banchetto celeste promesso ai beati.

Ciò che Gesù voleva, per manifestarsi ai suoi discepoli, era convincerli completamente della sua risurrezione ; e per farlo, entrò in una relazione personale con loro, la più diretta delle quali fu quella di mangiare con loro, proprio come aveva fatto due volte prima (Lc 24,30-42).

Gesù gli disse : “Se voglio che rimanga fino alla mia venuta, che ti importa ? Gesù continuò a parlare con il suo discepolo e con questa solenne dichiarazione, che appartiene esclusivamente al quarto Vangelo.  Gesù continuò la conversazione con il suo discepolo e con questa solenne dichiarazione, che appartiene esclusivamente al quarto Vangelo : “In verità, in verità, gli disse che cosa gli sarebbe accaduto in questa vocazione in cui era appena stato reintegrato”.

Fu attraverso grandi prove che Pietro dimostrò a Gesù l’amore che gli aveva dichiarato per tre volte. Questa predizione assume la forma di un’immagine viva: Potersi cingere, legare intorno ai lombi, per camminare o per lavorare, il lungo costume orientale ; andare dove si vuole, è il segno dell’indipendenza, dell’attività della forza.

Tale era Pietro in quel momento: quando eri più giovane di Gesù, dal punto di vista del futuro che gli annunciava. Pietro fece un uso abbondante di questa libertà, secondo la natura del suo carattere ardente e veloce. Quando Gesù gli parlò così, non era più un giovane, perché era sposato (Mt 8,14). La sua vecchiaia lo rendeva dipendente da qualcun altro e lo costringeva a rinunciare alla sua volontà e alla sua attività.

Per un uomo del carattere di Pietro, una tale rinuncia doveva già essere un sacrificio doloroso. Ma fu ancora peggio : si ridusse a tendere le mani e ad abbandonarsi passivamente a quest’altro che lo avrebbe cinto, legato e condotto con la forza alla morte.

Allora dimostrò a se stesso e agli altri di amare Gesù, al quale sacrificò la sua vita. Questo era il significato della predizione. Gli interpreti erano divisi sul significato di queste parole : “Stenderai le tue mani”. Alcuni, dai Padri a de Wette, Tholuck, Hengstenberg ed Ewald, hanno preso questa espressione alla lettera per significare che Pietro avrebbe sofferto il supplizio della croce.

 Questo fatto è stato riportato da Tertulliano, Origene, Eusebio (Storia ecclesiastica III, 1), che Pietro fu crocifisso. Altri esegeti: Meyer, Weiss, Luthardt e Godet ritengono che le parole : “stenderai le mani” non possano riferirsi all’atteggiamento dell’uomo che si lascia inchiodare alla croce, immagine con cui Gesù rappresenta la passività che non oppone resistenza.

È attraverso questa morte che Pietro ha glorificato Dio. Morire al servizio di Dio e per la verità divina era il modo più eminente per contribuire alla sua gloria in questo mondo (Fil 1,20 ; 1 Pt 4,16). Così, tra i cristiani dei primi secoli, glorificare Dio divenne sinonimo di subire il martirio.

Seguitemi in questo cammino che avete intrapreso, di cui vi ho appena preannunciato l’esito e che, per voi come per me, si concluderà con la morte (Gv 21,22 ; Gv 13,36 ; Mt 10,38 ; Mt 9,9). A questo comando solenne, che riguarda tutti i cristiani, è stato dato un nuovo significato.

Gli interpreti moderni hanno adottato questa spiegazione. “Tuttavia, non ne consegue che il significato del comando: seguimi, sia puramente esteriore. È chiaro che, facendo questo primo passo, Pietro intraprende il cammino di obbedienza a Gesù che lo porterà alla tragica fine del suo apostolato”. (Godet)

 È con questa morte che Pietro ha glorificato Dio. Morire al servizio di Dio e per la verità divina è il modo più eminente per contribuire alla sua gloria in questo mondo (Fil 1,20; 1 Pt 4,16).Tra i cristiani dei primi secoli, la glorificazione di Dio divenne sinonimo di martirio.

“Seguitemi in questo cammino che avete intrapreso, di cui vi ho appena preannunciato l’esito e che, per voi come per me, si concluderà con la morte” (Gv 21,22; Gv 13,36; Mt 10,38; Mt 9,9) In questo modo, Gesù avrebbe voluto dire : “Seguitemi dove vi condurrò per potervi parlare da soli”. Gli interpreti moderni hanno adottato questa spiegazione : Non ne consegue, tuttavia, che il significato del comando : seguimi, sia puramente esteriore

 È chiaro che, facendo questo primo passo, Pietro intraprende il cammino di obbedienza a Gesù che lo porterà alla tragica fine del suo apostolato. È così che il senso superiore è naturalmente legato a quello inferiore, come Giovanni (Gv 1,44) Per quanto riguarda gli elementi di questo pasto, era difficile procurarsi pesce e pane sulle rive di un lago dove c’erano sempre pescatori ? Il cibo preparato non era sufficiente per le otto persone che dovevano partecipare al pasto,


Il diacono Michel Houyoux


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Domenica della Divina Misericordia – Anno C

Posté par diaconos le 23 avril 2025

# La teologia cristiana ha sviluppato il concetto di un Dio trinitario che è Padre, Figlio di Dio e Spirito Santo. Prima del cristianesimo, il giudaismo ha sviluppato alcuni attributi di YHWH come Padre in virtù della sua creazione, dell’educazione di Dio e della sua paternità nei confronti del popolo di Israele. Gesù Cristo, nel suo insegnamento attraverso i Vangeli, definisce la paternità di Dio come l’elemento essenziale di Dio insieme all’Amore.
Questa paternità di Dio è particolare per Gesù, che presenta la sua filiazione con lui. I cristiani sono chiamati da Gesù a una paternità adottiva. I suoi insegnamenti sulla paternità di Dio indicano che questa paternità è aperta a tutti, buoni e cattivi.

La dottrina cristiana concettualizzerà gradualmente la paternità di Dio attraverso il dogma della Trinità. La rappresentazione di Dio nell’arte, dapprima proibita nel cristianesimo primitivo basato sul giudaismo, e poi sviluppatasi per diversi secoli attraverso la pittura e la scultura, raffigura Dio Padre in diverse vesti: come luce, o come persona anziana generalmente con la barba bianca.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni

Fu dopo la morte di Gesù. La sera del primo giorno della settimana, quando le porte del luogo in cui si trovavano i discepoli erano chiuse per paura dei Giudei, Gesù venne e si fermò in mezzo a loro. Disse loro : « Pace a voi ! Dopo aver detto questo, mostrò loro le mani e il costato. « 

I discepoli furono pieni di gioia nel vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo : « Pace a voi ! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi ». Detto questo, alitò su di loro e disse : “Ricevete lo Spirito Santo. »

Ma uno dei Dodici, Tommaso, chiamato Didimo, cioè Gemello, di cui conserverai i peccati, non era con loro quando venne Gesù. (Jn 20, 19-31) Gli altri discepoli gli dissero : « Abbiamo visto il Signore ! Ma egli disse loro : « Se non vedo il segno dei chiodi nelle sue mani, se non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò ! »

Otto giorni dopo, i discepoli erano di nuovo nella casa e Tommaso era con loro. Quando le porte furono chiuse, Gesù venne e si fermò in mezzo a loro. Disse : « Pace a voi !. « 

Poi disse a Tommaso : “Metti qui il tuo dito e vedi le mie mani; metti qui la tua mano e mettila nel mio fianco: smetti di essere un incredulo, diventa un credente”. Allora Tommaso gli disse :  » Mio Signore e mio Dio ! « 

Gesù gli disse : « Perché mi hai visto, tu credi. Beati quelli che credono senza aver visto ». Ci sono molti altri seg:ni che Gesù compì in presenza dei discepoli e che non sono scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché credendo abbiate la vita nel suo nome. (gv 20-19, 31)

Gesù appare ai discepoli

Gesù stava lì in mezzo a loro :  » Ma essi non vedevano come fosse entrato, perché le porte erano chiuse ». È chiaro che Giovanni vide in questa apparizione di Gesù qualcosa di misterioso, soprattutto perché menziona la stessa circostanza nella seconda apparizione di Gesù ; tutti i tentativi fatti per spiegare l’ingresso di Gesù in modo naturale non ebbero successo.

Gesù stava in mezzo a loro : ma essi non videro come fosse entrato, perché le porte erano chiuse ». È chiaro che Giovanni vide in questa apparizione di Gesù qualcosa di misterioso, tanto più che menziona la stessa circostanza nella seconda apparizione di Gesù ; tutti i tentativi fatti per spiegare l’ingresso di Gesù in modo naturale hanno fatto violenza al testo.

Calvino e alcuni altri esegeti pensavano che le porte si fossero aperte come segno della maestà divina di Gesù. Se così fosse, Giovanni lo avrebbe raccontato in modo semplice. Inoltre, anche questo sarebbe stato un miracolo.

Spesso i discepoli non lo riconoscevano a prima vista ed egli doveva dimostrare loro che era proprio lui che vedevano (Gv 20,14; Gv 20,20-27; Lc 4,16; Lc 24,37-40). Questa apparizione di Gesù in mezzo ai suoi discepoli, il giorno stesso della sua risurrezione, è la stessa del racconto più completo di Luca (Lc 24, 36-48)

.Le sue mani furono trafitte e il suo fianco portò la ferita della lancia (Gv 19,34). Gesù, sapendo quanto fossero deboli i suoi discepoli e quanto fosse difficile per loro credere nella sua risurrezione, si è scusato di dare loro una prova visibile e tangibile (Gv 20,27; Lc 24,40; 1 Gv 1,1), ma allo stesso tempo ha detto loro che non era questo a costituire la fede, che è un atto libero della coscienza e del cuore.

Quando i discepoli videro il Signore, si rallegrarono; questa gioia viva sostituì nei loro cuori i dubbi pieni di angoscia di cui avevano sofferto per tre giorni. Era come il sole che sorge in mezzo alle tenebre e alla tempesta.

La promessa di Gesù si era già realizzata in loro (Gv 16,22). C’è qualcosa di solenne nella ripetizione di questa grande e dolce parola : La pace sia con voi. Vedendo i discepoli convinti e gioiosi, Gesù voleva assicurarli di questo bene supremo, la pace, che ai suoi occhi era ancora più preziosa della gioia.

Alcuni esegeti collegano queste parole al versetto seguente : « Gesù, dopo aver dato ai suoi discepoli la pace per se stessi, volle dare loro la pace per la missione di cui li aveva incaricati.
Il momento attuale è stato scelto mirabilmente, perché Gesù ha rivestito i suoi discepoli dell’apostolato che sarebbe seguito alla sua risurrezione, di cui dovevano essere testimoni davanti al mondo (At 1,21-22 ; At 2,32 ; At 4,2).

Qui troviamo sia il simbolo che la realtà : il simbolo in questa azione di Gesù: Egli soffiò su di loro, un’azione tanto più significativa in quanto il soffio o il vento è designato con la stessa parola dello spirito (Ez 37,5 ; Gv 3,8 ; At 5,12)

La realtà è chiaramente indicata da queste parole: Ricevete lo Spirito Santo. Non si tratta di un semplice rinnovo della promessa che si sarebbe realizzata a Pentecoste ; e Giovanni non pretende di raccontare qui la potente effusione dello Spirito che ebbe luogo in quel momento, come pensano coloro che sostengono che Giovanni abbia collocato l’ascensione e la discesa dello Spirito Santo nello stesso giorno della risurrezione

Gesù aveva appena equiparato la missione dei suoi discepoli alla sua, che essi dovevano continuare sulla terra. Ora, come era venuto per aprire o chiudere il cielo a tutti gli uomini, per pronunciare la loro assoluzione o la loro condanna (Mt 9,6 ; Gv 9,41 ; Gv 15,22),

vuole che anche i suoi inviati esercitino questa formidabile funzione, che è il coronamento della sua opera (Mt 6,19). È solo attraverso lo Spirito che essi potranno realizzare questa parte essenziale della loro missione. Lo Spirito sarà il principio, la forza che si manifesterà

Questa attività non sarà quindi privilegio dei soli apostoli o dei loro cosiddetti successori. Poiché tutti i credenti sono agenti dello Spirito Santo, tutti potranno perdonare e trattenere i peccati. Rivestiti della forza dello Spirito, essi svolgeranno questo ufficio non con la propria autorità, ma unicamente nel nome di Dio e del Salvatore.

Questo Spirito di luce e di vita darà loro il discernimento necessario per assicurarsi che coloro ai quali rimetteranno i peccati siano anime impregnate di pentimento e di fiducia nella grazia loro offerta.

In queste condizioni, l’esperienza ha dimostrato che può essere un’immensa benedizione per un’anima scoraggiata e angosciata ricevere direttamente e personalmente, attraverso la voce di un servo di Dio, l’assicurazione del perdono dei suoi peccati.

Non c’è nulla di simile all’assoluzione sacerdotale praticata in alcune Chiese. Giovanni ha già descritto questo discepolo in due particolari, con il suo carattere cupo, incline al dubbio, alla critica e allo scoraggiamento (Gv 11,16 ; Gv 4,5).

Ma è soprattutto in questo racconto che Tommaso si mostra a noi come era. Innanzitutto, lo vediamo assente dalla cerchia dei suoi discepoli quando Gesù apparve loro. Senza dubbio, avendo perso ogni speranza, aveva cercato la solitudine per abbandonarsi ai suoi tristi pensieri, e così facendo si era privato di una grazia immensa.

Durante quegli otto giorni, Gesù non apparve più, anche se i discepoli si erano spesso riuniti per aspettarlo.Non appena il Signore ebbe rivolto la sua parola di pace ai discepoli, parlò direttamente a Tommaso. Conosceva la sua condizione, perché lui stesso sapeva cosa c’era nell’uomo (Gv 2, 25).

E si è mostrato indulgente nel dare a questo discepolo tutte le prove che aveva chiesto : “Se un fariseo avesse posto queste condizioni come Tommaso, non avrebbe ottenuto nulla; ma a un discepolo, fino ad allora provato, nulla viene rifiutato”.

Bengel Tuttavia, ripetendo di proposito le parole di Tommaso, Gesù lo fa sentire in torto e lo copre di confusione. Conclude con questo grave avvertimento: “Non diventare un incredulo, ma un credente”.

Hai creduto ! Nonostante l’affettuoso rimprovero che Gesù esprime in queste parole, non crediamo che vadano prese in senso interrogativo, come se Gesù mettesse in dubbio la fede di questo discepolo.

Oppure, dichiarando felici coloro che hanno creduto senza vedere, Gesù intendeva dire che la fede poteva nascere senza alcun motivo per credere ? No, ma Tommaso si era trovato in una situazione particolare che gli dava tutte le ragioni per credere.

Dieci dei suoi discepoli, di cui non poteva sospettare l’intelligenza e la buona fede, gli avevano detto con gioia : “Abbiamo visto il Signore” e lui, contestando questa testimonianza, aveva preteso una dimostrazione materiale dei sensi.

Questo era irragionevole ; perché significava ignorare e negare il valore della testimonianza, su cui poggia la maggior parte della nostra conoscenza e delle nostre convinzioni, anche nelle cose di questo mondo ; e quanto più nelle verità religiose che devono legare la nostra anima al Dio invisibile !

Ecco perché Gesù ha stabilito questo grande principio per il suo regno: Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! La fede è, infatti, un atto morale della coscienza e del cuore, indipendente dai sensi.

Tutti gli oggetti della fede appartengono al mondo invisibile, e da diciannove secoli la Chiesa cristiana crede in Gesù Cristo e nella sua risurrezione sulla base della stessa testimonianza apostolica che Tommaso rifiutò

Chi fa dipendere la propria fede dalla vista, dai sensi o dal ragionamento : La espone a una disastrosa instabilità, poiché le cose visibili sono solo per un tempo, mentre le sole cose invisibili sono eterne » (2 Cor 4,18).

Per questo Gesù dichiara felici coloro che credono in lui; perché la fede, unendoci a lui, ci mette in possesso dei tesori di grazia, di pace, di amore e di vita che sono in lui e che solo costituiscono la vera felicità dell’anima umana

Questo è dunque l’obiettivo alto e santo del discepolo che Gesù amava, ed è alla luce di questa affermazione che va letto tutto il suo Vangelo. “Perché crediate“, dice ai suoi lettori, ”che Gesù è il Cristo, il Messia » (Gv 1,42-46), l’Unto del Signore, il Salvatore del mondo, promesso al suo popolo.

Ma Gesù può essere tutto questo solo se è il Figlio di Dio, nel senso esclusivo che tutto il nostro Vangelo dà a questo nome. Questa fede non è una fredda opinione dell’intelletto.
Chi la possiede ha allo stesso tempo la vita, la vita dell’anima.

Infine, l’unica fonte di questa vita è nel suo nome, questo nome che è l’espressione di tutto il suo essere.

Il Diacono Michel Houyoux

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Trentunesima domenica del Tempo Ordinario Anno B

Posté par diaconos le 29 octobre 2024

Il duplice comando dell'Amore - Impegno Educativo

# La carità è sinonimo di giustizia nell’ebraismo, secondo il Comandamento divino, e fa parte del principio della Tzedaka. Secondo la teologia cristiana, si riferisce all’amore dell’uomo per Dio, per se stesso e per il prossimo in quanto creatura di Dio. La carità è anche definita come una delle tre virtù teologiche del cristianesimo (insieme alla fede e alla speranza). Nel linguaggio comune, la carità è una virtù che ci porta a desiderare e a fare del bene agli altri. È un modo di servire le persone attraverso atti ispirati dall’amore per il prossimo.

Il concetto di hessed (carità, gentilezza, amore per Dio e per il prossimo) compare 246 volte nella Torah. Tuttavia, hessed fa parte del più ampio principio ebraico di Tsedaka, che significa “giustizia” e “rettitudine”, e che è una mitsva (cioè un comandamento e una buona azione) che gli ebrei devono adempiere nel corso della loro vita4. Fa parte dell’insieme delle Gemilut Hasadim (da gamol “compiere, pagare” e hessed) che costituiscono gli “atti di carità” che gli ebrei devono compiere. La carità è la regina delle virtù: l’amore per Dio e per il prossimo. Dal punto di vista cristiano, è la virtù teologica con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per amore suo e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio.

Assicura e purifica il potere umano di amare e lo eleva alla perfezione soprannaturale dell’amore divino. Paolo di Tarso la definisce nel capitolo 13 della sua Prima Lettera ai Corinzi. Nella tradizione iconografica cristiana, l’allegoria della Carità è spesso quella di una giovane donna che allatta i bambini. Anche i pittori italiani del Rinascimento hanno rappresentato la Carità come una giovane donna che allatta un vecchio emaciato, in linea con il tema della Carità romana.

Il comandamento dell’amore

Secondo Matteo, uno scriba inviato dai farisei si avvicinò a Gesù e gli pose la domanda per tentarlo o metterlo alla prova. Per quanto riguarda la citazione del grande comandamento dell’amore da parte di Gesù, solo Marco la precede con queste parole: “Ascolta, o Israele, il Signore nostro Dio è un solo Signore”. Queste parole, prese in prestito da Deuteronomio 6,4-5, si trovano nella stessa connessione con il dovere di amare Dio. Solo un Dio può essere oggetto di amore supremo.

A questi tre termini, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, che si trovano in Matteo, Marco ha aggiunto: con tutte le tue forze, in accordo con l’ebraico, che invece non contiene la parola “mente”. Il comandamento di amare il prossimo è citato qui da Levitico 19,18. La risposta dello scriba e l’approvazione di Gesù si trovano solo in Marco.

Lo scriba sottolinea il principio dell’unità di Dio, come gli aveva ricordato Gesù. Nell’enumerazione delle facoltà dell’anima, che devono essere tutte permeate dall’amore di Dio, lo scriba sostituisce la parola “ pensiero ” con “intelligenza”, intendendo quella ragione superiore e morale che penetra e abbraccia l’intera relazione tra l’uomo e Dio, uniti dall’amore.

Gesù, che poteva leggere nel cuore di questo scriba e conosceva la sincerità e la serietà delle parole che aveva appena pronunciato, poteva, per incoraggiarlo, dargli questa testimonianza, e gliela diede con tanta più gioia e amore perché il suo interlocutore apparteneva a una classe di uomini generalmente contrari al suo insegnamento. Non essere lontani dal regno di Dio significa essere vicini ad esso, ma non esservi ancora entrati.

Matteo fa la stessa osservazione dopo la domanda sull’origine di Cristo. Marco la colloca dopo la discussione sul comandamento più grande. Questa conversazione impressionò profondamente gli oppositori, poiché uno di loro si era appena dichiarato d’accordo con Gesù sul punto centrale della vera religione.

Il diacono Michel Houyoux

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La Voce e il Tempo : clicca qui per leggere l’articolo → Il primo di tutti i comandamenti – La Voce e il Tempo

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