Mercredi de la vingt-troisième semaine du Temps Ordinaire – Année Paire

Posté par diaconos le 11 septembre 2024

Évangile de Jésus Christ - Luc 6, 20-26 Heureux, vous les pauvres …

De l’Évangile de Jésus Christ selon Luc

En ce temps-là, Jésus, levant les yeux sur ses disciples, déclara : « Heureux, vous les pauvres, car le royaume de Dieu est à vous. Heureux, vous qui avez faim maintenant, car vous serez rassasiés. Heureux, vous qui pleurez maintenant, car vous rirez. Heureux êtes-vous quand les hommes vous haïssent et vous excluent, quand ils insultent et rejettent votre nom comme méprisable, à cause du Fils de l’homme. Ce jour-là, Réjouissez-vous, tressaillez de joie, car alors votre récompense est grande dans le ciel ; ’est ainsi, en effet, que leurs pères traitaient les prophètes.

Mais quel malheur pour vous, les riches, car vous avez votre consolation ! Quel malheur pour vous qui êtes repus maintenant, car vous aurez faim ! Quel malheur pour vous qui riez maintenant, car vous serez dans le deuil et vous pleurerez !  Quel malheur pour vous lorsque tous les hommes disent du bien de vous ! C’est ainsi, en effet, que leurs pères traitaient les faux prophètes. » (Lc 6, 20-26)

Le discours sur la montagne

Jésus proclama le bonheur de ceux que leur condition rendit propres à avoir part au royaume de Dieu, et le malheur de ceux qui en furent exclus par leurs dispositions.

La loi du royaume de Dieu

a) L’amour et ses diverses manifestations. La règle première, que Jésus énonça avant tout, ce fut la charité. Elle nous porte à aimer ceux qui nous haïssent, à supporter ceux qui nous maltraitent et nous dépouillent. Elle se résume dans ce précepte : faire aux autres ce que nous voudrions qui nous fût fait.

 b) L’amour opposé aux sentiments naturels. Jésus fit ressortir les caractères distinctifs de la charité en l’opposant aux sentiments naturels qui se bornent à rendre le bien pour le bien, tandis que la charité se montre absolument désintéressée.

c) Le but et le modèle de l’amour. Cette charité désintéressée a pour unique but Dieu, dont elle nous fait les fils en nous rendant miséricordieux comme lui. C’est là sa grande récompense.

d) L’esprit de jugement et les relations fraternelles. Jésus met en ésus proclame le bonheur de ceux que leur condition rend propres à avoir part au royaume de Dieu, et le malheur de ceux qui en sont exclus par leurs dispositions (20-26).

.Jésus mit en garde contre l’esprit de jugement, si opposé à la vraie charité ; il promit en retour l’indulgence et le pardon. Il exhorta à donner, et promit la compensation à celui qui donnera. Un aveugle ne peut conduire un aveugle ; le disciple n’est pas plus que le Maître. Ne regardez pas la paille dans l’œil de votre frère. Pour ne pas vous rendre coupables d’une telle hypocrisie, et pour être dans vos relations avec vos frères tout ce que vous devez être, souvenez-vous que le fruit répond à l’arbre ; efforcez-vous d’être de bons arbres, d’avoir dans votre cœur un bon trésor.

Conclusion pratique du discours

Jésus recommande à ses auditeurs de ne pas se contenter de l’appeler Seigneur, mais de pratiquer fidèlement le principe du royaume de Dieu. Ils seront ainsi semblables à l’homme qui a bâti sa maison sur le roc ; tandis que ceux qui ne mettent pas en pratique les paroles du Maître ressemblent à l’homme qui bâtit sa maison sur la terre.

Compléments

Diacre Michel Houyoux : cliquez ici → LA FAMILLE DOIT ÊTRE UN LIEU DE PARDON

Diacre Michel Houyoux : cliquez ici → La maison construite sur le roc et la maison construite sur le sable

Regnum Christi : cliquez ici → Heureux, vous les pauvres, car le royaume de Dieu est à eux

Catholique.org. : cliquez ici → Heureux les pauvresLes méditations

 Vidéo L’argent et le bonheur : cliquez ici https://youtu.be/VTZaMXGquHg

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Ventiquattresima domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Posté par diaconos le 10 septembre 2024

BLOG di www.maranatha.it: XXIV Domenica del Tempo Ordinario, Anno B ...

# Il Figlio dell’uomo è una figura escatologica utilizzata negli ambienti apocalittici giudaici a partire dal periodo postesilico. Questa espressione compare in particolare nel Libro di Daniele. Nei Vangeli, è il titolo più spesso usato da Gesù quando parla di se stesso. L’espressione stessa è una traduzione letterale del greco uios tou anthrôpou, un trasferimento dell’aramaico bar nasha, parole utilizzate all’epoca di Gesù come sostituto linguistico di “essere umano”.

Le interpretazioni a cui ha dato luogo nel cristianesimo hanno spostato il significato iniziale sull’umanità di Gesù. La sua prima attestazione risale al settimo capitolo del Libro di Daniele, datato alla persecuzione di Antioco Epifane, poco prima della rivolta dei Maccabei (160 a.C. circa). Nel Nuovo Testamento ci sono più di ottanta passi in cui Gesù di Nazareth si definisce “Figlio dell’uomo”. Questo era il titolo che usava più frequentemente quando parlava di sé. Egli si presentava come il futuro giudice escatologico.

# La kenosi è un concetto della teologia cristiana espresso da una parola greca, κένωσις, “azione di svuotamento, di spogliazione di tutto” ; il significato di questo concetto nel cristianesimo è illuminato dalla Lettera di Paolo ai Filippesi (Fil 2,6).  Questa nozione ha dato origine a numerosi sviluppi teologici che pongono grande enfasi sull’abbassamento di Dio. La teologia della kenosi affronta il mistero del male affermando che è innanzitutto Dio a soffrire e non l’uomo : “Ma no, Dio non permette mai il male, ne soffre, ne muore, ne è innanzitutto vittima”.

La teologia della kenosi è stata formalizzata dai Padri della Chiesa e ha fatto parte dei dibattiti cristologici dei primi concili. La teologia della kenosi è stata formalizzata dai Padri della Chiesa e ha fatto parte dei dibattiti cristologici dei primi concili. La kenosi non riguarda la natura divina di Cristo, ma solo la sua umanità.  Per Paolo di Tarso, la teologia della kenosi afferma che l’incarnazione del Verbo corrisponde a una rinuncia agli abituali privilegi divini: Dio è solo Amore e gli attributi di Dio sono solo gli attributi dell’Amore. Per Moltmann, un Dio che è solo onnipotente è un essere imperfetto.

# Il nome “Satana” appare per la prima volta nella Bibbia ebraica. Per Daniel E. Gershenson, esiste una forte possibilità che il nome “Satana” derivi dal greco e la sua etimologia sarebbe “colui che abita nei cieli”. Nella tradizione cristiana, Satana è citato nel Libro di Giobbe e nei Vangeli da Gesù, che lo chiama “principe di questo mondo”. Viene identificato con il capo degli angeli caduti. Questa visione si basa sugli scritti biblici : l’angelo ribelle era caduto secondo Isaia ed Ezechiele nell’Antico Testamento e Pietro e Giuda nel Nuovo Testamento.

Secondo l’insegnamento del Catechismo della Chiesa cattolica romana, gli angeli sono stati tutti creati da Dio per essere buoni, ma alcuni sono diventati cattivi e si sono rivoltati contro il loro creatore. Poiché gli angeli non hanno bisogno della fede, in quanto hanno già la conoscenza di tutte le cose celesti, la loro ribellione a Dio costituisce un atto imperdonabile per coloro che lo dicono, cioè gli uomini che lo scrivono, cioè che tradire l’Eterno è anche tradire il Tempo, è una caduta fatale, un errore fatale. Matteo ha definito questa ribellione un peccato imperdonabile in questa o in un’epoca futura. Satana è anche identificato con il Serpente della Genesi.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco

In quel tempo, Gesù se ne andò con i suoi discepoli nei villaggi intorno a Cesarea di Filippo. Mentre andava, chiese ai suoi discepoli : “Chi dice la gente che io sia ?” Gli risposero : “Giovanni il Battista ; per altri, Elia ; per altri ancora, un profeta”. Ed egli chiese loro : “E voi cosa dite ? Chi pensate che io sia ? Pietro rispose : “Tu sei il Cristo”. Poi proibì loro con forza di parlare di lui a chiunque. Cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molte cose, che doveva essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, che doveva essere ucciso e che tre giorni dopo sarebbe risorto.

 Gesù lo disse apertamente. Pietro lo prese in disparte e cominciò a rimproverarlo aspramente. Ma Gesù si voltò e, vedendo i suoi discepoli, gridò a Pietro : “Vattene da me, Satana! I tuoi pensieri non sono di Dio, ma degli uomini”. Chiamata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro : “Se qualcuno vuole seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. (Mc 8, 27-35)

I discepoli credettero in Gesù

Quando i discepoli credettero in Gesù e lo confessarono come il Cristo, il Figlio di Dio, egli poté parlarne loro apertamente, e lo fece anche, per dissipare, se possibile, ogni falsa idea messianica che ancora avevano, e per prepararli a condividere le sue umiliazioni e i suoi dolori. Anche Marco (Mc 8,31) e Luca (Lc 9,20-22) mettono in relazione questa predizione direttamente con la confessione di Pietro. Marco aggiunge che egli disse loro con coraggio queste parole. È quando nasce la vera fede che il cristiano deve aspettarsi contraddizioni e sofferenze.

Per quanto riguarda Gesù, era necessario, dice. Una necessità misteriosa, fondata sul decreto della giustizia e della misericordia di Dio, annunciato nelle Scritture. Doveva essere fatto se non si voleva che il mondo perisse nel suo peccato.  Questo è ciò che Dio non voleva, e Gesù accetta la volontà del Padre per amore : “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. (Gv 3,14)

Il Sinedrio era composto da tre classi di uomini: gli anziani, i capi dei sacerdoti e gli scribi, o maestri della legge. C’era qualcosa di solenne nel modo in cui Gesù li nominava in dettaglio e li vedeva cospirare contro di lui per ucciderlo. Questa era la tragica rottura tra la teocrazia e il Messia e il suo regno ! Dopo la sconfitta, il trionfo; dopo la morte, la vita! Se una di queste predizioni aveva sopraffatto i discepoli, l’altra era destinata a sollevarli.

Ma qui i critici trovarono un ostacolo, e non si poteva negare che ci fosse una difficoltà. Non riuscendo a risolvere la questione, alcuni hanno messo in dubbio la predizione, mentre altri,   Meyer, per esempio, supponeva che la predizione fosse vaga e oscura. Ma non sono stati gli stessi evangelisti a darci la risposta all’enigma? Ancora pieni del loro pregiudizio ebraico su un Messia glorioso, non capivano assolutamente nulla di questa predizione della sua sofferenza e risurrezione.

“Ma essi non ne compresero nulla ; era per loro un linguaggio nascosto, parole di cui non afferravano il significato”. (Lc 18,34) L’esempio di Pietro dimostra che ha sentito meglio le parole di Gesù, ma che si è rifiutato risolutamente di entrare nei suoi pensieri. Come poteva un evento così straordinario come la risurrezione non sembrare loro incredibile ? E anche se non fossero stati così carenti nella comprensione di questo mistero, non c’era forse un’immensa distanza tra il comprendere e il credere ?

Questa riprovazione che Pietro si permetteva aveva senza dubbio lo scopo di convincere Gesù che era destinato a qualcosa di diverso da una simile fine. C’era amore per Gesù nella commozione di Pietro, ma più che altro ignoranza, anche quando invocava misericordia nei suoi confronti.   La sicurezza con cui Pietro affermava che ciò non sarebbe accaduto gli attirò le severe parole di Gesù : “Vattene via da me, Satana; tu mi sei di scandalo, perché non pensi alle cose di Dio, ma alle cose degli uomini”.

Gesù si allontanò indignato. Satana significa l’avversario, colui che resiste ; ma questo nome veniva comunemente dato al diavolo e Gesù, chiamando Pietro così, voleva fargli capire che in quel momento stava facendo l’opera del tentatore.  Lo dimostra lo scandalo che Gesù trovò nelle parole di Pietro. Gesù aveva bisogno di tutta la sua santa risoluzione e di tutta la sua forza per affrontare la sofferenza.

Pietro gli presenta la stessa tentazione di Satana nel deserto, offrendogli i regni del mondo e la loro gloria : “Il diavolo lo condusse di nuovo su un monte altissimo, gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse : ‘Tutte queste cose ti darò se ti prostrerai e mi adorerai’”. (Mt 4,8-9) Pietro non pensava ai suoi grandi progetti di redenzione del mondo attraverso le sofferenze del Mediatore, ma alle idee carnali di un Messia glorioso. Ma queste parole, applicabili in ogni tempo, hanno una portata molto più generale.

 Chi è colui che si presenta agli uomini come l’oggetto supremo del loro amore, al quale devono sacrificare tutto, persino la loro stessa vita ? Chi parla così è Dio, oppure bestemmia mettendosi al posto di Dio.

Il diacono Michel Houyoux

Link ad altri siti cristiani

◊ Dicastero per il Clero : clicca qui per leggere l’articolo → Omelie per il Clero

 ◊ Chiesa Cristiana La Torre : clicca qui per leggere l’articolo → Credere sempre più in Gesù – Giovanni 2:1-12

 Video Padre Fernando Armellini: clicca qui → https://youtu.be/0advO8w4oBg

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Mardi de la vingt-troisième semaine dui Temps Ordinaire – Année Paire

Posté par diaconos le 10 septembre 2024

Les Douze Apôtres de Jésus

 Les douze  apôtres choisis par Jésus

# Le Nouveau Testament emploie plusieurs fois le mot apôtre. Il s’applique à plusieurs catégories de personnes bien distinctes : les témoins de la Résurrection de Jésus, envoyés pour annoncer cet événement; un des ministères de l’Église primitive ; deux fois dans les évangiles (Mt 10,2 et Lc 6,13) : le groupe des Douze choisis par Jésus, d’abord pour les envoyer (Mt 10, 5-42), enfin pour être avec lui et pour signifier symboliquement le peuple de la fin des temps (Mt 19, 28).

Paul, qui ne fit pas partie des Douze Apôtres, est surnommé l’Apôtre sans autre précision, ou encore l’apôtre des Gentils .Le mot apôtre désigne un des douze disciples de Jésus-Christ. Il s’applique aussi aux personnes qui enseignent et répandent une religion à la manière des apôtres de Jésus. Par extension, il qualifie aussi les propagateurs d’une doctrine, d’une opinion, d’une cause. Dans le vocabulaire familier, apôtre désigne une personne qui va écouter aveuglément son maître à penser et qui propage activement ses idées.

Le Nouveau Testament témoigne aussi d’un apostolat conçu, dans la première Église, comme l’un des ministères essentiels. Les lettres de Paul parlent de faux apôtres. (2 Co 11, 13) Le premier exemple de texte apostolique est sans doute la lettre apostolique envoyée à l’Église d’Antioche à la suite des discours de Pierre (Ac 15, 7-12) et Jacques (Ac 15, 13-21) sur la décision du concile de Jérusalem sur l’observance des règles traditionnelles du judaïsme, notamment la circoncision (vers l’année 50).

Les textes ne sont pas toujours explicites sur le contenu de ce ministère, dont on peut penser qu’il comportait une dimension missionnaire itinérante : c’est ainsi que la Didachè atteste leur existence en Syrie au début du deuxième siècle. L’apostolat en effet, contrairement à l’épiscopat, ne s’exerce pas sur un territoire circonscrit et précis : il a une dimension universelle. Pierre en effet présida d’abord l’Église d’Antioche avant de présider l’Église de Rome.

La tradition de l’Église, en suivant les textes des Actes des Apôtres, adopte un collège apostolique modifié depuis la défection et la trahison de Judas l’Iscariote. Elle remplace celui-ci par Matthias et surtout par Paul. Le plus souvent, ces deux apôtres additionnels figurent ensemble parmi les Douze au détriment de l’un des onze appelés par Jésus-Christ. En tout cas Paul figure toujours dans le collège apostolique, à la seconde place après Pierre. La Tradition apostolique a été définie par Hippolyte de Rome au début du IIIe siècle.

C’est sur l’existence de ce ministère de l’Église antique que Calvin s’appuiera pour restructurer les ministères des Églises de la Réforme. Après les temps proprement apostoliques marquant la première période de l’histoire du christianisme, le terme apôtre s’applique aux missionnaires qui évangélisèrent un peuple ou un pays, souvent en dehors de leur lieu d’origine, et fondèrent ainsi une chrétienté locale, donna le nom de Pierre, André son frère, Jacques, Jean, Philippe, Barthélemy, Matthieu, Thomas, Jacques fils d’Alphée, Simon appelé le Zélote, Jude fils de Jacques, et Judas Iscariote, qui devint un traître. Jésus descendit de la montagne avec eux et s’arrêta sur un terrain plat.

Il y avait là un grand nombre de ses disciples et une grande multitude de gens venus de toute la Judée, de Jérusalem, et du littoral de Tyr et de Sidon. Ils étaient venus l’entendre et se faire guérir de leurs maladies ; ceux qui étaient tourmentés par des esprits impurs retrouvaient la santé. Et toute la foule cherchait à le toucher, parce qu’une force sortait de lui et les guérissait tous. (Lc 6, 12-19)

De l’Évangile de Jésus Christ selon Luc

    En ces jours-là, Jésus s’en alla dans la montagne pour prier, et il passa toute la nuit à prier Dieu.     Le jour venu, il appela ses disciples et en choisit douze auxquels il donna le nom d’Apôtres :
Simon, auquel il donna le nom de Pierre, André son frère, Jacques, Jean, Philippe, Barthélemy,     Matthieu, Thomas, Jacques fils d’Alphée, Simon appelé le Zélote, Jude fils de Jacques, et Judas Iscariote, qui devint un traître.

    Jésus descendit de la montagne avec eux et s’arrêta sur un terrain plat. Il y avait là un grand nombre de ses disciples et une grande multitude de gens venus de toute la Judée, de Jérusalem, et du littoral de Tyr et de Sidon. Ils étaient venus l’entendre et se faire guérir de leurs maladies ; ceux qui étaient tourmentés par des esprits impurs retrouvaient la santé. Et toute la foule cherchait à le toucher, parce qu’une force sortait de lui et les guérissait tous. (Lc 6, 12-19)

Jésus en ces jours-là passa une nuit en prières sur la montagne. Le jour venu, il assembla autour de lui ses disciples dont il choisit douze, auxquels il donna le titre d’apôtres. Jésus revenu auprès de la foule opéra des guérisons. Jésus avec ses disciples redescendit jusqu’à un plateau de la montagne. Il y trouva une grande multitude, accourue de toute la Palestine. Une puissance divine, sortant de lui, opéra des guérisons.

D’une part, Jésus était parvenu au faite de son activité et de sa puissance divine. D’autre part, la haine de ses adversaires et leurs desseins meurtriers hâtaient la crise qu’il prévoyait déjà comme inévitable. Dans ces graves circonstances, il prit parmi ses disciples les douze apôtres et les établit comme ses témoins et ses ambassadeurs, chargés de continuer après lui son œuvre dans le monde.

Il se prépara à cet acte solennel par la prière dans un lieu écarté. Luc raconta fréquemment que Jésus se retirait dans la solitude pour prier. Luc ajouta seul que Jésus leur donna le titre d’apôtres, envoyés auprès de notre humanité pour continuer son œuvre par la prédication de l’Évangile.

Le nom d Jude, fils de Jacques, est propre à Luc. L’existence d’un apôtre de ce nom fut confirmée par Jean. Les évangélistes rappelèrent que Judas dénonça Jésus pour le faire arrêter. Matthieu, dans sa liste des apôtres, les nomma deux par deux : Pierre et André, Jacques et Jean, etc. Ce groupement répondait à la réalité historique, chaque paire ainsi réunie était liée, soit par des liens de parenté, soit d’une autre manière.

Quel auditoire se trouva là réuni pour entendre le discours de Jésus ! Des gens s’assemblèrent fréquemment autour de lui pour l’entendre, une grande multitude de peuple, accourue de toutes les contrées environnantes, soit pour l’entendre, soit pour être guéris de leurs maladies; plusieurs de ces malheureux qui étaient en proie à la puissance des ténèbres : et ils étaient guéris. Ceux même qui ne pouvaient pas attirer sur eux l’attention de Jésus, au milieu de cette foule, et ils éprouvaient qu’une puissance divine sortait de lui et les guérissait tous.

Diacre Michel Houyoux

Compléments

◊ Diacre Michel Houyoux : cliquez ici pour lire l’article → Ce ne sont pas les gens bien portants qui ont besoin du médecin

◊ Un ami : cliquez ici pour lire l’article  →Saint frère André, un humble religieux de la Congrégation Sainte Croix

◊ Thrueway  : cliquez ici pour lire l’article → Jésus choisit ses disciples

 ◊ Regnum Christi : cliquez ici pour lire l’article → Il passa toute la nuit à prier Dieu ; il appela ses disciples et en choisit douze auxquels il donna le nom d’apôtres

 Vidéo  Notre mission → https://youtu.be/a3sJ

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Vingt-quatrième dimanche du Temps Ordinaire – Année Paire

Posté par diaconos le 9 septembre 2024

Tu es le Christ… Il fallait que le Fils de l’homme souffre beaucoup ...

# Le Fils de l’Homme est une figure eschatologique en usage dans les milieux apocalyptiques judaïques dès la période post-exilique. Cette expression apparaît notamment dans le Livre de Daniel. Dans les évangiles, c’est le titre que reprend le plus souvent Jésus lorsqu’il parle de lui-même. L’expression elle-même est la traduction littérale du grec uios tou anthrôpou, décalque de l’araméen bar nasha, mots employés au temps de Jésus comme substitut linguistique pour « être humain ».

Les interprétations auxquelles elle a donné lieu dans le christianisme ont fait glisser le sens initial vers l’humanité de Jésus. Sa plus ancienne attestation remonte au septième chapitre du Livre de Daniel, daté de la persécution d’Antiochos Épiphane, peu avant la révolte des Maccabées (vers 160 av. J.-C.) On trouve plus de quatre-vingt passages dans le Nouveau Testament où Jésus de Nazareth se nomme lui-même « Fils de l’homme ». C’est le titre qu’il employa le plus fréquemment lorsqu’il parla de lui-même. Il se présenta comme le futur juge eschatologique.

# La kénose est une notion de théologie chrétienne exprimée par un mot grec, κένωσις, « action de vider, de se dépouiller de toute chose » ; le sens de cette notion dans le christianisme s’éclaire par l’Épître de Paul aux Philippiens (Ph 2,6) Cette notion a suscité de nombreux développements d’une théologie qui insiste beaucoup sur l’abaissement de Dieu. Par amour, Dieu se dépouille de ses autres attributs divins comme la toute-puissance, la gloire, l’impassibilité, la perfection, l’auto-suffisance, la Providence qui gouverne le monde.

La théologie de la kénose aborde le mystère du mal en affirmant que c’est d’abord Dieu qui souffre et non l’homme : « Mais non, Dieu ne permet jamais le mal, il en souffre, il en meurt, il en est d’abord la victime ». La théologie de la kénose est formalisée par les Pères de l’Église, et s’inscrit dans les débats christologiques des premiers conciles. Ainsi, la kénose n’atteint pas la nature divine du Christ, mais seulement son humanité. Pour Paul de Tarse, la théologie de la kénose affirme que l’incarnation du Verbe correspond à un renoncement aux privilèges divins usuels : Dieu n’est qu’Amour et les attributs de Dieu ne sont que les attributs de l’Amour. Pour Moltmann, un Dieu qui n’est que tout-puissant est un être imparfait.

# Le nom « satan » apparaît d’abord dans la Bible hébraïque. Pour Daniel E. Gershenson, il existe une forte possibilité pour que le nom « satan » provienne du grec et son étymologie serait « celui qui habite dans les cieux » Dans la tradition chrétienne, Satan est mentionné dans le Livre de Job et dans les Évangiles par Jésus qui le qualifie de « prince de ce monde ». Il est identifié au chef des anges déchus. Cette conception s’appuie sur les écrits bibliques : l’ange rebelle fut déchu selon Isaïe et Ézéchiel dans l’Ancien Testament et Pierre et Jude dans le Nouveau Testament

Selon l’enseignement du catéchisme de l’Église catholique romaine, les anges furent tous créés par Dieu pour être bons mais certains devinrent mauvais et se retournèrent contre leur créateur. Les anges n’ayant pas besoin de la foi puisqu’ils ont déjà la connaissance de toutes les choses célestes, leur rébellion contre Dieu constitue un acte impardonnable pour ceux qui le disent, donc les hommes (qui l’écrivent), à savoir que trahir l’Éternel c’est aussi trahir le Temps, c’est une chute fatale, une erreur fatale. Matthieu qualifia cette rébellion de péché impardonnable dans cet âge ou un âge à venir. Satan est identifié également au Serpent de la Genèse.

De l’Évangile de Jésus Christ selon Marc

En ce temps-là, Jésus s’en alla, ainsi que ses disciples, vers les villages situés aux environs de Césarée-de-Philippe. Chemin faisant, il interrogeait ses disciples : «Au dire des gens, qui suis-je ?» Ils lui répondirent : «Jean le Baptiste ; pour d’autres, Élie ; pour d’autres, un prophète.» Et lui les interrogeait :  «Et vous, que dites-vous ? Pour vous, qui suis-je ? Pierre, prenant la parole, lui dit : «Tu es le Christ.» Alors, il leur défendit vivement  de parler de lui à personne. Il commença à leur enseigner  qu’il fallait que le Fils de l’homme souffre beaucoup, qu’il soit rejeté par les anciens, les grands prêtres et les scribes,  qu’il soit tué,  et que, trois jours après, il ressuscite. 

Jésus disait cette parole ouvertement. Pierre, le prenant à part,  se mit à lui faire de vifs reproches.   Mais Jésus se retourna et, voyant ses disciples, il interpella vivement Pierre : « Passe derrière moi, Satan ! Tes pensées ne sont pas celles de Dieu, mais celles des hommes. » Appelant la foule avec ses disciples, il leur dit : « Si quelqu’un veut marcher à ma suite, qu’il renonce à lui-même, qu’il prenne sa croix et qu’il me suive. Car celui qui veut sauver sa vie  la perdra ; mais celui qui perdra sa vie à cause de moi et de l’Évangile la sauvera. » (Mc 8, 27-35)

Les dis­ciples crurent en Jésus

Les dis­ciples crurent en Jésus et le confessèrent comme le Christ, le Fils de Dieu, il put leur en par­ler ou­ver­te­ment, et même il le fit, afin de dis­si­per si pos­sible dans leur es­prit les fausses idées mes­sia­niques qu’ils eurent encore, et de les pré­pa­rer à par­ta­ger ses hu­mi­lia­tions et ses dou­leurs. Marc (Mc 8.31) et Luc (Lc 9.20-22) mirent aussi cette pré­dic­tion dans un rap­port di­rect avec la confes­sion de Pierre. Marc ajouta qu’il leur dit hardiment cette pa­role. C’est quand la vraie foi est née que le chré­tien doit s’at­tendre à la contra­dic­tion et à la souf­france.

Quant à Jé­sus, il le fallait, dit-il. Mys­té­rieuse né­ces­sité, fon­dée sur le dé­cret de la jus­tice et de la mi­sé­ri­corde de Dieu, an­noncé dans les Écri­tures. Il le fallait, à moins que le monde ne dût pé­rir dans son pé­ché. C’est ce que Dieu ne vou­lut pas, et Jé­sus ac­cepte par amour la vo­lonté de son Père : « Et comme Moïse éleva le serpent dans le désert, il faut de même que le Fils de l’homme soit élevé, afin que quiconque croit en lui ait la vie éternelle.» (Jn 3, 14)

Le san­hé­drin était com­posé de trois classes d’­hommes : les anciens, les grands sacrificateurs et les scribes, ou doc­teurs de la loi. Il y eut quelque chose de so­len­nel dans la ma­nière dont Jé­sus les nomma en dé­tail et les vit conju­rés contre lui pour le tuer. Ce fut là la rup­ture tra­gique de la théo­cra­tie avec le Mes­sie et son règne ! Après la dé­faite, le triomphe, après la mort, la vie ! Si l’une de ces pré­dic­tions ac­ca­bla les dis­ciples, l’autre fut des­ti­née à les re­le­ver. Mais ici la cri­tique trouva une pierre d’a­chop­pe­ment, et l’on ne put nier qu’il n’y eut une difficulté.

Ne pou­vant ré­soudre la ques­tion, les uns révoquèrent en doute la pré­dic­tion, d’autres, Meyer par exemple, sup­posèrent que cette pré­dic­tion fut vague et obs­cure. Les évan­gé­listes eux-mêmes ne nous donnèrent-ils pas le mot de l’é­nigme ? Rem­plis en­core de leur pré­jugé juif concer­nant un Mes­sie glo­rieux, ils ne com­prirent ab­so­lu­ment rien à cette pré­dic­tion de ses souf­frances et de sa ré­sur­rec­tion : « Mais ils ne comprirent rien à cela ; c’était pour eux un langage caché, des paroles dont ils ne saisissaient pas le sens. » (Lc 18, 34)

L’exemple de Pierre prouva qu’il en­tendit mieux les pa­roles de Jé­sus, mais qu’il re­fusa avec dé­ci­sion d’en­trer dans sa pen­sée. Com­ment donc un évé­ne­ment aussi ex­tra­or­di­naire que la ré­sur­rec­tion ne leur au­rait-il pas paru in­croyable ? Et alors même qu’ils n’au­raient pas man­qué à ce point de l’in­tel­li­gence de ce mys­tère, n’y eut-t-il pas une im­mense dis­tance entre comprendre et croire ?  Cette répréhension que Pierre se per­mit eut sans doute pour but de convaincre Jé­sus qu’il fut des­tiné à tout autre chose qu’à une telle fin. Il y eut de l’a­mour pour Jésus dans cette émo­tion de Pierre, mais plus d’i­gno­rance, même quand il in­voqua sur lui la mi­sé­ri­corde.

L’as­su­rance avec la­quelle Pierre af­firma que cela n’arrivera pas, lui at­tira la sé­vère pa­role de Jé­sus  : « Va arrière de moi, Satan, tu m’es en scandale, parce que tu ne penses pas les choses qui sont de Dieu, mais celles qui sont des hommes. » Jé­sus se dé­tourna avec in­di­gna­tion. Sur ce mot sé­vère : Va, arrière de moi«  Satan si­gni­fie l’adversaire, ce­lui qui ré­siste ; mais ce nom était donné cou­ram­ment au diable  et Jé­sus, en ap­pe­lant ainsi Pierre, voulut lui faire com­prendre qu’il fit dans ce mo­ment l’œuvre du ten­ta­teur.

Ce qui le prouva, ce fut ce scandale  que Jé­sus trouva dans les pa­roles de Pierre. Jésus eut be­soin de toute sa sainte ré­so­lu­tion et de toute sa force pour al­ler au-de­vant de ses souf­frances. Pierre lui pré­sen­ta la même ten­ta­tion que Sa­tan au désert, en lui of­frant les royaumes du monde et leur gloire  : « Le diable le transporta encore sur une montagne très élevée, lui montra tous les royaumes du monde et leur gloire, et lui dit : « Je te donnerai toutes ces choses, si tu te prosternes et m’adores. » (Mt 4, 8-9)

Pierre n’at­tacha pas sa pen­sée à ses grands des­seins concer­nant la ré­demp­tion du monde par les souf­frances du Mé­dia­teur, mais aux idées char­nelles d’un Mes­sie glo­rieux. Mais ces pa­roles, ap­pli­cables en tout temps, ont une por­tée beau­coup plus gé­né­rale. Qui est-il ce­lui qui se pré­sente aux hommes comme l’ob­jet su­prême de leur amour, au­quel ils doivent tout sa­cri­fier, jus­qu’à leur vie même ? Ce­lui qui parle ainsi est Dieu où bien il blasphème en se met­tant à la place de Dieu.

 Diacre Michel Houyoux

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