Cristo, Re dell’Universo (Anno C)

Posté par diaconos le 15 novembre 2022

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Gesù è il Re dell’Universo

La festa di Cristo Re è una ricorrenza cattolica, istituita da Papa Pio XI nel 1925 con l’enciclica Quas primas, per sottolineare l’idea che le nazioni devono obbedire alle leggi di Cristo. Originariamente si celebrava l’ultima domenica di ottobre prima di Ognissanti ed è tuttora celebrata nella forma tridentina del rito romano. Dalla riforma liturgica del 1969, i cattolici la celebrano l’ultima domenica del calendario liturgico, verso la fine di novembre, la domenica prima della prima domenica di Avvento, che è l’inizio dell’anno liturgico). Inoltre, l’attenzione e il nome della festa sono stati cambiati in Festa di Cristo Re dell’Universo, sottolineando l’idea che in Cristo tutta la creazione è ricapitolata.

La Chiesa cattolica insegna che il mondo è stato trasformato dalla morte, dalla risurrezione e dall’ascensione di Gesù Cristo. Questa festa fu istituita da Papa Pio XI nel 1925; undici anni dopo chiese la dedicazione della prima cattedrale con questo nome. La collocò immediatamente prima della festa di Tutti i Santi (simbolicamente, il re conduce i suoi sudditi alla vittoria; deve regnare affinché i suoi sudditi possano godere del regno). Poi arriva il periodo dell’Avvento, che precede il Natale di quattro settimane.

La festa di Cristo Re è stata istituita grazie alla dedizione e al duro lavoro di Georges e Marthe de Noaillat. Su richiesta di Benoît XV, e poi di Papa Pio XI, per sei anni raccolsero le firme di centinaia di vescovi e di migliaia di fedeli per chiedere l’istituzione di una festa di Cristo Re accompagnata da un’enciclica che proclamasse la sua « Regalità universale ».

L’intenzione del Papa era quella di preparare i popoli cristiani a ricevere la definizione solenne di questo grande dogma, tanto disprezzato nel XIX e XX secolo. A Paray-le-Monial è iniziato un immenso movimento che ha visto la Provvidenza unire le richieste del Sacro Cuore con il suo regno su tutte le società e che ha portato alla prima festa solenne di Cristo Re e alla promulgazione dell’enciclica Quas primas l’11 dicembre 1925. Si celebra non prima del 20 novembre e non oltre il 26 novembre.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca

A quel tempo Gesù era appena stato crocifisso e il popolo stava a guardare. I capi si fecero beffe di Gesù, dicendo: « Ha salvato gli altri; si salvi anche lui, se è il Messia di Dio, l’eletto! Anche i soldati lo schernirono, avvicinandosi a lui e offrendogli dell’aceto, dicendo: « C’era anche un’iscrizione sopra di lui: « Questo è il re dei Giudei ». Uno dei criminali che pendevano dalla croce lo ha insultato dicendo: « Non sei tu il Cristo? Salvate voi stessi e anche noi! « Ma l’altro lo rimproverò aspramente: « Non temi Dio? Anche tu sei un condannato! E poi, per noi, è giusto: dopo quello che abbiamo fatto, abbiamo quello che ci meritiamo. Ma non ha fatto nulla di male. E disse: « Gesù, ricordati di me quando verrai nel tuo regno ». Gesù gli disse: « Amen, ti dico che oggi sarai in Paradiso con me ». (Lc 37-43)

Cristo Re dell’Universo

Cristo Re è un concetto cristologico, che evoca la regalità, il dominio o il potere di Gesù sull’intero universo creato da Dio. Il termine « re » per simboleggiare il potere deriva dalla tradizione ebraica. La regalità era la forma di governo più comune in Israele nell’Antico Testamento. Il termine Cristo Re si riferisce quindi a una delle funzioni di Cristo, accanto a quelle del sacerdozio e della profezia. L’espressione si trova in diversi passi biblici. Si fa una distinzione tra il regno della grazia nel nostro mondo, che si riferisce alla chiesa militante, e il regno della gloria, che si riferisce alla chiesa trionfante, che raccoglie coloro che sono in cielo. Eusebio di Cesarea (III e IV secolo) fu uno dei primi a formalizzare questa distinzione tra i tre uffici cristici: il vero Cristo, il Verbo divino e celeste, è l’unico sommo sacerdote dell’universo, l’unico re di tutta la creazione, l’unico capo dei profeti del Padre suo.

La Chiesa cattolica insegna che il mondo è trasformato dalla morte, dalla risurrezione e dall’ascensione di Gesù Cristo. Questa festa fu istituita da Papa Pio IX nel 1925; undici anni dopo chiese la dedicazione della prima cattedrale con questo nome. La collocò immediatamente prima della festa di Tutti i Santi (simbolicamente, il re conduce i suoi sudditi alla vittoria; deve regnare affinché i suoi sudditi possano godere del regno). Poi arriva il periodo dell’Avvento, che precede il Natale di quattro settimane. La festa di Cristo Re è stata istituita grazie alla dedizione e al duro lavoro di Georges e Marthe de Noaillat.

La festa di Cristo Re è stata istituita grazie alla dedizione e al duro lavoro di Georges e Marthe de Noaillat. Su richiesta di Papa Benedetto XV, e successivamente di Papa Pio XI, essi raccolsero per sei anni le firme di centinaia di vescovi e di migliaia di fedeli chiedendo l’istituzione di una festa di Cristo Re accompagnata da un’enciclica che ne proclamasse la Regalità universale. L’intenzione del Papa era quella di preparare i popoli cristiani a ricevere la solenne definizione di questo grande dogma così disprezzato nel XIX e XX secolo. A Paray-le-Monial è iniziato un immenso movimento che ha visto la Provvidenza unire le richieste del Sacro Cuore con il suo regno su tutte le società e che ha portato alla prima festa solenne di Cristo Re e alla promulgazione dell’enciclica Quas primas l’11 dicembre 1925. Si celebra non prima del 20 novembre e non oltre il 26 novembre…

Il diacono Michel Houyoux

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◊ João S. Clá Dias : clicca qui per  leggere l’articolo → Cristo Re dell’Universo – (Anno – C)

◊ Qumran  : clicca qui per  leggere l’articolo →  XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) – Cristo Re

♥ Vidéo Chiesa del Forte – Forte dei Marmi  S. Ermete

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Notre Seigneur Jésus Christ Roi de l’Univers – Année C

Posté par diaconos le 14 novembre 2022

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 Jésus est le Roi de l’Univers

La fête du Christ Roi est une fête catholique, instituée par le pape Pie XI, en 1925, par l’encyclique Quas primas, afin de mettre en lumière l’idée que les nations devraient obéir aux lois du Christ. À l’origine, elle était célébrée le dernier dimanche d’octobre qui précédait la Toussaint ; c’est toujours le cas pour ceux qui sont attachés à la forme tridentine du rite romain. Depuis la réforme liturgique de 1969, les catholiques la célèbrent le dernier dimanche du calendrier liturgique, vers la fin du mois de novembre, le dimanche qui précède le premier dimanche de l’Avent, lequel est le début de l’année liturgique). Par ailleurs, l’orientation et le nom même de la fête ont été changés : devenue la fête du Christ Roi de l’univers, elle met l’accent sur l’idée que dans le Christ toute la création est récapitulée.

L’Eglise catholique enseigne que le monde est transformé par la mort, la résurrection et l’ascension de Jésus-Christ. Cette fête a été instituée par le pape Pie XI en 1925 ; il demanda  onze ans plus tard la dédicace de la première cathédrale sous ce vocable. Il la plaça immédiatement avant la fête de la  Toussaint (symboliquement, le roi entraîne derrière lui ses sujets vers la victoire ; il faut qu’Il règne pour que ses sujets profitent du royaume). Vient ensuite la période de l’Avent, qui précède Noël de quatre semaines.

La fête du Christ Roi fut instituée grâce au dévouement et au travail immense réalisé par Georges et Marthe de Noaillat. À la demande deBenoî XV, puis du pape Pie XI, ils réunirent pendant six années les signatures de centaines d’évêques et de milliers de fidèles réclamant l’institution d’une fête du Christ-Roi accompagnée d’une encyclique proclamant sa « Royauté universelle ».

La volonté du pape fut de préparer ainsi les peuples chrétiens à recevoir la définition solennelle de ce grand dogme si méprisé aux xixe et xxe siècles. Un immense mouvement prit sa source à Paray-le-Monial, la Providence unissant les demandes du Sacré-Cœur à son règne sur toutes les sociétés, et aboutit à la première fête solennelle du Christ Roi et à la promulgation de l’encyclique Quas primas le 11 décembre 1925. Elle est fêtée au plus tôt le 20 novembre au plus tard le 26 de ce mois.

De l’Évangile de Jésus Christ selon Luc

En ce temps-là, on venait de crucifier Jésus, et le peuple restait là à observer. Les chefs tournaient Jésus en dérision et disaient : «  Il en a sauvé d’autres : qu’il se sauve lui-même, s’il est le Messie de Dieu, l’Élu ! »   Les soldats aussi se moquaient de lui ; s’approchant, ils lui présentaient de la boisson vinaigrée, en disant : Il y avait aussi une inscription au-dessus de lui : « Celui-ci est le roi des Juifs. «  L’un des malfaiteurs suspendus en croix l’injuriait : « N’es-tu pas le Christ ? Sauve-toi toi-même, et nous aussi ! «  Mais l’autre lui fit de vifs reproches : « Tu ne crains donc pas Dieu ! Tu es pourtant un condamné, toi aussi ! Et puis, pour nous, c’est juste : après ce que nous avons fait, nous avons ce que nous méritons. Mais lui, il n’a rien fait de mal. »  Et il disait : «  Jésus, souviens-toi de moi quand tu viendras dans ton Royaume. »  Jésus lui déclara : «  Amen, je te le dis : aujourd’hui, avec moi, tu seras dans le Paradis. »  (Lc  37-43)

Le Christ Roi de l’Univers

 

Le Christ-Roi est un concept christologique, qui évoque la royauté, la domination ou pouvoir de Jésus sur toute l’univers créé par Dieu. Le terme « roi » pour symboliser la puissance qui vient de la tradition hébraïque. La royauté était dans l’Ancien Testament la forme de gouvernement la plus courante du d’Israël. L’expression Christ-Roi  désigne ainsi l’une des fonctions du Christ, aux côtés de la fonction de la prêtrise et de la  prophétie. L’expression se retrouve ainsi dans plusieurs passages bibliques.  On y  distingue le  règne de grâce), dans notre monde et qui se rapporte à l’église militante, du  règne de gloire, qui se rapporte à l’église triomphante, laquelle rassemble ceux qui sont au paradis.. Eusèbe de Césarée (troisième et quatrième siècle) fut l’un des premiers à avoir formalisé cette distinction entre les trois offices christiques : le véritable Christ, le Verbe divin et céleste, est le seul souverain prêtre de l’univers, le seul roi de toute la création, le seul chef des prophètes de son Père.

L’Église catholique enseigne que le monde est transformé par la mort, la résurrection et l’Ascension de Jésus-Christ.  Cette fête fut instituée par le pape Pie IX en 1925 ; il demanda onze ans plus tard la dédicace de la première cathédrale sous ce vocable. Il la plaça immédiatement avant la fête de la Toussaint (symboliquement, le roi entraîne derrière lui ses sujets vers la victoire ; il faut qu’Il règne pour que ses sujets profitent du royaume). Vient ensuite la période de l’Avent, qui précède Noël de quatre semaines.

La fête du Christ-Roi fut instituée grâce au dévouement et au travail immense réalisé par Georges et Marthe de Noaillat. À la demande du pape Benoît XV, puis du pape Pie XI, ils réunirent pendant six années les signatures de centaines d’évêques et de milliers de fidèles réclamant l’institution d’une fête du Christ-Roi accompagnée d’une encyclique proclamant sa  Royauté universelle. La volonté du pape fut de préparer ainsi les peuples chrétiens à recevoir la définition solennelle de ce grand dogme si méprisé aux dix-neuvième et vingtième siècles. Un immense mouvement prit sa source à Paray-le-Monial, la Providence unissant les demandes duSacré-Coeur à son règne sur toutes les sociétés, et aboutit à la première fête solennelle du Christ-Roi et à la promulgation de l’encyclique Quas primas)  le 11 décembre 1925. Elle est fêtée au plus tôt le 20 novembre au plus tard le 26 de ce mois.

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◊  Blog de l’Abbé  C. Laffaegue : cliquez ici pour lire l’article  →  Le Christ roi de l’univers (Année C) 

◊ Quas Peimas (Vatican) : cliquez ici pour lire l’encyclique → :  Quas Primas (11 décembre 1925)

♥  Vidéo Quelle est la signification de la solennité du Christ Roi de l’univers ?500

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Dédicace de la Basilique du Latran

Posté par diaconos le 9 novembre 2022

Dédicace de la Basilique du Latran  dans Catéchèse Ezekiel-retravaillée

Le prophète Ézéchiel  : vie, espoir, persévérance et ténacité

Du livre du prophète Ezéchiel

 L’homme me fit revenir à l’entrée de la Maison, et voici : sous le seuil de la Maison, de l’eau jaillissait vers l’orient, puisque la façade de la Maison était du côté de l’orient. L’eau descendait de dessous le côté droit de la Maison, au sud de l’autel.  L’homme me fit sortir par la porte du nord et me fit faire le tour par l’extérieur, jusqu’à la porte qui fait face à l’orient, et là encore l’eau coulait du côté droit. Il me dit : « Cette eau coule vers la région de l’orient, elle descend dans la vallée du Jourdain, et se déverse dans la mer Morte, dont elle assainit les eaux. En tout lieu où parviendra le torrent, tous les animaux pourront vivre et foisonner. Le poisson sera très abondant, car cette eau assainit tout ce qu’elle pénètre, et la vie apparaît en tout lieu où arrive le torrent. Au bord du torrent, sur les deux rives, toutes sortes d’arbres fruitiers pousseront ; leur feuillage ne se flétrira pas et leurs fruits ne manqueront pas. Chaque mois ils porteront des fruits nouveaux, car cette eau vient du sanctuaire. Les fruits seront une nourriture, et les feuilles un remède. » (Ez 47, 1-2.8-9.12)

 Le torrent du temple

Le prophète Ézéchiel commença par décrire ce qu’il vit lui-même. Il communiqua ensuite les explications que lui donna son guide sur les effets merveilleux que produira le torrent. Il me ramena : du parvis extérieur au parvis intérieur en face du temple.(Ézéchiel 46.21) Ézéchiel fut surpris à la vue de ce spectacle tout nouveau : une source jaillissant du temple même et qu’il n’avait pas encore aperçue. Du seuil du vestibule, le Saint des saints et Lieu saint) était la caverne du pied de laquelle s’échappait cette eau. C’est que Jéhovah était présent, dans la Maison (Ézéchiel 43.7) et cette eau était une émanation de sa vie.

Du côté de l’orient. Cela résultait naturellement de l’orientation de la Maison qui avait sa façade à l’est. S’écoulaient du côté droit, l’eau prenait lla direction sud-est. . L’eau en continuant à couler dans cette direction passa au midi de l’autel des holocaustes.  Le guide, pour faire voir au prophète ce que devinrent ces eaux, le fit sortir de l’enceinte sacrée par le portique septentrional et longea extérieurement le grand mur, d’abord sur le côté du nord, puis sur le côté de l’est, jusqu’au portique oriental extérieur. Ce détour fut nécessaire puisque les deux portiques orientaux étaient fermés (Ézéchiel 44.1 ; Ézéchiel 46.1).

Ézéchiel fut étonné de retrouver là ces eaux qui avaient dû traverser, pour reparaître au dehors du mur d’enceinte, les terrasses des deux parvis et leurs murailles. À droite : du portique oriental : entre ce portique et l’angle sud-est de l’enceinte. Ézéchiel ne comprit pas le but de toute cette création nouvelle à laquelle il assista. Il l’apprit par l’explication que lui donna son guide, d’abord sur la destination du torrent, puis sur l’excellence des arbres qu’il fit naître. Cette communication fut comme une prophétie dans la prophétie elle-même.  Il était impossible que les eaux que le prophète vit jaillir, fussent censées suivre la vallée du Cédron. Pour que le torrent en suivant la direction sud-est, traversa un district oriental et à atteindre l’Araba, il fallait qu’il prenne sa source beaucoup plus au nord.

Le district oriental désigne la même contrée, appelée les districts du Jourdain, contrées qui avoisinent ce fleuve sur sa sa rive droite. C’était autrefois une plaine presque entièrement stérile. Elles coulèrent jusqu’à la mer Morte. Elle a 73 kilomètres de longueur et 17,8 kilomètres de largeur, vers le milieu. C’est l’enfoncement le plus profond connu à la surface de notre globe (394 mètres au-dessous du niveau de la Méditerranée). L’eau est complètement saturée de sel et mêlée de bitume. Les poissons de mer eux-mêmes. à plus forte raison ceux d’eau douce, y périrent. Par sa nature donc, ainsi que par le souvenir qu’elle rappela (Genèse 19.24), cette mer est propre à devenir le type de l’humanité corrompue et condamnée.

Ces êtres qui à l’ordinaire vivent et pullulent dans l’eau, mais qui ne le pouvaient dans cette mer, à mesure que les eaux du torrent y pénétreront et y avanceront, pourront désormais y vivre. Le torrent sortant du temple rejoignit le Jourdain au-dessus de son embouchure dans cette mer. Jusqu’ici, les eaux douces du Jourdain avaient été impuissantes à renouveler celles de la mer. Unies maintenant à celles du torrent, elles concourent à ce résultat. Ézéchiel avait annoncé que Dieu répandrait des eaux pures sur son peuple et que, nettoyés de leurs souillures, ils recevraient un cœur nouveau et un esprit nouveau, un cœur de chair à la place de leur cœur de pierre. Ce fut cette promesse dont il contempla l’accomplissement étendu désormais au monde entier. Dans ce torrent qui sortit de la demeure de Dieu, qui grossit sans aucun secours du dehors et qui, tout en fécondant ses rives, s’en alla purifier la mer maudite où jusqu’ici rien ne pouvait vivre.

La mer Morte fut l’emblème de ce qu’il y a de plus complètement dégradé et perdu au sein de l’humanité, du monde païen. L’Esprit Saint est comme attiré vers ce réceptacle de souillures et de misères qu’il se propose de purifier. Et partout où il pénètre, la souillure fait place à la sainteté, la mort à la vie. Les peuples et les individus sont comme créés de nouveau. Les lagunes et les mares qui ne sont pas assainies représentent la portion de l’humanité qui reste fermée à ce travail sanctifiant de l’Esprit. Le sel qui demeure sur le sol est un symbole de stérilité et de malédiction. En même temps que le torrent porte le salut aux nations encore plongées dans l’idolâtrie et dans la barbarie, il produit les effets les plus bienfaisants là où déjà il habite. Les arbres fruitiers sont le symbole de son activité chez ceux dont il a renouvelé le cœur et la vie, avant tout en Israël, premier objet de son action. Leurs fruits de sainteté et de charité répondent aux plus nobles aspirations des hommes et apaisent successivement toutes les douleurs, conséquences du péché.

Ézéchiel présenta Sodome, Samarie et Jérusalem comme trois sœurs, dont les deux premières ne furent pas moins miséricordieusement traitées que la troisième. La mer Morte, qui recouvre Sodome, purifiée par un torrent qui sortit du temple situé au centre de la Samarie, tandis que Jérusalem est passée sous silence ; quelle étonnante harmonie entre ces intuitions prophétiques si distantes quant au temps et si diverses quant à la forme !

Complément

◊ Diacre Michel Houyoux : cliquez ici pour lire l’article → Il parlait du sanctuaire de son corps

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Catholique.org : cliquez ici pour lire l’article →  Dédicace de la basilique du Latran – Homélie

◊  Vie, espoir et vérité : cliquez ici pour lire l’article →    Ézéchiel et ses prophéties

                                                                                                                                                                                Vidéo Diocèse de Monaco : « Dédicace de la Basilique de Latran »

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Tutti i Santi – Solennità

Posté par diaconos le 1 novembre 2022

1° novembre: festa di Ognissanti, il significato di questa ricorrenza -  Napolitan.it

# La festa di Ognissanti è una ricorrenza cattolica, celebrata il 1° novembre, in cui la Chiesa cattolica onora tutti i santi, conosciuti e sconosciuti. La celebrazione liturgica inizia con i vespri della sera del 31 ottobre e termina alla fine del 1° novembre. Precede di un giorno la Commemorazione dei fedeli defunti, la cui solennità è stata fissata ufficialmente per il 2 novembre. I protestanti non venerano i santi, ma alcune chiese luterane celebrano questa festa. Le Chiese ortodosse e le Chiese cattoliche orientali di rito bizantino continuano a celebrare la domenica di Ognissanti, la domenica dopo la Pentecoste.

Le feste in onore di tutti i martiri esistevano nelle Chiese orientali già nel IV secolo, la domenica dopo la Pentecoste. Ancora oggi, la Comunione delle Chiese ortodosse celebra la domenica di Ognissanti in questa data. A Roma, nel V secolo, la domenica successiva alla Pentecoste si celebrava già una festa in onore dei santi e dei martiri. Dopo la trasformazione del Pantheon di Roma in santuario, il 13 maggio 610 Papa Bonifacio IV lo consacrò come Chiesa di Santa Maria e dei Martiri. Bonifacio IV volle commemorare tutti i martiri cristiani i cui corpi erano onorati in questo santuario.

La festa di Tutti i Santi è stata poi celebrata il 13 maggio, anniversario della dedicazione di questa chiesa ai martiri, forse anche in riferimento a una festa celebrata dalla Chiesa siriana nel IV secolo. Ha sostituito la festa di Lemuria dell’antica Roma, che veniva celebrata in questa data per allontanare gli spettri maligni. La celebrazione della festa cristiana di Ognissanti il 1° novembre è una specificità cattolica apparsa in Occidente nell’VIII secolo. È forse da questo periodo che si celebra il 1° novembre, quando Papa Gregorio III dedica a tutti i santi una cappella nella Basilica di San Pietro a Roma.

Intorno all’835, Papa Gregorio IV ordinò che la festa fosse celebrata in tutta la cristianità. Secondo alcuni storici, questa decisione fu il motivo per cui la festa di Ognissanti fu fissata al 1° novembre. Su consiglio di Gregorio IV, l’imperatore Ludovico il Pio istituì la festa di tutti i santi in tutto l’Impero carolingio. La celebrazione di Ognissanti era seguita localmente da un ufficio per i defunti già nel IX secolo. Nel 998, i monaci di Cluny istituirono una festa dei morti il 2 novembre, che entrò nella liturgia romana come commemorazione dei fedeli defunti nel XIII secolo.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo

In quel momento, vedendo le folle, Gesù salì sul monte. Si sedette e i suoi discepoli vennero da lui. Poi aprì la bocca e insegnò loro. Egli disse: « Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli ». Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati quelli che sono perseguitati per amore della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi se vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno ogni sorta di male contro di voi falsamente, per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché la vostra ricompensa è grande nei cieli ! «  (Mt 5,1-12a)

Le Beatitudini

Gesù, salito su un altopiano della montagna, si siede con le folle schierate intorno a lui e inizia solennemente l’insegnamento che segue. In otto beatitudini proclama la felicità e indica le qualità di coloro che hanno una parte nel regno dei due. Sono, innanzitutto, coloro che aspirano ai beni spirituali di questo regno: i poveri in spirito, la cui umiltà li mette in possesso del regno; coloro che piangono, che troveranno consolazione ; coloro che sono miti, che con la loro mitezza conquisteranno la terra; coloro che hanno fame e sete di giustizia, che vedranno soddisfatto il loro ardente desiderio. Seguono coloro che possiedono le disposizioni e sono nella condizione di membri del regno : i misericordiosi, che otterranno misericordia; i puri di cuore, che vedranno Dio; coloro che portano la pace e saranno chiamati figli di Dio; coloro che sono perseguitati per amore della giustizia, la cui ricompensa sarà grande.

La montagna non designava una cima particolare, ma in generale l’altezza, in contrapposizione alla pianura. Così gli abitanti delle valli dicono: vai alla montagna, senza indicare con questo un punto particolare della catena di cui si tratta. La tradizione è stata più precisa degli evangelisti e ha collocato il monte delle Beatitudini non lontano dalla città di Tiberiade, situata ai margini del lago omonimo. Dietro la montagna che domina Tiberiade si trova un ampio altopiano, che degrada dolcemente verso una roccia che forma la cima. È su questa roccia che Gesù trascorse la notte in preghiera e che all’alba chiamò i suoi discepoli e scelse i suoi apostoli.

Poi scese verso la folla che lo aspettava sull’altopiano e da lì insegnò al popolo. Secondo Luca, Gesù scese ed è in una pianura che tenne il suo discorso. Secondo Matteo, salì su un monte con il popolo. Luca riporta un ulteriore dettaglio: Gesù salì prima in cima e poi scese sull’altopiano.

Ai piedi della roccia, in cima all’altopiano, c’è una piccola piattaforma, una sorta di pulpito naturale, da cui una grande moltitudine può facilmente vedere e ascoltare. È da questo punto che Gesù si è seduto. I suoi discepoli, quelli che aveva chiamato all’apostolato e quelli che avevano già ascoltato e gustato la sua parola, lo circondavano come sempre. Questo discorso, che esponeva i principi spirituali e sublimi del regno che Gesù era venuto a fondare, non poteva essere compreso da tutti, né poteva essere messo in pratica se non da coloro che erano animati dallo spirito di quel regno ; ma Gesù parlava e insegnava in vista del futuro. La sua parola è stata una rivelazione e, quando la sua opera sarà compiuta, quella parola diventerà luce e vita nel cuore dei suoi redenti.

Aprire la bocca, un ebraismo che indica la solennità dell’azione, la sacra libertà di parola. « Qui Luca scrive vividamente un preambolo per mostrare come Gesù si preparava a predicare: salì su un monte, si sedette, aprì la bocca; questo per far sentire la serietà della sua azione. (Lutero) « Molti dei pensieri di questo discorso si trovano negli insegnamenti di Gesù e con applicazioni diverse, che Gesù ha utilizzato più volte, a volte brevi precetti morali, che sarebbero riapparsi anche nei suoi insegnamenti. È stato un ingresso bello, dolce e amorevole nella dottrina e nella predicazione di Gesù.

Non procedette, come Mosè o un dottore della legge, con comandi, minacce o terrori, ma nel modo più affettuoso, più adatto ad attrarre i cuori, e con promesse benevole. Questo amore, tuttavia, aveva una profonda serietà, perché coloro che Gesù dichiarava felici erano molto infelici nel mondo. Erano felici solo per la promessa che accompagnava ognuna di queste dichiarazioni e le motivava. I poveri in spirito sono coloro che si sentono poveri nella loro vita interiore, moralmente e spiritualmente, e quindi desiderano le vere ricchezze dell’anima (lo spirito è la facoltà con cui entriamo in relazione con Dio e realizziamo la vita morale). Questo sentimento di povertà davanti a Dio non è ancora un pentimento, ma un’umiltà profonda e dolorosa che porta ad esso.

I poveri in spirito sono tutti coloro il cui animo è distaccato dai beni della terra, come diceva Bossuet e aggiungeva : « O Signore ! Vi do tutto: abbandono tutto per avere una parte in questo regno! Mi spoglio del cuore e dello spirito, e quando ti piace spogliarmi davvero, mi sottometto (Meditazioni sul Vangelo). Così intesa, la prima beatitudine di Matteo rispondeva alla prima beatitudine di Luca e non aveva un significato quasi identico a quello della quarta beatitudine : « Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia ». Che si tratti di povertà spirituale o temporale, di umiltà o di distacco, o di entrambe, a tale situazione si risponde con la promessa, o meglio con la dichiarazione positiva e presente: perché di loro è il regno dei cieli.

Coloro che piangono, o che sono in lutto, o che sono tristi, saranno confortati, perché questa tristezza li porta alla fonte del perdono, della pace, della vita. Questa mitezza, questo abbandono alla volontà di Dio, in presenza di violenza, ingiustizia e odio, è prodotta in loro da un senso umile e rattristato di ciò che manca loro. Implica la rinuncia ai vantaggi e alle gioie di questo mondo; ma, con un magnifico compenso, coloro che la praticano erediteranno la terra. La terra della promessa, Canaan, è presa nel suo senso spirituale e significa la patria superiore, il regno di Dio, il cui possesso è assicurato a coloro che sono miti. « Il mondo usa la forza per possedere la terra; Gesù ci insegna che si conquista con la dolcezza »

Questa fame e sete dei beni spirituali che mancano, della vera giustizia interiore di cui si sentono privi, di una vita conforme alla volontà di Dio, nasce in loro dalle disposizioni di un ardente desiderio di vita, ricorre spesso nella Scrittura. Ogni anima che sperimenta questo davanti a Dio sarà soddisfatta, soddisfatta della giustizia, poiché è della giustizia che ha fame e sete. Le successive rivelazioni del Vangelo gli insegneranno come raggiungere questo obiettivo. I misericordiosi sono coloro che non pensano solo alla propria miseria, ma che solidarizzano con la miseria dei loro fratelli. Bisogna aver provato la propria miseria, aver sofferto in prima persona, per poter simpatizzare con la sofferenza degli altri. Bisogna essere stati oggetto dell’amore infinito di Dio per poter amare gli altri e praticare la carità nei loro confronti.

È il doppio pensiero che lega questa beatitudine alle precedenti. Ad essi si lega anche la considerazione che coloro che Gesù chiama alla felicità dei suoi discepoli avranno ancora bisogno di ottenere misericordia nel giorno del giudizio supremo, perché anche se sarà loro assicurato il regno dei cieli, anche se saranno confortati e riempiti di giustizia, ci saranno ancora molte mancanze e imperfezioni nella loro vita che dovranno essere coperte. Saranno perdonati e mostreranno misericordia come hanno mostrato misericordia.

Il cuore è, secondo le Scritture, l’organo della vita morale. Essere puri di cuore significa, in contrasto con le opere esterne, essere liberi da ogni contaminazione, da ogni falsità, da ogni ingiustizia, da ogni malizia in questo centro intimo di pensieri e sentimenti. Non è questo lo stato morale dell’uomo naturale. Poiché ogni promessa corrisponde alla disposizione descritta in ciascuna di queste beatitudini, coloro che sono puri di cuore sono felici, perché vivranno nella Sua comunione mentre sono in vita, e un giorno Lo contempleranno immediatamente nella suprema bellezza delle Sue perfezioni, fonte inesauribile della beatitudine celeste.

Coloro che non solo sono pacifici in se stessi, ma che, avendo trovato la pace, si sforzano di procurarla agli altri e di ristabilirla tra gli uomini, laddove è disturbata. Sono felici, felici e felici.  Tuttavia, questo amore aveva una profonda serietà, perché coloro che Gesù dichiarava felici erano molto infelici nel mondo. Erano felici solo per la promessa che accompagnava ognuna di queste dichiarazioni e le motivava. I poveri in spirito sono coloro che si sentono poveri nella loro vita interiore, moralmente e spiritualmente, e quindi desiderano le vere ricchezze dell’anima (lo spirito è la facoltà con cui entriamo in relazione con Dio e realizziamo la vita morale). Questo senso di povertà davanti a Dio non è ancora un pentimento, ma un’umiltà profonda e dolorosa che porta ad esso.

I poveri in spirito sono tutti coloro il cui animo è distaccato dai beni della terra, come diceva Bossuet e aggiungeva : « O Signore ! Vi do tutto: abbandono tutto per avere una parte in questo regno! Mi spoglio del cuore e dello spirito, e quando ti piace spogliarmi davvero, mi sottometto (Meditazioni sul Vangelo). Così intesa, la prima beatitudine di Matteo rispondeva alla prima beatitudine di Luca e non aveva un significato quasi identico a quello della quarta beatitudine: « Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia ». Che si tratti di povertà spirituale o temporale, di umiltà o di distacco, o di entrambe, a tale situazione si risponde con la promessa, o meglio con la dichiarazione positiva e presente: perché di loro è il regno dei cieli.

Coloro che piangono, o che sono in lutto, o che sono tristi, saranno consolati, perché questa tristezza li porta alla fonte del perdono, della pace, della vita. Questa mitezza, questo abbandono alla volontà di Dio, in presenza di violenza, ingiustizia e odio, è prodotta in loro da un senso umile e rattristato di ciò che manca loro. Implica la rinuncia ai vantaggi e alle gioie di questo mondo; ma, con un magnifico compenso, coloro che la praticano erediteranno la terra. La terra della promessa, Canaan, è presa nel suo senso spirituale e significa la patria superiore, il regno di Dio, il cui possesso è assicurato a coloro che sono miti. « Il mondo usa la forza per possedere la terra; Gesù ci insegna che si conquista con la dolcezza » (Lutero)

Questa fame e sete dei beni spirituali che mancano, della vera giustizia interiore di cui si sentono privi, di una vita conforme alla volontà di Dio, nasce in loro dalle disposizioni di un ardente desiderio di vita, ricorre spesso nella Scrittura. Ogni anima che sperimenta questo davanti a Dio sarà soddisfatta, soddisfatta della giustizia, poiché è della giustizia che ha fame e sete. Le successive rivelazioni del Vangelo gli insegneranno come raggiungere questo obiettivo. I misericordiosi sono coloro che non pensano solo alla propria miseria, ma che solidarizzano con la miseria dei loro fratelli. Bisogna aver provato la propria miseria, aver sofferto in prima persona, per poter simpatizzare con la sofferenza degli altri. Bisogna essere stati oggetto dell’amore infinito di Dio per poter amare gli altri e praticare la carità nei loro confronti.

Coloro che piangono, o piangono, tristezza, saranno consolati, perché questa tristezza li porta alla fonte del perdono, della pace, della vita. Questa dolcezza, questo abbandono alla volontà di Dio, in presenza della violenza, dell’ingiustizia e dell’odio, è prodotto in loro dal sentimento umile e rattristato di ciò che manca loro. Implica la rinuncia ai benefici e alle gioie di questo mondo; ma, per un magnifico compenso, coloro che la praticano erediteranno la terra. La terra della promessa, Canaan, è intesa nel suo senso spirituale come la casa in alto, il regno di Dio, il cui possesso è assicurato ai miti. « Il mondo usa la forza per possedere la terra, Gesù ci insegna che si vince con la mitezza » (Lutero)

Questa fame e questa sete per i beni spirituali che mancano loro, per la vera giustizia interiore di cui si sentono privati, per una vita conforme alla volontà di Dio, nascono in loro dalle disposizioni di un ardente desiderio di vita, spesso restituisce per iscritto. Ogni anima che la sperimenta davanti a Dio sarà soddisfatta, soddisfatta della giustizia, poiché è di giustizia che ha fame e sete. Successive rivelazioni del Vangelo le insegneranno come farà questo. I misericordiosi sono coloro che non solo pensano alla propria miseria, ma simpatizzano con la miseria dei loro fratelli. Devi aver sentito la tua stessa miseria, aver sofferto te stesso, per poter simpatizzare con la sofferenza degli altri. Bisogna essere stati l’oggetto dell’amore infinito di Dio per poter amare gli altri e praticare la carità verso di loro.

Tale è il doppio pensiero che lega questa beatitudine alle precedenti. A loro è legato anche da questa considerazione che coloro che Gesù chiama alla felicità dei suoi discepoli avranno ancora bisogno di ottenere misericordia nel giorno del giudizio supremo, perché, sebbene sicuri del regno dei cieli, sebbene consolati e soddisfatti della giustizia, lì rimarranno nella loro vita molte mancanze e imperfezioni da coprire. Saranno perdonati e mostrata misericordia come hanno mostrato misericordia.

Il cuore è, secondo la Scrittura, l’organo della vita morale. Essere puri di cuore è, al contrario delle opere esterne, essere liberati da ogni contaminazione, ogni falsità, ogni ingiustizia, ogni malizia in quel centro interiore di pensieri e sentimenti. Tale non è lo stato morale dell’uomo naturale. Ogni promessa corrispondente al provvedimento descritto in ciascuna di queste beatitudini, i puri di cuore sono felici, perché vivranno tutta la vita nella sua comunione e un giorno immediatamente lo contempleranno nella bellezza suprema delle sue perfezioni, fonte inesauribile della beatitudine del cielo.

Coloro che non solo sono pacifici essi stessi, ma che, trovata la pace, si sforzano di procurarla agli altri e di restaurarla fra gli uomini là dove è travagliata. Sono felici, perché saranno chiamati con questo titolo dolce e glorioso: figli di Dio. Questo titolo esprime una realtà profonda; poiché, poiché questi figli di Dio portano la pace, hanno un tratto di somiglianza con il loro Padre che è “il Dio della pace” Romani 16:20; 2 Corinzi 13:11, agiscono secondo il suo Spirito. Quindi sono figli di Dio, ma per di più saranno chiamati tali, il loro titolo sarà riconosciuto sia da Dio che da tutti.

Per la giustizia, i perseguitati sono felici, perché di loro è il regno dei cieli. Nell’ottava beatitudine, Gesù ritornò alla prima. Si chiude così un ciclo armonioso di esperienze e promesse. I primi quattro riguardano coloro che cercano nei loro bisogni più profondi, gli ultimi quattro, coloro che hanno trovato e stanno già svolgendo una certa attività nel regno di Dio. Ogni promessa, fonte di felicità che corrisponde esattamente e abbondantemente ad ogni stato d’animo descritto, risplende un raggio di gloria del regno dei cieli: agli afflitti; comfort; ai mansueti il ​​possesso della terra; all’affamato, sazietà al misericordioso, misericordia; ai puri di cuore, la vista di Dio; a coloro che portano la pace, titolo di figli di Dio.

Ma nella prima e nell’ultima beatitudine, Gesù, che è il Signore del regno dei cieli, l’ha dispensata interamente ai poveri e ai perseguitati; e là solo parlò al presente: « Questo regno è loro ». La ricompensa, che in nessun modo sminuisce la verità della salvezza per grazia mediante la fede, è grande in proporzione alla fedeltà e all’amore con cui i discepoli di Gesù hanno sofferto per il suo nome. Tuttavia nessun cristiano cerca questa ricompensa senza Dio e la felicità di servirlo, altrimenti perderebbe ciò che lo rende grande e dolce Gesù ha mostrato ai suoi discepoli perseguitati motivo di gioia nella mente

Il diacono Michel Houyoux

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◊ Qumran   : clicca qui per leggere l’articolo →  Testi – Tutti i Santi   :

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