Lunedì Santo

Posté par diaconos le 23 mars 2024

La luce della salvezza - Liturgia di oggi Lunedì 16 Novembre 2020

Jesu la luce del Mondo

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei : « Amen, amen, io vi dico : se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte, non vedrà mai la morte ». I Giudei gli dissero : « Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, i profeti sono morti e tu dici: « Se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte » Sei forse più grande del nostro padre Abramo ? Egli è morto e anche i profeti sono morti. Chi credi di essere ? Gesù rispose : « Se io mi glorio, la mia gloria non è nulla; è il Padre mio che mi glorifica, del quale voi dite:  » È il nostro Dio », anche se non lo conoscete.

Io lo conosco e se dicessi che non lo conosco, sarei un bugiardo come voi. Ma lo conosco e osservo la sua parola. Tuo padre Abramo si rallegrò, sapendo che avrebbe visto il mio Giorno. Lo vide e si rallegrò. Allora i Giudei gli dissero : « Tu che non hai ancora cinquant’anni, hai visto Abramo ! ». Gesù rispose loro : « Amen, amen, vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono ». Allora raccolsero delle pietre per scagliarle contro di lui. Ma Gesù si nascose e uscì dal Tempio. (Gv 8, 51-59)

Gesù, la luce del mondo

Gli interpreti erano divisi su questa questione. Alcuni, come Calvino, de Wette e Godet, pensano che Gesù, dopo una pausa, si rivolga ai suoi ascoltatori più disponibili, a coloro che hanno vissuto un primo movimento di fede e hanno soddisfatto la condizione posta da Luca; fa brillare davanti ai loro occhi la magnifica promessa. Altri, come Meyer, Weiss e Luthardt, pensano che queste parole si ricolleghino immediatamente a quelle che le hanno precedute e che Gesù, mentre annunciava il giudizio di Dio, abbia dichiarato un’ultima volta che la parola che proclamava era l’unica via per sfuggire alla morte. 

Se la prima ipotesi sembra più corretta, sono stati gli stessi avversari a rispondere riproducendo il pensiero ingiurioso che avevano espresso. Comunque sia, Gesù ha proclamato una di quelle verità profonde che contengono tesori di consolazione e di speranza. Osservare la sua parola significa dimorare in essa, farne l’elemento della propria vita interiore, praticarla in tutta la propria condotta (Gv 14,23-24; Gv 17,6). Chi vive di questa parola ha la vita eterna : non vedrà mai la morte. .

Agli occhi di Gesù, la morte del corpo non è morte ma sonno (Med. 9.24; Gv. 11.11), il passaggio alla pienezza della vita. La vera morte completa è quella dell’anima, la sua separazione da Dio, e tale morte è diventata impossibile per chi possiede la vita eterna in Dio. I Giudei, prendendo la parola « morte » in senso puramente materiale, rafforzarono la loro ingiusta opinione che Gesù fosse pazzo, che parlasse sotto l’influenza di un demone. I più grandi uomini di Dio, Abramo e i profeti sono morti, e voi pretendete di avere il potere di esentarli dalla morte! Cosa pretendete di essere ?

Nonostante la rivelazione di Dio nella sua Parola, essi erano in questa profonda ignoranza, a causa della loro cecità morale. Ma Gesù lo sapeva e ha mantenuto la parola, perché è con loro in completa unità di volontà e di amore. È per questo carattere che i Giudei avrebbero dovuto riconoscere la verità divina delle sue parole. Indignato per la loro resistenza a questa verità, Gesù ricordò loro lo spirito di falsità che l’aveva causata e lo indicò loro. Dopo essersi giustificato dal rimprovero di essersi glorificato, Gesù affronta la domanda dei Giudei : « Sei tu più grande di Abramo ?

Sì, lo sono », risponde con coraggio, « poiché sono stato l’oggetto della speranza e della gioia di quel patriarca ». C’è dell’ironia in questa parola: Abramo, vostro padre, colui che venerate, si rallegrò umilmente nella speranza della mia venuta. Che contrasto con il loro atteggiamento ! L’evento dopo il quale Abramo sospirò, e che Gesù chiama il mio giorno, non può che essere la comparsa del Salvatore sulla terra per compiere la redenzione del mondo (Lc 17, 22). 

Infatti, sebbene questo termine si riferisca spesso alla sua seconda venuta (Lc 17,24-26 ; 1 Cor 1,8 ; Fil 1,6 ; 1 Tess 5,2), non è probabile che debba essere inteso in questo senso.
Ma quando Abramo ha gioito nella speranza di vedere questo giorno di Cristo ? Perché sono queste due gioie successive che Gesù attribuisce al patriarca.


Sulla prima domanda, gli interpreti sono stati: le promesse di Dio, in cui Abramo credette, furono la causa della sua gioiosa speranza, perché il loro oggetto era la salvezza del mondo (Gen 18,17-18; Gen 22,18). 

Per quanto riguarda la seconda domanda: quando Abramo vide realizzate queste speranze e si rallegrò? Le opinioni variano. I Padri della Chiesa e i Riformatori hanno messo in relazione questo fatto con la vita terrena di Abramo, spiegandolo con la sua fede nelle promesse di Dio, o con una visione profetica (Eb 1, 13), o con rivelazioni che gli sono state date a un certo punto della sua carriera.

Il divenire appartiene a tutto ciò che è creato; l’essere assoluto ed eterno appartiene solo a Dio, ed è in questo senso che Gesù Cristo ha parlato. Gesù si nascose tra la folla che lo circondava, dove i suoi discepoli poterono facilitare la sua fuga. 

Così lasciò il tempio per sfuggire ai disegni omicidi dei suoi nemici. L’espressione: si nascose, esclude che essa supponga un’azione soprannaturale. Questa fu la fine della lotta più violenta che Gesù condusse in Giudea. La vittoria generale sull’incredulità fu decisa per la Giudea come per la Galilea.

Il diacono Michel Houyoux


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Domenica delle Palme e della Passione

Posté par diaconos le 21 mars 2024

Domenica delle Palme: ecco cosa si celebra e perchè si utilizzano i ...

# La Domenica di passione è la domenica in cui i cristiani commemorano la Passione di Gesù. La Domenica di passione è celebrata nella forma straordinaria del rito romano quattordici giorni prima di Pasqua e segna l’inizio del Tempo di passione, in cui si velano la croce e le statue dei santi. Altre particolarità liturgiche prevedono l’omissione della dossologia minore (Gloria Patri) al termine dei salmi che si recitano durante la messa. Il colore liturgico di questa domenica è il violaceo. Nella forma ordinaria del rito romano la Domenica di passione è stata accorpata con la Domenica delle palme.

Molti studiosi mettono in dubbio che Gesù fosse entrato a Gerusalemme nel modo trionfale descritto dai vangeli ; il giorno della settimana in cui sarebbe avvenuto non è in ogni caso conosciuto, viste le discordanze tra i vangeli, e il giorno di domenica è stato scelto in base a tradizioni successive. Si hanno notizie della benedizione delle palme a partire del VII secolo in concomitanza con la crescente importanza data alla processione. Questa è testimoniata a Gerusalemme dalla fine del IV secolo e quasi subito fu introdotta nella liturgia della Siria e dell’Egitto.

Dal libro del profeta Isaia

Il Signore, mio Dio, mi ha dato il linguaggio del discepolato, affinché io possa sostenere gli affaticati con una parola. Ogni mattina si sveglia, risveglia il mio orecchio, perché io possa ascoltare come discepolo. Il Signore, il mio Dio, mi ha aperto l’orecchio e io non mi sono ribellato, né mi sono tirato indietro. Ho presentato la mia schiena a quelli che mi hanno picchiato, e le mie guance a quelli che mi hanno strappato la barba.Non ho nascosto la mia faccia dagli insulti e dagli sputi. Il Signore, mio Dio, mi aiuta; perciò non sono afflitto da rimproveri, perciò ho reso la mia faccia dura come la pietra; so che non sarò messo in imbarazzo» (Is 50, 4-7)

La fedeltà del servo del Signore

Il servo del Signore parlò di nuovo. Disse che il Signore stesso lo aveva preparato per il suo lavoro, e lo fece senza vacillare di fronte alla persecuzione, fiducioso nell’aiuto del suo Dio. A questo discorso il profeta aggiunse alcune parole di incoraggiamento per coloro che obbedivano alla voce del servo, e di minaccia per coloro che gli si opponevano. La lingua di un discepolo: non una lingua dotta (Ostervald), ma una lingua che ripeteva fedelmente. Il servo ha compiuto la missione assegnatagli : «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò riposo». (Mt 11, 28). Per permettergli di fare questo, Dio lo portò alla sua scuola, e ogni mattina gli dava la lezione che lui a sua volta insegnava agli altri.

Il Signore parlò al servo non in visioni, ma bocca a bocca, come a Mosè ; in lui si compì la promessa di un profeta come Mosè : «Il Signore tuo Dio susciterà per te, tra i tuoi fratelli, un profeta come me, e tu lo ascolterai. Ed egli risponderà alla tua petizione che facesti all’Eterno, al tuo Dio, a Horeb, nel giorno dell’assemblea, dicend. Non lasciarmi udire la voce dell’Eterno, del mio Dio, né vedere questo gran fuoco, affinché io non muoia». E l’Eterno mi disse : «È bene che abbiano parlato». Io susciterò per loro un profeta come te tra i loro fratelli, e metterò le mie parole nella sua bocca, ed egli dirà loro tutto ciò che gli ordinerò.  » (Deut 18, 15-18)

Tagliare la barba a una persona è, secondo le idee orientali, il trattamento più ignominioso che gli si possa riservare : «Hanun prese dunque i servi di Davide, rasò loro metà della barba, tagliò loro metà delle vesti fino ai fianchi e li mandò via.» (2 Samuele 10, 4)

Il Diacono Michel Houyoux

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Quinta domenica di Quaresima – Anno B

Posté par diaconos le 12 mars 2024

Figlio dell'uomo»: un titolo divino-umano di Cristo - Famiglia Cristiana

È giunta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato

# Il Figlio dell’uomo è una figura escatologica utilizzata negli ambienti apocalittici giudaici a partire dal periodo postesilico. Questa espressione compare in particolare nel Libro di Daniele. Nei Vangeli, è il titolo più spesso usato da Gesù quando parla di se stesso. L’espressione stessa è una traduzione letterale del greco uios tou anthrôpou, un trasferimento dell’aramaico bar nasha, parole utilizzate all’epoca di Gesù come sostituto linguistico di « essere umano ».

Le interpretazioni a cui ha dato luogo nel cristianesimo hanno spostato il significato iniziale sull’umanità di Gesù. La sua prima attestazione risale al settimo capitolo del Libro di Daniele, datato alla persecuzione di Antioco Epifane, poco prima della rivolta dei Maccabei (160 a.C. circa). Nel Nuovo Testamento ci sono più di ottanta passi in cui Gesù di Nazareth si definisce « Figlio dell’uomo ». Egli si è presentato come il futuro giudice escatologico.

# La kenosi è una nozione della teologia cristiana espressa da una parola greca, κένωσις, « azione di svuotamento, di spogliazione di tutto »; il significato di questa nozione nel cristianesimo è illuminato dall’epistola di Paolo ai Filippesi (Fil 2,6) Questa nozione ha dato origine a numerosi sviluppi di una teologia che pone grande enfasi sull’abbassamento di Dio. Per amore, Dio si spoglia degli altri suoi attributi divini, come l’onnipotenza, la gloria, l’impassibilità, la perfezione, l’autosufficienza e la Provvidenza che governa il mondo.

La teologia della kenosi affronta il mistero del male affermando che è innanzitutto Dio a soffrire e non l’uomo: « Ma no, Dio non permette mai il male, ne soffre, ne muore, ne è innanzitutto vittima ». La teologia della kenosi è stata formalizzata dai Padri della Chiesa e ha fatto parte dei dibattiti cristologici dei primi concili. La kenosi, quindi, non riguarda la natura divina di Cristo, ma solo la sua umanità. Per Paolo di Tarso, la teologia della kenosi afferma che l’incarnazione del Verbo corrisponde a una rinuncia agli abituali privilegi divini: Dio è solo Amore e gli attributi di Dio sono solo gli attributi dell’Amore. Per Moltmann, un Dio che è solo onnipotente è un essere imperfetto.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni

In quel tempo c’erano alcuni greci tra coloro che erano saliti a Gerusalemme per adorare Dio durante la festa di Pasqua. Vennero da Filippo, che era di Betsaida in Galilea, e gli chiesero : « Vorremmo vedere Gesù ». Filippo lo disse ad Andrea ed entrambi lo dissero a Gesù. Allora Gesù disse loro : « È giunta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. Amen, amen, vi dico : se un chicco di grano cade in terra e non muore, rimane solo; ma se muore, porta molto frutto. »

Chi ama la propria vita la perde ; chi invece mette da parte la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se qualcuno vuole servirmi, mi segua; e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre mio lo onorerà.Ora la mia anima è sopraffatta. Cosa devo dire ? « Padre, salvami da quest’ora » ? Ma no! È per questo che sono arrivato a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome ! Allora venne una voce dal cielo che disse : « L’ho glorificato e lo glorificherò ancora ».

Quando la folla lo udì, disse che fu come un tuono. Altri dissero : « Un angelo gli parlò ». Ma Gesù rispose loro : « La voce non era per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sta per essere scacciato; e io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti gli uomini a me ». Con questo intendeva il tipo di morte che stava per subire (Gv 12, 20-33).

Vogliamo vedere Gesù

Vogliamo vedere Gesù. Questa fu la richiesta di alcuni greci all’indomani della Domenica delle Palme. Erano simpatizzanti della religione ebraica e si erano recati a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Avevano sentito parlare del suo ingresso trionfale a Gerusalemme. Si misero quindi alla ricerca dei discepoli e alla fine trovarono Filippo. Gli si avvicinarono e gli esposero il loro più grande desiderio: vedere la gloria di colui di cui tutti cantavano le lodi.

Sì, sono d’accordo, ma la gloria che erano invitati ad accettare era quella di un uomo crocifisso. Hanno visto la morte dell’autore della vita, un uomo esaltato al di sopra di tutti, inchiodato a una croce. Questo Gesù innalzato da terra conoscerà la gloria perché attirerà a sé tutti gli uomini. « Vorremmo vedere Gesù ». Questa è una frase meravigliosa che sale da ogni cuore che desidera Dio. Gesù parla oggi a ciascuno di noi. Anche noi vogliamo vedere Gesù. Gesù ci fa capire una cosa molto importante : lo incontreremo dove non avremmo mai pensato di incontrarlo.

 Egli è sempre visibile, ma in modi che non avevamo immaginato. È nel malato che andiamo a trovare sul suo letto d’ospedale; è nell’uomo che è stato licenziato senza motivo, nel carcerato con cui ci teniamo in contatto, nella persona che è vittima di calunnie e dicerie. quetto ciò che facciamo per il più piccolo di questi, lo facciamo per lui. Con Gesù, i valori si capovolgono. L’umiliazione diventa grandezza. Il fallimento diventa trionfo. Lo strumento di tortura più degradante dell’epoca diventa la croce gloriosa. La vediamo come uno splendente simbolo d’amore.

Questa croce si trova nelle nostre chiese, ma anche agli incroci e sulle cime delle colline. Quando la guardiamo, scopriamo la glorificazione di un amore che va oltre ogni nostra immaginazione. Ma vedere Gesù non è sufficiente. Egli si aspetta che lo seguiamo e lo imitiamo. È un invito che ricorre spesso nei Vangeli : prendere la nostra croce e seguire Gesù. Il cammino di Cristo è una rapida discesa. È esattamente il contrario di quello che gli uomini consigliano.

Viviamo in un mondo che privilegia il denaro, il potere e lo status. Ma quando Gesù cerca l’uomo, scende nell’incarnazione e diventa uno schiavo. Scende tra gli uomini e diventa l’ultimo. È così che ci invita a seguirlo, fino alla morte, per poter partecipare alla sua risurrezione. Seguire Gesù significa anche soffrire accanto ai nostri simili, accanto a coloro che vivono nella disperazione. Egli ci invita anche a unirci a coloro che si impegnano a combattere la povertà.

In breve, dobbiamo riscoprire il significato evangelico della carità: amare, ascoltare gli altri, essere al servizio, condividere, essere attenti ai più poveri. Ogni domenica celebriamo l’Eucaristia in comunione con tutta la Chiesa, la cui missione è quella di condurci a Gesù. Inviandoci a testimoniare il suo amore e la speranza che ripone in noi, Gesù ci ricorda che è con noi ogni giorno fino alla fine del mondo. Preghiamolo insieme, affinché ci dia forza e coraggio per la missione che ci ha affidato.

Il Diacono Michel Houyoux

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Video Padre Fernando Armellini : clicca qui →https://youtu.be/JeqU1VUy2wM

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Quarta domenica di Quaresima – Anno Paolino

Posté par diaconos le 8 mars 2024


"Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io ...

 

El figlio del duomo


# Mosè, primo profeta dell’ebraismo, è la figura più importante della Bibbia ebraica, che riceve la Legge per l’ebraismo, prefigura Gesù Cristo per il cristianesimo e precede il profeta Maometto per l’Islam. Per le tradizioni monoteistiche ebraica e cristiana, Mosè è l’autore divinamente ispirato del Pentateuco, cioè dei primi cinque libri della Bibbia, che costituiscono la Torah ebraica e sono chiamati « Legge di Mosè » in queste due religioni. Mosè scrisse anche « sotto la dettatura di Dio » il Decalogo e tutta una serie di leggi religiose, sociali e alimentari.

Oltre a questa idea di scrittura mosaica sotto dettatura di Dio, nota come « Torah scritta », i rabbini attribuiscono a Mosè anche la « Torah orale » sotto forma di commenti alla Legge codificati nella Mishna. Nell’Islam, Mosè – con il nome di Musa – è il profeta che compare in modo più evidente nel Corano, essendo citato centotrentasei volte. È uno dei « grandi profeti », considerato uno dei messaggeri inviati da Allah, e prefigura il profeta Maometto. Le narrazioni mosaiche del Corano fanno riferimento al Pentateuco e all’Aggada, ma offrono anche episodi originali, sottolineando il parallelismo tra Maometto e Mosè.

# Sembra che già nell’antichità cristiana la quarta domenica di Quaresima, nota come Domenica Laetare, abbia assunto il carattere speciale di una pausa nel mezzo della Quaresima (come la Domenica Gaudete durante l’Avvento). Il nome deriva dall’incipit dell’introito della Laetare, « Laetare Jerusalem » (Rallegrati, Gerusalemme). In passato, a differenza delle altre domeniche di Quaresima, il Papa si recava a cavallo alla stazione di Santa Croce di Gerusalemme, dove si venerava la Croce Gloriosa.

Il termine « Domenica Laetare » è utilizzato dalla maggior parte dei riti liturgici latini (come la tradizione cattolica e l’anglicanesimo) e da alcune denominazioni protestanti che hanno le loro origini nel rito della Chiesa europea. In Belgio, Laetare è una festa tradizionale celebrata principalmente a Stavelot, nella provincia di Liegi, nell’arco di 3 giorni (sabato, domenica e lunedì). È una tradizione secolare che risale al 1502. Come la domenica di Gaudete in Avvento, la Chiesa celebra la sua gioia e i paramenti liturgici possono eccezionalmente essere rosa (una miscela di viola e bianco) invece che viola in questo giorno.

In quel tempo Gesù disse a Nicodemo : « Come Mosè innalzò il serpente di bronzo nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché in lui chiunque crede abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna. Dio infatti ha mandato il suo Figlio nel mondo non per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui sfugge al giudizio; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unico Figlio di Dio. E questo è il giudizio: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chi fa il male odia la luce ; non viene alla luce, perché non vengano scoperte le sue opere; ma chi fa la verità viene alla luce, perché si veda che le sue opere sono state fatte in unione con Dio ». (Gv 3, 14-21)

Il Figlio dell’uomo doveva essere innalzato

Gesù cercò di iniziare Nicodemo alle cose celesti che solo lui poteva rivelare. Per rendere accessibile a Nicodemo il mistero della sua opera di redenzione, Gesù prese in prestito dall’Antico Testamento un magnifico simbolo ben noto al suo interlocutore; e, applicandolo a se stesso, fece una chiarissima predizione della sua morte Il popolo d’Israele, avendo mormorato contro Dio, fu punito con il terribile flagello dei serpenti ardenti, che causò la morte di molti dei colpevoli. Allora il popolo pentito, confessando il proprio peccato, si recò da Mosè, pregandolo di intercedere per loro.

n risposta alla loro preghiera, al servo di Dio fu ordinato di innalzare un serpente di bronzo su un’asta, e tutti coloro che credettero alla promessa di Dio e contemplarono questa immagine del male di cui soffrivano furono guariti. Allo stesso modo, aggiunge Gesù, il Figlio dell’uomo doveva essere innalzato; innalzato prima di tutto sulla croce, che sarebbe diventata per lui il cammino verso la gloria. Il significato della parola « essere innalzato » è confermato da altre affermazioni di Gesù e anche dal fatto che, nella lingua aramaica che egli parlava, la parola corrispondente significava : essere innalzato su un palo, essere appeso o crocifisso lì.

Era necessario, disse Gesù: una necessità gloriosa, fondata sull’eterna misericordia di Dio, sul suo consiglio già annunciato dalle profezie, che si sono adempiute. Lo scopo di quest’opera d’amore di Gesù era simile a quello raggiunto nel deserto per gli israeliti morenti: affinché ognuno non perisse nel suo peccato, come i colpevoli perirono nel deserto, ma avesse la vita eterna. Quest’ultima parola si trova qui per la prima volta nel Vangelo. Si ripropone più volte. Il dono della vita eterna implica il perdono, la riconciliazione con Dio, ma anche la partecipazione dell’anima salvata alla vita di Dio stesso, una vita imperitura e benedetta.


Dio ha amato tanto: questo amore è il principio e la fonte suprema della salvezza. Ha amato il mondo, questo mondo decaduto e peccatore in rivolta contro di lui; ha amato tutta l’umanità, alla quale ha destinato questa manifestazione del suo amore. Non solo ha inviato, ma ha rinunciato a ciò che aveva di più caro, il suo unico Figlio : « Chi non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci darà anche lui ogni cosa » (Rm 8, 32).
Per evitare di perire nel suo peccato e nella sua miseria, egli richiede solo che ogni uomo riponga in se stesso tutta la fiducia del suo Cuore. Infine, ha aperto gli occhi di questo credente sulle prospettive immense e benedette della vita eterna. La parola « Figlio unigenito » è propria di Giovanni, ma perché non l’avrebbe usata Gesù, che così spesso si definisce Figlio ? 

Gesù ha confermato che lo scopo della sua venuta nel mondo era quello di manifestare l’amore eterno di Dio e non di giudicare il mondo. Lo scopo di questo amore è così universale che tutto il mondo può essere salvato attraverso Gesù Cristo. Questa universalità della salvezza è espressa nel modo più solenne dalla triplice ripetizione della parola mondo. Gesù, annunciando così lo scopo misericordioso della sua venuta, era ben lontano dal negare l’ultimo giudizio, che, al contrario, gli è riservato alla fine dei tempi e che egli annuncia nel modo più solenne : « Non meravigliatevi di questo, perché viene l’ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno. Quelli che fanno il bene risorgeranno alla vita, ma quelli che fanno il male risorgeranno al giudizio » (Gv 5, 28-29).

Durante la sua permanenza sulla terra, e mentre proclamava la misericordia divina, Gesù ha esercitato, con la forza della verità, un altro giudizio reale, interiore, al quale nessun uomo può sottrarsi: « Allora Gesù disse : « Sono venuto in questo mondo per un giudizio, perché quelli che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi »". (Gv 9, 39). « Gesù, che ha appena rivelato il suo amore redentore per il mondo intero, ora rivela a Nicodemo la natura del vero giudizio. E anche questa rivelazione è una completa trasformazione dell’opinione comune. La linea di demarcazione non sarà tra Giudei e Gentili, ma tra credenti e non credenti, indipendentemente dalla loro nazionalità ». (Godet)

Poiché il Figlio di Dio è venuto non per giudicare, ma per salvare, chi crede in lui, chi ha accolto in lui la grazia divina, chi si è donato a lui, non è giudicato. Il giudizio deve essere stato esercitato nella sua coscienza dalla verità e lo ha portato al pentimento, ma ora ne è libero e respira nell’atmosfera della grazia e dell’amore divini ; ne ha la testimonianza dentro di sé. « Chi crede nel Figlio di Dio ha in sé questa testimonianza; chi non crede a Dio lo rende bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha dato al suo Figlio ». (1 Gv 5, 10)

Gesù ha confermato queste parole dichiarando che il credente è libero, anche dal giudizio finale : « In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non entra nel giudizio, ma è passato dalla morte alla vita » (Gv 5, 24).Dove apparirà solo per avere chiaro il suo stato d’animo. Gesù ha detto : « Chi non crede, chi persiste nella sua incredulità, è già stato giudicato, semplicemente perché il Figlio unigenito di Dio è venuto a lui, pieno di grazia e di verità, e lo ha rifiutato, chiudendogli il cuore ».


Rimane nel suo peccato, al quale ha aggiunto il peccato più grave, il disprezzo della misericordia di Dio. Chi crede nel Figlio di Dio ha in sé questa testimonianza; chi non crede a Dio lo rende bugiardo perché non crede alla testimonianza che Dio ha dato al suo Figlio.
Gesù è penetrato ancora più a fondo nell’anima e ha scoperto la natura e la causa del giudizio. È perché la luce è apparsa nel mondo con la venuta di Gesù, e che alla sua presenza avviene in ogni anima una decisione, una crisi, un giudizio: o ama la luce e si dona a Colui che la fa risplendere, o preferisce l’errore, la menzogna, il male, e si rifugia in essa per darsi alle sue opere che erano malvagie e rimangono tali. 

Rifiutando Gesù, l’uomo giudica se stesso. L’indagine più rigorosa di tutta la sua vita non rivelerebbe meglio la sua disposizione. Chi compie azioni malvagie o fa il male non solo non ama la luce, ma la odia, perché essa rivela, accusa e condanna le disposizioni più intime del suo cuore, e si guarda bene dal venire alla luce, cioè dall’avvicinarsi a Gesù, perché sa che le sue azioni sarebbero esaminate, convinte della loro colpevolezza, come davanti a un tribunale. La situazione è ben diversa per chi pratica la verità, la verità morale che, negli scritti di Giovanni, è spesso più o meno sinonimo di santità e che è l’esatto contrario delle azioni cattive o del male. Fare la verità si riferisce allo sforzo perseverante di elevare la propria condotta al livello della propria conoscenza morale, per realizzare l’ideale di bene percepito dalla coscienza. (Godet)

Chi agisce viene alla luce, si avvicina a Gesù con fiducia, non temendo, ma desiderando che le sue opere siano rese manifeste. È perché ha in sé la testimonianza che le sue opere, la sua vita, le disposizioni del suo cuore sono fatte in Dio, in comunione con lui, in conformità al suo spirito e alla sua volontà. « Molto forte per caratterizzare le opere dell’uomo sincero, prima che abbia trovato Cristo. Ma sia in Israele che al di fuori della sfera teocratica, è da un impulso divino che proviene tutto il bene della vita umana » (Gv 37-44). 

« Ovunque ci sia docilità da parte dell’uomo verso questa iniziativa divina, vale questa espressione di opere fatte in Dio, che comprende tanto i sospiri del peccatore umiliato e del credente pentito quanto le nobili aspirazioni di un Giovanni o di un Natanaele » (Godet). Gesù ha riconosciuto che ci sono uomini che, prima ancora di arrivare a lui, la luce perfetta, hanno un cuore sincero e retto, amano la verità e cercano la luce : « Chiunque è dalla verità, ascolti la mia voce » (Gv 18, 37). Sono queste le anime che il Padre attira a Gesù e che non gli resistono. Queste parole, che concludevano la conversazione, erano un incoraggiamento per Nicodemo, che era venuto lui stesso da Gesù.


Il diacono Michel Houyoux


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