Ventiquattresima domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Posté par diaconos le 10 septembre 2024

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# Il Figlio dell’uomo è una figura escatologica utilizzata negli ambienti apocalittici giudaici a partire dal periodo postesilico. Questa espressione compare in particolare nel Libro di Daniele. Nei Vangeli, è il titolo più spesso usato da Gesù quando parla di se stesso. L’espressione stessa è una traduzione letterale del greco uios tou anthrôpou, un trasferimento dell’aramaico bar nasha, parole utilizzate all’epoca di Gesù come sostituto linguistico di “essere umano”.

Le interpretazioni a cui ha dato luogo nel cristianesimo hanno spostato il significato iniziale sull’umanità di Gesù. La sua prima attestazione risale al settimo capitolo del Libro di Daniele, datato alla persecuzione di Antioco Epifane, poco prima della rivolta dei Maccabei (160 a.C. circa). Nel Nuovo Testamento ci sono più di ottanta passi in cui Gesù di Nazareth si definisce “Figlio dell’uomo”. Questo era il titolo che usava più frequentemente quando parlava di sé. Egli si presentava come il futuro giudice escatologico.

# La kenosi è un concetto della teologia cristiana espresso da una parola greca, κένωσις, “azione di svuotamento, di spogliazione di tutto” ; il significato di questo concetto nel cristianesimo è illuminato dalla Lettera di Paolo ai Filippesi (Fil 2,6).  Questa nozione ha dato origine a numerosi sviluppi teologici che pongono grande enfasi sull’abbassamento di Dio. La teologia della kenosi affronta il mistero del male affermando che è innanzitutto Dio a soffrire e non l’uomo : “Ma no, Dio non permette mai il male, ne soffre, ne muore, ne è innanzitutto vittima”.

La teologia della kenosi è stata formalizzata dai Padri della Chiesa e ha fatto parte dei dibattiti cristologici dei primi concili. La teologia della kenosi è stata formalizzata dai Padri della Chiesa e ha fatto parte dei dibattiti cristologici dei primi concili. La kenosi non riguarda la natura divina di Cristo, ma solo la sua umanità.  Per Paolo di Tarso, la teologia della kenosi afferma che l’incarnazione del Verbo corrisponde a una rinuncia agli abituali privilegi divini: Dio è solo Amore e gli attributi di Dio sono solo gli attributi dell’Amore. Per Moltmann, un Dio che è solo onnipotente è un essere imperfetto.

# Il nome “Satana” appare per la prima volta nella Bibbia ebraica. Per Daniel E. Gershenson, esiste una forte possibilità che il nome “Satana” derivi dal greco e la sua etimologia sarebbe “colui che abita nei cieli”. Nella tradizione cristiana, Satana è citato nel Libro di Giobbe e nei Vangeli da Gesù, che lo chiama “principe di questo mondo”. Viene identificato con il capo degli angeli caduti. Questa visione si basa sugli scritti biblici : l’angelo ribelle era caduto secondo Isaia ed Ezechiele nell’Antico Testamento e Pietro e Giuda nel Nuovo Testamento.

Secondo l’insegnamento del Catechismo della Chiesa cattolica romana, gli angeli sono stati tutti creati da Dio per essere buoni, ma alcuni sono diventati cattivi e si sono rivoltati contro il loro creatore. Poiché gli angeli non hanno bisogno della fede, in quanto hanno già la conoscenza di tutte le cose celesti, la loro ribellione a Dio costituisce un atto imperdonabile per coloro che lo dicono, cioè gli uomini che lo scrivono, cioè che tradire l’Eterno è anche tradire il Tempo, è una caduta fatale, un errore fatale. Matteo ha definito questa ribellione un peccato imperdonabile in questa o in un’epoca futura. Satana è anche identificato con il Serpente della Genesi.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco

In quel tempo, Gesù se ne andò con i suoi discepoli nei villaggi intorno a Cesarea di Filippo. Mentre andava, chiese ai suoi discepoli : “Chi dice la gente che io sia ?” Gli risposero : “Giovanni il Battista ; per altri, Elia ; per altri ancora, un profeta”. Ed egli chiese loro : “E voi cosa dite ? Chi pensate che io sia ? Pietro rispose : “Tu sei il Cristo”. Poi proibì loro con forza di parlare di lui a chiunque. Cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molte cose, che doveva essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, che doveva essere ucciso e che tre giorni dopo sarebbe risorto.

 Gesù lo disse apertamente. Pietro lo prese in disparte e cominciò a rimproverarlo aspramente. Ma Gesù si voltò e, vedendo i suoi discepoli, gridò a Pietro : “Vattene da me, Satana! I tuoi pensieri non sono di Dio, ma degli uomini”. Chiamata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro : “Se qualcuno vuole seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. (Mc 8, 27-35)

I discepoli credettero in Gesù

Quando i discepoli credettero in Gesù e lo confessarono come il Cristo, il Figlio di Dio, egli poté parlarne loro apertamente, e lo fece anche, per dissipare, se possibile, ogni falsa idea messianica che ancora avevano, e per prepararli a condividere le sue umiliazioni e i suoi dolori. Anche Marco (Mc 8,31) e Luca (Lc 9,20-22) mettono in relazione questa predizione direttamente con la confessione di Pietro. Marco aggiunge che egli disse loro con coraggio queste parole. È quando nasce la vera fede che il cristiano deve aspettarsi contraddizioni e sofferenze.

Per quanto riguarda Gesù, era necessario, dice. Una necessità misteriosa, fondata sul decreto della giustizia e della misericordia di Dio, annunciato nelle Scritture. Doveva essere fatto se non si voleva che il mondo perisse nel suo peccato.  Questo è ciò che Dio non voleva, e Gesù accetta la volontà del Padre per amore : “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. (Gv 3,14)

Il Sinedrio era composto da tre classi di uomini: gli anziani, i capi dei sacerdoti e gli scribi, o maestri della legge. C’era qualcosa di solenne nel modo in cui Gesù li nominava in dettaglio e li vedeva cospirare contro di lui per ucciderlo. Questa era la tragica rottura tra la teocrazia e il Messia e il suo regno ! Dopo la sconfitta, il trionfo; dopo la morte, la vita! Se una di queste predizioni aveva sopraffatto i discepoli, l’altra era destinata a sollevarli.

Ma qui i critici trovarono un ostacolo, e non si poteva negare che ci fosse una difficoltà. Non riuscendo a risolvere la questione, alcuni hanno messo in dubbio la predizione, mentre altri,   Meyer, per esempio, supponeva che la predizione fosse vaga e oscura. Ma non sono stati gli stessi evangelisti a darci la risposta all’enigma? Ancora pieni del loro pregiudizio ebraico su un Messia glorioso, non capivano assolutamente nulla di questa predizione della sua sofferenza e risurrezione.

“Ma essi non ne compresero nulla ; era per loro un linguaggio nascosto, parole di cui non afferravano il significato”. (Lc 18,34) L’esempio di Pietro dimostra che ha sentito meglio le parole di Gesù, ma che si è rifiutato risolutamente di entrare nei suoi pensieri. Come poteva un evento così straordinario come la risurrezione non sembrare loro incredibile ? E anche se non fossero stati così carenti nella comprensione di questo mistero, non c’era forse un’immensa distanza tra il comprendere e il credere ?

Questa riprovazione che Pietro si permetteva aveva senza dubbio lo scopo di convincere Gesù che era destinato a qualcosa di diverso da una simile fine. C’era amore per Gesù nella commozione di Pietro, ma più che altro ignoranza, anche quando invocava misericordia nei suoi confronti.   La sicurezza con cui Pietro affermava che ciò non sarebbe accaduto gli attirò le severe parole di Gesù : “Vattene via da me, Satana; tu mi sei di scandalo, perché non pensi alle cose di Dio, ma alle cose degli uomini”.

Gesù si allontanò indignato. Satana significa l’avversario, colui che resiste ; ma questo nome veniva comunemente dato al diavolo e Gesù, chiamando Pietro così, voleva fargli capire che in quel momento stava facendo l’opera del tentatore.  Lo dimostra lo scandalo che Gesù trovò nelle parole di Pietro. Gesù aveva bisogno di tutta la sua santa risoluzione e di tutta la sua forza per affrontare la sofferenza.

Pietro gli presenta la stessa tentazione di Satana nel deserto, offrendogli i regni del mondo e la loro gloria : “Il diavolo lo condusse di nuovo su un monte altissimo, gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse : ‘Tutte queste cose ti darò se ti prostrerai e mi adorerai’”. (Mt 4,8-9) Pietro non pensava ai suoi grandi progetti di redenzione del mondo attraverso le sofferenze del Mediatore, ma alle idee carnali di un Messia glorioso. Ma queste parole, applicabili in ogni tempo, hanno una portata molto più generale.

 Chi è colui che si presenta agli uomini come l’oggetto supremo del loro amore, al quale devono sacrificare tutto, persino la loro stessa vita ? Chi parla così è Dio, oppure bestemmia mettendosi al posto di Dio.

Il diacono Michel Houyoux

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Lundi de la vingt-troisième semaine du Temps Ordinaire – Année Paire

Posté par diaconos le 9 septembre 2024

 

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# La piscine de Bethesda, située sur le chemin de la vallée de Beth Zeta, est mentionnée dans l’Évangile de Jean, au chapitre 5, comme le lieu d’un miracle de Jésus sur un paralytique. La description qui en est faite signale qu’elle était entourée de cinq portiques. Les anciens manuscrits de l’évangile de Jean ne s’entendent pas sur le vrai nom de cet endroit : il s’appellerait « Bezatha », ou « Bethesda », ou « Belsetha », ou encore « Bethsaïda ».x

Un des manuscrits de la mer Morte résout le problème de façon inattendue. Le rouleau de cuivre, qui doit dater de la première moitié du Ier siècle, présente une longue liste de trésors cachés à Jérusalem et ailleurs en Terre d’Israël. Une des cachettes est située dans un lieu de Jérusalem appelé Bet-eshdatain, marqué par une piscine à deux bassins de grandeurs différentes. Il ne fait pas de doute, que la transcription grecque de Bethesda doit être retenue comme la plus juste, et le nom doit être traduit par « maison des deux flots, des deux bouches » : il est fait référence à deux sources d’alimentation d’une piscine, ce qui se comprend bien si cette dernière comporte deux bassins indépendants.

À la suite de restaurations entreprises sur l’église Sainte-Anne à Jérusalem en 1888, deux grandes piscines avec cinq portiques et de nombreux fragments de l’époque romaine ont été exhumées. Une fresque située sur l’un des murs représente un ange remuant l’eau. Les secondes piscines furent érigées durant le IIIe siècle av. J.-C. par le Grand Prêtre Simon II (de la famille des Oniades).

Ces piscines étaient utilisées pour laver les moutons avant leur sacrifice au Temple. Cette méthode d’utilisation des piscines conféra à l’eau un halo de sainteté, et plusieurs invalides vinrent se baigner dans les piscines dans l’espoir d’être guéri. Les piscines sont mentionnées dans le Nouveau Testament. Dans Jean 5, il est rapporté que Jésus guérit un homme dans la piscine. Son nom est décrit comme provenant de l’araméen Beth Hesda, signifiant « lieu de la grâce » (בית חסדא). D’autres désignations incluent les noms de Bethzatha et Bethsaïda (qu’il ne faut pas confondre avec la ville de Bethsaïde en Galilée).

Selon l’Encyclopédie juive : « Bethesda », elle symbolisait la maison de la pitié, un bain pour nager avec cinq porches, près de la porte du marché des moutons (Nh 3, 1; Jn 5, 2). L’historien Eusèbe de Césarée (~265-~340) la surnommait « la piscine aux moutons ». Il la désigna également par les noms de « Bethsaïde » et « Beth-zatha » (Jn 5, 2,).Sous ses « porches » ou colonnades se retrouvaient habituellement un grand nombre d’infirmes qui attendaient que l’eau se trouble et qu’un miracle se produise.

De l’Évangile de Jésus Christ selon Luc

Un jour de sabbat, Jésus était entré dans la synagogue et enseignait. Il y avait là un homme dont la main droite était desséchée. Les scribes et les pharisiens observaient Jésus pour voir s’il ferait une guérison le jour du sabbat ; ils auraient ainsi un motif pour l’accuser. Mais lui connaissait leurs raisonnements, et il dit à l’homme qui avait la main desséchée : « Lève-toi, et tiens-toi debout, là au milieu. »L’homme se dressa et se tint debout. Jésus leur dit : « Je vous le demande : Est-il permis, le jour du sabbat, de faire le bien ou de faire le mal ? de sauver une vie ou de la perdre ? »

Alors, promenant son regard sur eux tous, il dit à l’homme : « Étends la main. » Il le fit, et sa main redevint normale. Quant à eux, ils furent remplis de fureur et ils discutaient entre eux sur ce qu’ils feraient à Jésus. (Lc 6, 6-11)

Guérir le jour du Sabbat

Les adversaires de Jésus voulurent voir s’ il  avait en général l’habitude de guérir au jour du sabbat, ce qui eût été plus grave. D’après Luc, Jésus dit : « de sauver une vie, ou de la tuer ». La fureur et la haine leur ôtèrent le bon sens. Et la cause en fut une manifestation éclatante de la puissance et de l’amour de Jésus. Ils crurent n’obéir qu’à leur zèle pour la loi de Dieu, mais ce zèle se corrompit et changé en passion. Matthieu dit : « Ils tinrent conseil contre lui, afin de le faire périr ». Marc ajouta : « Ils tinrent conseil avec les hérodiens ».

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Vingtième dimanche du Temps Ordinaire -Année Paire

Posté par diaconos le 12 août 2024

Moi Je suis le Pain vivant descendu du ciel Jean 6, 41-51

 # La manne fut la nourriture des Hébreux dans le désert, d’après l’Ancien Testament, Selon le livre de l’Exode : les Hébreux murmuraient contre Moïse parce qu’ils mouraient de faim. Le soir, il leur tomba des cailles du ciel ; le matin suivant, il se répandit un brouillard ou une rosée ; lorsqu’elle se fut évaporée, apparut sur la surface du désert quelque chose de menu, de granuleux, de fin comme du givre sur le sol.(Ex 16,14). Moïse leur dit : «C’est le pain que l’Éternel vous donne pour nourriture». Et plus loin : «La maison d’Israël donna à cette nourriture le nom de manne ».

La manne tombait du ciel tous les jours, excepté le jour du Shabbat ; la veille de ce jour il en tombait une quantité double. Les enfants d’Israël mangèrent la manne pendant quarante ans, jusqu’à leur arrivée dans un pays habité ; ils mangèrent la manne jusqu’à leur arrivée aux frontières du pays de Canaan. L’épisode est repris dans le Coran dans la sourate al-Baqara : «Nous fîmes descendre les nuages, pour vous servir d’ombrage : nous vous envoyâmes la manne et les cailles, et nous dîmes, Nourrissez-vous des biens que nous vous offrons» .

# Le Corps du Christ est un concept de la théologie chrétienne, lié à la rédemption, à la vie éternelle, au partage, à la fraternité, ainsi qu’à la transmission de la parole divine. Lors de la messe catholique, le prêtre dit lors de la prière eucharistique : «Au moment d’être livré et d’entrer librement dans sa passion, il prit le pain, il rendit grâce, il le rompit et le donna à ses disciples en disant: «Prenez et mangez en tous: ceci est mon corps livré pour vous»  Ce rappel de la Cène, le repas avant la crucifixion de Jésus-Christ est le symbole de la chair donné par le Messie pour sauver l’humanité de ses péchés.

Juste un peu plus tard dans l’office, le prêtre dit « faisant ici mémoire de la mort et de la résurrection de ton Fils nous t’offrons Seigneur le pain de vie.» Plus que le pardon, le pain comme le stipule l’officiant, est pain de vie, symbole de la résurrection apportée aux humains par Jésus. Le Corps du Christ c’est le don par le Messie du pardon des fautes, c’est la nouvelle parole donnée qui sous entend la résurrection et surtout le pain de vie par cette parole christique qui se veut porteuse de charité, de fraternité.

Moïse sortit le peuple de l’esclavage; Jésus par le don de son corps, par le sacrifice, cherche à faire régner les vertus cardinales et théologales. La Communauté du Pain de Vie fut une communauté nouvelle de l’Église catholique romaine, fondée en 1976 par Pascal et Marie-Annick Pingault et dissoute par Monseigneur Jean-Claude Boulanger le 9 avril 2015

# Pour le docteur de l’Église Jean Chrysostome, Jésus lors de ce miracle se posa comme le créateur du ciel et de la Terre. Il incita également par ce geste à prier avant tout repas, et il voulut montrer l’importance du partage. Des théologiens plus modernes dirent que la multiplication des pains est le symbole de la Parole donnée par le Christ, parole qui a nourri les peuples pour des siècles . Pour saint Éphrem, Jésus donna généreusement sans compter lors de ce miracle. Il donna tellement qu’il en resta douze corbeilles.

Le saint compara également Jésus à Moïse, Moïse qui avait nourri le peuple libéré de l’esclavage avec la manne tombée du ciel. Pour Benoît XVI, ce geste fut le symbole de partage fraternel, mais aussi symbole du chemin que suivirent les apôtres : transmettre la Bonne Nouvelle. Benoit XVI mit en exergue le fait que cette multiplication fut le début de l’Eucharistie qui se perpétue jusqu’à aujourd’hui . Selon certaines interprétations théologiques, il préfigurerait la cène, dernier repas de Jésus avec ses disciples, établissant le rite de l’eucharistie dans lequel le pain est réputé incarner le corps de Jésus, donné en sacrifice sur la croix pour sauver les hommes.

De l’Évangile de Jésus Christ selon Jean

En ce temps-là, Jésus disait à la foule : « Moi, je suis le pain vivant,  qui est descendu du ciel :  si quelqu’un mange de ce pain,  il vivra éternellement.  Le pain que je donnerai, c’est ma chair,  donnée pour la vie du monde. » Les Juifs se querellaient entre eux :  « Comment celui-là  peut-il nous donner sa chair à manger ? » Jésus leur dit alors : « Amen, amen, je vous le dis : si vous ne mangez pas la chair du Fils de l’homme, et si vous ne buvez pas son sang, vous n’avez pas la vie en vous.  Celui qui mange ma chair et boit mon sang  a la vie éternelle ;  et moi, je le ressusciterai au dernier jour.

En effet, ma chair est la vraie nourriture, et mon sang est la vraie boisson. Celui qui mange ma chair et boit mon sang  demeure en moi, et moi, je demeure en lui. De même que le Père, qui est vivant, m’a envoyé, et que moi je vis par le Père, de même celui qui me mange,  lui aussi vivra par moi. Tel est le pain qui est descendu du ciel :  il n’est pas comme celui que les pères ont mangé.  Eux, ils sont morts ;  celui qui mange ce pain vivra éternellement. » (Jn 6, 51-58)

Les Juifs, c’est ainsi que Jean désignait ordinairement les chefs du peuple ; voulut -il dire qu’il se trouvait alors des émissaires du sanhédrin dans la synagogue de Capharnaüm où Jésus parlait ? Jean nommait ainsi ceux des Galiléens qui trahissaient par leurs murmures leur opposition contre Jésus. Ce qui les scandalisait, c’est que Jésus se présenta à eux comme le pain descendu du ciel.

Dans leur ignorance, ils voyaient une contradiction entre cette déclaration et la connaissance qu’ils avaient de la famille de Jésus. Ils murmuraient entre eux, sans exprimer ouvertement leur opposition aux paroles qu’ils venaient d’entendre. Jésus ne répondit pas à l’objection de ses auditeurs, en leur révélant le mystère de sa naissance surnaturelle : car l’origine miraculeuse de Jésus ne put être acceptée que par le cœur déjà croyant.

Ces scrupules ne furent pas la cause de leur incrédulité c’est leur incrédulité qui donna naissance à ces scrupules ; Jésus ne s’appliqua pas à les lever. Il insista sur la nécessité d’une œuvre de la grâce divine qui dut s’accomplir en tout homme qui voulut venir à lui et croire en lui. Personne n’y arrive autrement. Cette œuvre qu’il désigna en ces mots : « Tout ce que le Père me donne viendra à moi », il la caractérisa comme un attrait du Père vers Jésus. Dieu lui donne les âmes en les attirant à lui.

 Dieu a, dans sa main puissante, mille moyens d’exercer cette action de sa miséricorde sur les âmes. Tantôt ce sont les douloureuses expériences de la vie, la souffrance, la pensée de la mort, qui leur font éprouver avec tristesse le besoin d’un consolateur, d’un Sauveur ; tantôt c’est le sentiment amer du péché qui se réveille en elles et qui leur inspire ce cri d’angoisse : «Que ferai-je pour être sauvé ?» Et dès que Jésus se présente, elles le reconnaissent comme Celui après qui elles soupiraient.

Mais le grand moyen de Dieu pour attirer les hommes à Jésus, c’est sa Parole et son Esprit, qui agit incessamment dans notre humanité et qui saisit les moments favorables pour accomplir son œuvre. L’expérience seule, cette grande conciliatrice des contrastes, peut nous instruire à cet égard ; elle apprend aux humbles à dire avec un réformateur : « Nous voulons, parce qu’il nous est donné de vouloir ».

« C’est Dieu qui opère en vous la volonté et l’exécution, selon son bon plaisir, malgré l’apparente contradiction : « Opérez votre propre salut avec crainte et tremblement » (Ph 2, 2-13). Quoi qu’il en soit, dès qu’un pauvre pécheur a ainsi été attiré à Jésus, qui se charge d’achever en lui l’œuvre divine jusqu’à la fin : « Et moi, je le ressusciterai au dernier jour.» Jésus affirma, avec une joyeuse certitude : «Quiconque a ainsi entendu le Père et a été instruit, vient à lui et trouve en lui son Sauveur.»

L’enseignement que les hommes ont reçu de Dieu n’est que préparatoire, destiné à les amener au Fils qui, lui seul, a vu le Père de toute éternité , car il vient de Dieu«C’est donc en lui, qui est l’image de Dieu, la splendeur de sa gloire, que les croyants voient Dieu» (Jn 1, 14)Jésus affirma : «C’est moi qui suis le pain de la vie.» Après cette instruction profonde, provoquée par les murmures des Juifs, Jésus revint à son enseignement sur la vie éternelle qu’il communiqua aux croyants en se donnant lui-même à eux comme le pain de la vie.

Jésus renvoya aux Juifs leur objection : «La manne qui a nourri leurs pères dans le désert ne les a pas empêchés de mourir.» Mais il y a un autre pain qui affranchit de la mort, c’est celui qui est descendu du ciel et qui communique la vie éternelle. Jésus résuma tout ce qu’il vint de dire en affirmant : «Je suis ce pain vivant » et par conséquent vivifiant, puisqu’il fait vivre éternellement ceux qui se l’approprient par la foi et par une communion vivante avec lui.

«Le pain de la vie et le pain vivant, celui qui est la vie divine réalisée dans une personne humaine. qui descend du ciel en général et qui est descendu du ciel dans un sens historique et concret, en la personne de Christ  ; l’expression négative : ne meure pas, et la grande affirmation positive : vivra éternellement»(Meyer) Par ces paroles, Jésus présenta sa pensée sous un aspect nouveau et passa à la dernière partie de son discours. Dans la précédente, il a parlé, à diverses reprises, du pain de vie, d’un pain descendu du ciel et qui communique la vie éternelle à ceux qui en mangent ; il a déclaré que ce pain vivifiant, c’est lui-même, et que le moyen d’en vivre, c’est de croire en lui.

«Donner sa chair et son sang » ne peut désigner autre chose que sa mort, et une mort violente, dans laquelle son sang qui fut répandu. En effet, la chair et le sang, c’est la nature humaine vivante ; les donner, c’est se livrer à la mort ; les donner de ce monde qui est dans la mort, c’est le racheter et le sauver. Le moyen, pour nous, de nous approprier les fruits de la mort de Jésus, c’est d’entrer avec lui, par la foi, dans une communion intime et personnelle,. C’est ce que Jésus exprimer par ses mots : «Manger sa chair et boire son sang ».

Telle fut l’interprétation de la plupart des exégètes. Il en est une autre qui consiste à voir dans tout ce passage, non la mort de Jésus spécialement, mais sa personne et sa vie en général, qu’il offre à ceux qui croient en lui, comme la source de leur vie spirituelle.

Diacre Michel Houyoux

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◊ Opus Dei : cliquez ici pour lire l’article → « Moi, je suis le pain vivant, qui est descendu du ciel

◊ Opus Dei : cliquez ici pour lire l’article → Au fil de l’Évangile de la fête du Corpus Christi : le pain vivant descendu du ciel

 Vidéo Lectio Divina : Moi, je suis le pain vivant, qui est descendu du ciel » : cliquez ici → https://youtu.be/_bNnFd1UNWo,

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Sesta domenica di Pasqua – Anno B

Posté par diaconos le 30 avril 2024

Les paroles de Jésus à Ses disciples après Sa résurrection

# Il Vangelo secondo Giovanni è l’ultimo dei quattro Vangeli canonici del Nuovo Testamento. La tradizione cristiana lo attribuisce a uno dei discepoli di Gesù, l’apostolo Giovanni, figlio di Zebedeo. Secondo Philippe Rolland, i primi Padri della Chiesa sono unanimi nell’affermare che questo Vangelo è l’ultimo dei quattro nel tempo e che è stato scritto da Giovanni.  Tra di loro ci sono Ireneo di Lione, morto nel 210, Clemente di Alessandria, morto nel 211, e Origene, morto nel 245. Per non parlare di Marcione, che morì nel 160 e non è un Padre della Chiesa. Questa ipotesi è oggi respinta dalla maggior parte degli storici, che vedono in questo testo l’opera di una comunità giovannea della fine del I secolo, la cui vicinanza agli eventi è stata oggetto di dibattito.

Questo testo fu scritto in greco, come gli altri tre Vangeli canonici, noti come Sinottici, ma si differenzia da essi per la composizione, lo stile poetico, la teologia e probabilmente le fonti, oltre che per alcuni episodi insoliti, come le nozze di Cana e la donna adultera. Nella dottrina trinitaria, il Vangelo secondo Giovanni è il più importante in termini di cristologia, perché afferma implicitamente la divinità di Gesù, che descrive come Verbo incarnato di Dio.

# Il Vangelo secondo Giovanni è l’ultimo dei quattro Vangeli canonici del Nuovo Testamento. La tradizione cristiana lo attribuisce a uno dei discepoli di Gesù, l’apostolo Giovanni, figlio di Zebedeo. Secondo Philippe Rolland, i primi Padri della Chiesa sono unanimi nell’affermare che questo Vangelo è l’ultimo dei quattro nel tempo e che è stato scritto da Giovanni.
Tra di loro ci sono Ireneo di Lione, morto nel 210, Clemente di Alessandria, morto nel 211, e Origene, morto nel 245.

Per non parlare di Marcione, morto nel 160, che non è un Padre della Chiesa. Questa ipotesi è oggi respinta dalla maggior parte degli storici, che vedono in questo testo l’opera di una comunità giovannea della fine del I secolo, la cui vicinanza agli eventi è discussa. Questo testo fu scritto in greco, come gli altri tre Vangeli canonici, noti come Sinottici, ma si differenzia da essi per la composizione, lo stile poetico, la teologia e probabilmente le fonti, oltre che per alcuni episodi singolari, come le nozze di Cana e la donna adultera.

Nella dottrina trinitaria, il Vangelo secondo Giovanni è il più importante in termini di cristologia, perché afferma implicitamente la divinità di Gesù, che descrive come Verbo incarnato di Dio. # Il Sacro Cuore è una devozione al cuore di Gesù Cristo, come simbolo dell’amore divino con cui Dio ha assunto la natura umana e ha dato la vita per gli uomini. Questa devozione è particolarmente diffusa nella Chiesa cattolica, ma anche nella Chiesa anglicana e in alcune chiese luterane.

Sottolinea i concetti di amore e di adorazione di Cristo. La Solennità del Sacro Cuore fu istituita da Papa Clemente XIII nel 1765 ed estesa a tutta la Chiesa cattolica da Papa Pio IX nel 1856. La diffusione di questa devozione nella Chiesa cattolica, a partire dal XVII secolo, si deve alle rivelazioni di una suora di Paray-le-Monial, Marguerite-Marie Alacoque, che affermò di averla ricevuta da Cristo stesso durante varie apparizioni tra il 1673 e il 16752.

In seguito, a partire dal XIX secolo, essa derivò dalle rivelazioni di un’altra suora cattolica, la Madre Superiora del convento della Congregazione del Buon Pastore di Oporto, Maria del Divin Cuore Droste zu Vischering, che chiese a Papa Leone XIII di consacrare il mondo intero al Sacro Cuore di Gesù. Pio XI disse : « Lo spirito di espiazione o di riparazione ha sempre avuto il primo e principale ruolo nel culto del Sacro Cuore di Gesù ».

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli : « Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. » Vi ho detto questo perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia completa. Il mio comandamento è questo : « Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato »

Non c’è amore più grande che dare la vita per coloro che amiamo. Voi siete miei amici se fate ciò che vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il padrone; vi chiamo amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga. Perciò qualsiasi cosa chiederete al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri. (Gv 15, 9-17)

Come io ho amato voi

È l’amore di Gesù che vive nel cuore dei suoi discepoli la fonte del loro amore reciproco. Egli insisteva su questo comandamento, la cui osservanza era l’anima della vita cristiana : « Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amato, anche voi dovete amarvi gli uni gli altri ». (Gv 13,34) La misura dell’amore che dovevano avere gli uni per gli altri era in quella parola : come io ho amato voi. E Gesù spiegò come li amava. Dare la vita per i propri amici è la più grande prova d’amore che si possa dare loro.

Ecco perché contemplare Gesù che muore sulla croce sarà sempre il modo migliore per comprendere la grandezza del suo amore. Queste parole di Gesù rimasero profondamente impresse nel cuore di Giovanni, che le ripeté anche in seguito. Secondo l’apostolo Paolo, Gesù dimostrò un amore ancora più grande quando volle morire non solo per i suoi amici, ma anche per i peccatori. Gesù aveva appena detto che avrebbe dato la vita per i suoi amici.

Poi, rivolgendosi amorevolmente ai suoi discepoli, aggiunse : « Voi siete miei amici !« . Questo per dire loro allo stesso tempo : « Lo proverete, da parte vostra, con l’obbedienza dell’amore ». Gesù fece loro apprezzare molto questa bella parola « amico » che aveva dato loro. E ne spiegò il significato profondo. Disse loro : « Non vi chiamo più servi, perché il servo rimane estraneo ai pensieri e ai progetti del suo padrone, ma vi ho dimostrato che siete miei amici, perché vi ho fatto conoscere tutti i progetti di misericordia e di amore che il Padre mio mi ha affidato per realizzare la salvezza del mondo ».

Questo è ciò che Gesù ha espresso in questi termini familiari : « Tutte le cose che ho udito dal Padre mio ». Con tutto il loro amore per Gesù, non potevano mai dimenticare che egli era il Signore, e quanto più li elevava a lui, tanto più sentivano il bisogno di umiliarsi alla sua presenza. Tutto questo », ha aggiunto Gesù, « l’ho fatto perché andiate liberamente, con gioia, al vostro lavoro e portiate frutto, un frutto permanente per la vita eterna ». Queste cose, queste parole e queste istruzioni di Gesù, in cui tutto era amore da parte sua, egli le ha elargite ai suoi, affinché essi si amassero a loro volta.

Così gli apostoli hanno compreso l’immensa importanza di questo amore reciproco, che è l’anima della Chiesa nella sua comunione con Gesù. 

Il diacono Michel Houyoux


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