Trentunesima domenica del Tempo Ordinario Anno B

Posté par diaconos le 29 octobre 2024

Il duplice comando dell'Amore - Impegno Educativo

# La carità è sinonimo di giustizia nell’ebraismo, secondo il Comandamento divino, e fa parte del principio della Tzedaka. Secondo la teologia cristiana, si riferisce all’amore dell’uomo per Dio, per se stesso e per il prossimo in quanto creatura di Dio. La carità è anche definita come una delle tre virtù teologiche del cristianesimo (insieme alla fede e alla speranza). Nel linguaggio comune, la carità è una virtù che ci porta a desiderare e a fare del bene agli altri. È un modo di servire le persone attraverso atti ispirati dall’amore per il prossimo.

Il concetto di hessed (carità, gentilezza, amore per Dio e per il prossimo) compare 246 volte nella Torah. Tuttavia, hessed fa parte del più ampio principio ebraico di Tsedaka, che significa “giustizia” e “rettitudine”, e che è una mitsva (cioè un comandamento e una buona azione) che gli ebrei devono adempiere nel corso della loro vita4. Fa parte dell’insieme delle Gemilut Hasadim (da gamol “compiere, pagare” e hessed) che costituiscono gli “atti di carità” che gli ebrei devono compiere. La carità è la regina delle virtù: l’amore per Dio e per il prossimo. Dal punto di vista cristiano, è la virtù teologica con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per amore suo e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio.

Assicura e purifica il potere umano di amare e lo eleva alla perfezione soprannaturale dell’amore divino. Paolo di Tarso la definisce nel capitolo 13 della sua Prima Lettera ai Corinzi. Nella tradizione iconografica cristiana, l’allegoria della Carità è spesso quella di una giovane donna che allatta i bambini. Anche i pittori italiani del Rinascimento hanno rappresentato la Carità come una giovane donna che allatta un vecchio emaciato, in linea con il tema della Carità romana.

Il comandamento dell’amore

Secondo Matteo, uno scriba inviato dai farisei si avvicinò a Gesù e gli pose la domanda per tentarlo o metterlo alla prova. Per quanto riguarda la citazione del grande comandamento dell’amore da parte di Gesù, solo Marco la precede con queste parole: “Ascolta, o Israele, il Signore nostro Dio è un solo Signore”. Queste parole, prese in prestito da Deuteronomio 6,4-5, si trovano nella stessa connessione con il dovere di amare Dio. Solo un Dio può essere oggetto di amore supremo.

A questi tre termini, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, che si trovano in Matteo, Marco ha aggiunto: con tutte le tue forze, in accordo con l’ebraico, che invece non contiene la parola “mente”. Il comandamento di amare il prossimo è citato qui da Levitico 19,18. La risposta dello scriba e l’approvazione di Gesù si trovano solo in Marco.

Lo scriba sottolinea il principio dell’unità di Dio, come gli aveva ricordato Gesù. Nell’enumerazione delle facoltà dell’anima, che devono essere tutte permeate dall’amore di Dio, lo scriba sostituisce la parola “ pensiero ” con “intelligenza”, intendendo quella ragione superiore e morale che penetra e abbraccia l’intera relazione tra l’uomo e Dio, uniti dall’amore.

Gesù, che poteva leggere nel cuore di questo scriba e conosceva la sincerità e la serietà delle parole che aveva appena pronunciato, poteva, per incoraggiarlo, dargli questa testimonianza, e gliela diede con tanta più gioia e amore perché il suo interlocutore apparteneva a una classe di uomini generalmente contrari al suo insegnamento. Non essere lontani dal regno di Dio significa essere vicini ad esso, ma non esservi ancora entrati.

Matteo fa la stessa osservazione dopo la domanda sull’origine di Cristo. Marco la colloca dopo la discussione sul comandamento più grande. Questa conversazione impressionò profondamente gli oppositori, poiché uno di loro si era appena dichiarato d’accordo con Gesù sul punto centrale della vera religione.

Il diacono Michel Houyoux

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Sedicesima domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Posté par diaconos le 17 juillet 2024

Sedicesima domenica del Tempo Ordinario - Anno B dans Actes des apôtres Venite-in-disparte-1

# Nelle chiese cristiane, il pastore è colui che svolge funzioni di gestione e di insegnamento all’interno della propria comunità. Il termine è più spesso usato nel contesto del protestantesimo, con i pastori protestanti che costituiscono la leadership e il ministero della parola all’interno delle chiese protestanti ed evangeliche. Santi cristiani Pastore di Alcalà (?-304), con Juste, bambini martirizzati a Complutum, durante la persecuzione di Diocleziano, sotto Daciano. Pastore di Nicomedia (IV secolo), Vittore e altri cinque compagni, martirizzati in Oriente durante la persecuzione di Diocleziano.

Pastore di Orléans (?-557), vescovo di Orléans. Palestinese, nato all’inizio dell’era cristiana, fu professato dai cristiani come il Messia, il Figlio di Dio e il Redentore dell’umanità. In ordine cronologico, nacque prima dell’anno 4 sotto Erode, iniziò la sua attività apostolica intorno all’anno 28, fu arrestato, condannato a morte e crocifisso sotto il procuratore romano Ponzio Pilato il 30 aprile e, secondo la testimonianza dei suoi apostoli, fu proclamato risorto tre giorni dopo. Questa risurrezione di Gesù è ritenuta dai cristiani un fatto storico che trascende l’ambito della storia per raggiungere quello della fede. Il Messia (χριστός / Christos in greco antico), l’unto del Signore è annunciato dall’Antico Testamento del Giudaismo.

La maggior parte dei cristiani riconosce Gesù Cristo come l’unico Figlio di Dio e come una delle tre persone del Dio Trino. Sua madre è Maria di Nazareth. A partire dal XIX secolo, la ricerca critica degli storici ha gradualmente dissociato Gesù di Nazareth, la figura storica, da Gesù Cristo, la figura religiosa. Secondo John Meier, questa distinzione metodologica affonda le sue radici nella distinzione operata da numerosi autori germanici, tra cui Bultmann (1884-1976), tra due significati del termine storico in tedesco.

Da un lato, storico, nel senso di un evento corrispondente a un semplice fatto la cui esistenza è attestata dalla storia, e dall’altro, storico, nel senso di un evento che ha un impatto duraturo e corrisponde a una realtà significativa. Il presente capitolo su Gesù Cristo si colloca nell’ambito di questa seconda prospettiva storica, lasciando la prima al capitolo intitolato Ricerca del Gesù storico. I musulmani riconoscono Gesù di Nazareth come un eminente profeta di Dio con il nome di ʿĪsā.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco

In quel tempo, dopo la loro prima missione, gli apostoli si riunirono da Gesù e gli raccontarono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Egli disse loro : “Venite in un luogo deserto e riposatevi un po’. Infatti, molte persone arrivavano e partivano e non c’era nemmeno il tempo di mangiare. Così partirono in barca verso un luogo deserto. La gente li vide partire e molti capirono la loro intenzione. Così, da tutte le città, corsero lì a piedi e arrivarono prima di loro. Quando Gesù scese a terra, vide una grande folla. Ne ebbe compassione, perché erano come pecore senza pastore. Così si mise a insegnare loro a lungo. (Mc 6,30-34)

Vieni in un luogo deserto e riposati per un po’ di tempo

In questo giorno, Gesù, anch’io vengo, come gli apostoli, ad ascoltarti. Sì, è solo alla tua presenza che possiamo veramente riposare. Solo ascoltando le tue parole posso davvero recuperare le forze. Forma in me, Signore, il cuore di un apostolo. Il Vangelo di oggi ci invita a scoprire l’importanza del riposo nel Signore. Gli apostoli stavano tornando dalla missione che Gesù aveva loro affidato. Avevano scacciato i demoni, guarito i malati e predicato il Vangelo. Erano stanchi e Gesù disse loro : “Venite in un luogo deserto e riposatevi un po’” (Mc 6, 31).

Una delle tentazioni a cui ogni cristiano può soccombere è quella di voler fare molte cose e di trascurare il rapporto con il Signore. Il catechismo ci ricorda che, quando si tratta di pregare, uno dei pericoli maggiori è quello di pensare che ci sono altre cose più urgenti da fare, e si finisce per trascurare il rapporto con Dio. Per questo Gesù dice ai suoi discepoli, che hanno lavorato molto, sono stanchi e sono felici perché tutto è andato bene, che devono riposare.

Il Vangelo ci dice che “partirono in barca per un luogo deserto” (Mc 6,33). La prima è stare con Gesù, perché è con lui che parleremo. Dobbiamo essere sicuri della sua presenza. Per questo, ogni momento di preghiera inizia generalmente, e questa è la parte più difficile, con la presa di coscienza della presenza di Dio. Diventare consapevoli di essere con Lui. La seconda cosa è la solitudine necessaria. Se vogliamo parlare con qualcuno, avere una conversazione intima e profonda, scegliamo la solitudine.

San Pierre Julien Eymard raccomandava di riposare nel Signore dopo la comunione. E metteva in guardia dal pericolo di riempire il nostro ringraziamento con parole o frasi che conosciamo a memoria. Diceva che, dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo, la cosa migliore era rimanere in silenzio per un po’, per recuperare le forze e lasciare che Gesù ci parli nel silenzio del nostro cuore. A volte, invece di raccontargli i nostri progetti, è meglio lasciare che Gesù ci insegni e ci dia coraggio.

Signore, sii la mia guida in tutto. Sii il pastore della mia vita. Insegnami a lasciarmi ammaestrare come quelle folle. Mandami a coloro che non ti conoscono e che ti cercano. Dopo questo tempo di riposo orante, so che anch’io sarò mandato a coloro che incontrerò oggi. Ispirami, Signore, le parole giuste per annunciare che tu sei il buon pastore.

Il Diacono Michel Houyoux

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Famiglia Christiana : clicca qui per leggere l’articolo XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B )

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Das Allerheiligste Sakrament – Jahr B

Posté par diaconos le 30 mai 2024

Becoming a Catholic - Interested in the Catholic Faith? Not sure how to ...


# Die Realpräsenz ist eine Lehre der christlichen Theologie, nach der Jesus Christus in der Eucharistie persönlich gegenwärtig ist. Sie steht im Gegensatz zur Interpretation der Gegenwart Christi als bloßes Symbol oder Metapher. Im allgemeinen Sprachgebrauch wird dieser Ausdruck meist als Bekräftigung der katholischen Lehre verstanden, wonach Christus nach der Konsekration der Opfergaben während der Messe unter den Erscheinungsformen von Brot und Wein substantiell gegenwärtig ist.
Dieser Begriff ist jedoch weiter gefasst. Er kann sowohl mit der katholischen Lehre von der Transsubstantiation als auch mit der lutherischen Lehre von der Konsubstantiation oder der calvinistischen Lehre von der geistigen Gegenwart in Verbindung gebracht werden, sollte aber mit keiner dieser Lehren verwechselt werden.

Es kommen verschiedene Vorstellungen ins Spiel, die seit dem 16. Jahrhundert dazu beigetragen haben, die Kluft zwischen Katholizismus und Protestantismus, aber auch innerhalb des Protestantismus zwischen den Hauptströmungen der Reformation zu vertiefen. Am Ende des 20. Jahrhunderts haben sich diese Unterschiede mit dem Fortschritt der Ökumene relativiert, wenn nicht gar aufgelöst. Dieser Begriff ist jedoch viel weiter gefasst. Er kann mit der katholischen Lehre von der Transsubstantiation, der lutherischen Lehre von der Konsubstantiation oder der calvinistischen Lehre von der geistigen Gegenwart in Verbindung gebracht werden, wird aber mit keiner von ihnen verwechselt.

Es kamen verschiedene Vorstellungen ins Spiel, die ab dem 16. Jahrhundert dazu beitrugen, die Kluft zwischen Katholizismus und Protestantismus, aber auch innerhalb des Protestantismus zwischen den Hauptströmungen der Reformation zu vertiefen. Am Ende des 20. Jahrhunderts relativierten sich diese Unterschiede jedoch, wenn sie nicht gar verschwanden, mit dem Fortschritt der Ökumene. Vor allem im Zuge der vom Zweiten Vatikanischen Konzil geführten Überlegungen zur Eucharistie betonten viele katholische Theologen und Philosophen, dass die Brüche des 16.

Bereits am Ende des 1. Jahrhunderts stellte die Didache eine Verbindung zwischen der Eucharistie und dem Text des Propheten Maleachi her, der übersetzt lautet : « An jedem Ort und zu jeder Zeit soll mir ein reines Opfer dargebracht werden ». (Maleachi 1,11-14). Dieser Hinweis auf das Opfer wurde später zu einem Klassiker unter den frühen christlichen Schriftstellern. Darüber hinaus wurde das Dogma der Realpräsenz von mehreren Kirchenvätern entwickelt, darunter Ignatius von Antiochien im frühen 2. Jahrhundert, Justin von Nablus in der Mitte des 2. Jahrhunderts, Irenäus von Lyon im späten 2. Jahrhundert, Cyprian von Karthago in der Mitte des 3. Jahrhunderts,

Johannes Chrysostomus und Ambrosius von Mailand im späten 4. Jahrhundert und Augustinus von Hippo an der Wende vom 4. zum 5. Im 12. Jahrhundert taucht der Begriff der Transsubstantiation auf, aber erst nach Thomas von Aquin, ein Jahrhundert später, wird sein Inhalt geklärt. Die Transsubstantiation, die Thomas von Aquin auch « substanzielle Wandlung » nennt, bezieht sich auf den philosophischen Begriff der « Substanz »: die « intelligible Realität eines Wesens » im metaphysischen Sinne, d. h. nicht mit den Sinnen wahrnehmbar.

Aus dem Evangelium von Jesus Christus nach Markus

Am ersten Tag des Festes der ungesäuerten Brote, als das Passahlamm geopfert wurde, sagten die Jünger Jesu zu ihm : « Wo sollen wir hingehen, damit wir für dich das Passah essen können ? » Er schickte zwei seiner Jünger und sagte zu ihnen : Geht in die Stadt ; ein Mann mit einem Wasserkrug wird euch entgegenkommen. Folgt ihm, und wenn er hineingeht, sagt dem Hausherrn : « Der Meister hat dich geschickt, um dir zu sagen : ‘Wo ist der Raum, in dem ich mit meinen Jüngern das Passah essen kann ?Ich zeige Ihnen einen großen Raum im Obergeschoss, der bereits für das Essen vorbereitet ist.

Bereitet dort alles für uns vor ». Die Jünger brachen auf, gingen in die Stadt, fanden alles so vor, wie Jesus es ihnen gesagt hatte, und bereiteten das Passamahl vor. Während des Mahls nahm Jesus das Brot, sprach den Segen, brach es und gab es ihnen.Und er sagte zu ihnen: « Nehmt, das ist mein Leib ». Dann nahm er einen Kelch, sprach das Dankgebet und gab ihn ihnen, und sie tranken alle daraus. Und er sprach zu ihnen: « Das ist mein Blut, das Blut des Bundes, das für viele vergossen wird. Amen, ich sage euch: Ich werde nicht mehr von der Frucht des Weinstocks trinken bis zu dem Tag, an dem ich wieder von ihr trinken werde im Reich Gottes ». Nachdem sie die Psalmen gesungen hatten, machten sie sich auf den Weg zum Ölberg. (Mk 14:12-16, 22-26)

 Das Passahfestmah

Als das Passahfest nahte, suchten die Hohenpriester und Schriftgelehrten nach einer Möglichkeit, ihn zu fangen und zu töten, aber sie wollten es nicht während des Festes tun, weil sie einen Aufstand befürchteten. Jesus saß mit Simon, dem Aussätzigen, in Bethanien zu Tisch, als eine Frau mit einer Alabaster-Vase voller teurem Parfüm kam: Sie zerbrach die Vase und goss das Parfüm auf Jesu Kopf. Einige kritisierten diese unnötige Verschwendung : Das Parfüm, so sagten sie, hätte für dreihundert Denare verkauft werden können, um es den Armen zukommen zu lassen. Jesus tadelte sie dafür, dass sie der Frau Schaden zufügten.

Er sagte, dass sie ihm Gutes getan habe. Sie waren immer in der Lage, den Armen Gutes zu tun, während er nicht immer in der Lage war, ihnen Gutes zu tun. Als sie den Tod Jesu, den sie liebte, spürte, tat sie alles, was in ihrer Macht stand; da sie ihn nicht retten konnte, verabschiedete sie sich von ihm, indem sie das opferte, was ihm am wertvollsten war. Überall, wo das Evangelium verkündet wird, wird von ihrer Tat berichtet. Judas, einer der Zwölf, ging zu den Hohenpriestern, um Jesus zu verraten. Sie nahmen ihn gerne auf und versprachen ihm Geld. Judas suchte nach einer Gelegenheit, Jesus zu verraten.

Diakon Michel Houyoux


Links zu anderen christlichen Seiten


◊Diözese Linz
: klicken Sie hier, um den Artikel zu lesen →Das Pessach-Mahl

 ◊ Sankt Servatius Siegburg : Klicken Sie hier, um den Artikel zu lesen →Das Passah-Mahl

 Video  Sacramentprocessie -Antwerpen : Klicken Sie hier →https://youtu.be/0gTfx2lnCVw?t=17

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Dimanche de Pâques – Année B

Posté par diaconos le 26 mars 2024

Jésus ressuscité ? L’énigme du tombeau vide

Il fallait que Jésus ressuscite d’entre les morts

# La résurrection de Lazare est un miracle de Jésus rapporté uniquement par l’Évangile de Jean (Jean 11:1–44), durant lequel Jésus ramène Lazare de Béthanie à la vie quatre jours après son enterrement1. L’événement se déroule à Béthanie, aujourd’hui la ville palestinienne d’Al-Eizariya, C’est, dans l’Évangile de Jean, le dernier des miracles que Jésus accomplit avant la Passion et sa propre résurrection. Lazare est le frère de Marthe et de Marie de Béthanie. La famille vivait dans le village de Béthanie, à environ trois kilomètres à l’est de Jérusalem, sur le versant sud-est du mont des Oliviers.

Les théologiens Moloney et Harrington considérèrent la résurrection de Lazare comme un miracle pivot qui déclencha la chaîne d’événements qui mena à la crucifixion de Jésus. Ils le considérèrent comme une résurrection qui mena à la mort, dans la mesure où la résurrection de Lazare entraîna la mort de Jésus, le Fils de Dieu, à Jérusalem, et révéla la gloire de Dieu. Calvin nota que non seulement le Christ donna une preuve remarquable de sa puissance divine pour relever Lazare, mais il a également placé sous nos yeux une image vivante de notre future résurrection. Le Samedi de Lazare, qui fait référence à la résurrection de Lazare, ami de Jésus, signe la fin du Grand Carême pour les chrétiens orthodoxes et catholiques orientaux.

Combiné avec le Dimanche des Rameaux, il précède la Semaine sainte. Cette fête prend place ici car elle est considérée par certaines Églises d’Orient –Églises orthodoxes et Églises catholiques de rite byzantin– comme une anticipation de Pâques, du mystère de la Résurrection. C’est pourquoi ce samedi est célébré comme un dimanche, jour de la Résurrection. Le Christ est montré, dans cet épisode, et dans l’hymnographie qui le développe, comme triomphateur de la mort, car Lazare est mort depuis quatre jours, et la décomposition corporelle est déjà en voie. D’un seul mot, et sans prendre garde au désespoir des sœurs du mort, le Christ ressuscite Lazare : la mort déjà ne peut rien face à sa puissance.

Dans l’apolytikion du jour, l’hymnographe affirme que ce geste a été accompli pour « donner foi en la Résurrection de tous». # Pâques est la fête la plus importante du christianisme. Elle commémore la résurrection de Jésus. La solennité, précédée par la Semaine sainte, dernière partie du carême, commence dans la nuit précédent le dimanche de Pâques, par la veillée pascale. La date de Pâques est fixée au premier dimanche après la première pleine lune qui suit le 21 mars, donc au plus tôt le 22 mars, si la pleine lune tombe le soir du 21, et au plus tard le 25 avril. Les Églises occidentales, ayant adopté à la fois la réforme grégorienne du calendrier et une correction concomitante pour le cycle lunaire, ont souvent un jour de célébration différent de celui des Églises orthodoxes. 

Du fait des calendriers différents (grégorien et julien) des deux traditions, l’équinoxe ne tombe pas nécessairement dans la même lunaison, auquel s’ajoute éventuellement un décalage supplémentaire d’une semaine lié au fait que les deux traditions n’emploient pas la même lune ecclésiastique et que donc les phases de la lune peuvent être décalées d’un jour ou deux et se trouver de part et d’autres d’un dimanche. Certaines Églises chrétiennes choisissent de pratiquer la Pâque quartodécimaine en concordance avec la Pâque juive.

Évangile de Jésus Christ selon saint Jean

Le premier jour de la semaine, Marie Madeleine se rend au tombeau de grand matin ; c’était encore les ténèbres. Elle s’aperçoit que la pierre a été enlevée du tombeau. Elle court donc trouver Simon-Pierre et Jean, l’autre disciple, celui que Jésus aimait, et elle leur dit : «On a enlevé le Seigneur de son tombeau, et nous ne savons pas où on l’a déposé.» Pierre partit donc avec l’autre disciple pour se rendre au tombeau. Ils couraient tous les deux ensemble, mais l’autre disciple courut plus vite que Pierre et arriva le premier au tombeau.

En se penchant, il s’aperçoit que les linges sont posés à plat ; cependant il n’entre pas. Simon-Pierre, qui le suivait, arrive à son tour. Il entre dans le tombeau ; il aperçoit les linges, posés à plat, ainsi que le suaire qui avait entouré la tête de Jésus, non pas posé avec les linges, mais roulé à part à sa place. C’est alors qu’entra l’autre disciple, lui qui était arrivé le premier au tombeau. Il vit, et il crut. Jusque-là ,en effet, les disciples n’avaient pas compris que, selon l’Écriture, il fallait que Jésus ressuscite d’entre les morts. (Jn 20, 1-9)

Il fallait que Jésus ressuscite d’entre les morts

«Resurrexi, et adhuc tecum sum » (« Je suis ressuscité et je suis toujours avec toi ») : c’est ainsi que commence le chant d’entrée officiel de la messe de Pâques. Oui, Seigneur, tu as vaincu la mort et tu es toujours avec moi, tu es l’ami intime de mon âme.  Seigneur Jésus, par ta Résurrection, viens me revivifier  Aujourd’hui est le jour que fit le Seigneur, qu’il soit pour nous jour de fête et de joie !, chanterons-nous tout au long de Pâques. Cette expression du Psaume 117 inonde la célébration de la foi chrétienne. Le Père a ressuscité son Fils Jésus-Christ, le Bien-aimé, Celui en qui Il met toute sa complaisance parce qu’Il a aimé jusqu’à donner sa vie pour tous.

Vivons ainsi notre joie de Pâques. Christ est ressuscité: fêtons, pleins de joie et d’amour, cette résurrection. Aujourd’hui, Jésus-Christ a vaincu la mort, le péché, la tristesse… et il a ouvert pour nous les portes d’une nouvelle vie, la vie authentique, celle que le Saint-Esprit nous donne par pure grâce. Que personne ne soit triste ! Christ est notre Paix et notre Chemin, pour toujours. Aujourd’hui Il «manifeste pleinement l’homme à lui-même et lui découvre la sublimité de sa vocation» (Concile Vatican II, Gaudium et Spes 22).x

Voici le grand signe que l’Évangile nous donne aujourd’hui: le tombeau de Jésus est vide. Nous ne devons plus chercher parmi les morts Celui qui est vivant, car Il est ressuscité. Et les disciples qui, plus tard, le verront Ressuscité, c’est à dire, le reconnaîtront pour vivant dans une rencontre de foi merveilleuse, se rendent compte que son tombeau est vide. Le tombeau vide et les apparitions seront les grands signes pour la foi des croyants. L’Évangile dit : «C’est alors qu’entra l’autre disciple, lui qui était arrivé le premier au tombeau. Il vit, et il crut» (Jn 20, 8). Il sut saisir par la foi que ce vide ainsi que ce linceul et le linge roulé à part, étaient les petits signes du passage de Dieu, de la nouvelle vie.

L’amour sait capter ce qui échappe aux autres; de petits signes lui suffisent. «L’autre disciple, celui que Jésus aimait» (Jn 20, 2), se laissait guider par l’amour qu’il avait reçu du Christ. Ce «voir et croire» des disciples doit être aussi le nôtre. Renouvelons-nous dans notre foi pascale. Que le Christ soit en tout notre Seigneur. Laissons sa Vie vivifier la nôtre et renouvelons la grâce de notre baptême. Devenons ses apôtres et ses disciples. Guidés par l’amour, annonçons partout notre bonheur de croire en Jésus-Christ. Soyons les témoins joyeux et pleins d’espérance de sa Résurrection. Seigneur, tu es présent, tu es là, ressuscité, près de moi. Inonde mon cœur de ta force et de ton amour, que ta Résurrection redonne vie à ma vie.

La joie n’est pas seulement un sentiment, mais elle dépend aussi de notre volonté, nous pouvons décider d’être joyeux en méditant les motifs profonds de notre joie. Aujourd’hui, essayons de vivre la joie de Pâques, de nous réjouir car le Christ est ressuscité et qu’il partage avec nous sa vie.

Diacre Michel Houyoux

Liens avec d’autres sites web

RCF Radio : cliquez ici pour lire l’article « Il fallait que Jésus ressuscite d’entre les morts »

Regnum Christi : cliquez ici pour lire l’article : « Il fallait que Jésus ressuscite d’entre les morts »

Vidéo KYO TV https://youtu.be/5AlZkItxdls

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