# Secondo l’Antico Testamento, la manna era il cibo degli Ebrei nel deserto. Secondo il libro dell’Esodo, gli Ebrei mormorarono contro Mosè perché stavano morendo di fame. La sera caddero dal cielo delle quaglie; il mattino seguente si diffuse su di loro una nebbia o rugiada ; quando fu evaporata, apparve sulla superficie del deserto qualcosa di piccolo, granuloso e fine, come la brina sul terreno (Es 16,14). Mosè disse loro : « Questo è il pane che il Signore vi dà da mangiare ». E più avanti: « La casa d’Israele chiamò questo cibo manna ». La manna cadeva dal cielo ogni giorno, tranne il sabato ; la vigilia di quel giorno ne cadeva il doppio. I figli di Israele mangiarono la manna per quarant’anni, finché non giunsero in una terra abitata ; mangiarono la manna finché non raggiunsero i confini della terra di Canaan.
La storia è ripetuta nel Corano, nella Sura al-Baqara : « Abbiamo fatto scendere le nuvole per la vostra ombra; vi abbiamo mandato la manna e le quaglie e vi abbiamo detto : ‘ Nutritevi delle cose buone che vi diamo »". # Il Corpo di Cristo è un concetto della teologia cristiana legato alla redenzione, alla vita eterna, alla condivisione, alla fratellanza e alla trasmissione della parola divina. Nella Messa cattolica, il sacerdote dice durante la preghiera eucaristica : « Quando fu pronto per essere consegnato ed entrare liberamente nella sua passione, prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli, dicendo: « Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo che è dato per voi »".
Questo richiamo all’Ultima Cena, il pasto prima della crocifissione di Gesù Cristo, è il simbolo della carne data dal Messia per salvare l’umanità dai suoi peccati. Poco dopo, il sacerdote dice: « Ricordando la morte e la risurrezione di tuo Figlio, ti offriamo, Signore, il pane della vita ». Più che il perdono, il pane, come dice l’officiante, è il pane della vita, il simbolo della risurrezione portata all’umanità da Gesù. Il Corpo di Cristo è il dono del perdono dei peccati da parte del Messia, la nuova parola data che sta alla base della risurrezione e, soprattutto, il pane di vita attraverso questa parola cristica che vuole portare carità e fratellanza.
Mosè ha condotto il popolo fuori dalla schiavitù; Gesù, attraverso il dono del suo corpo e il suo sacrificio, cerca di stabilire le virtù cardinali e teologali. La Comunità del Pane di Vita era una nuova comunità della Chiesa cattolica romana, fondata nel 1976 da Pascal e Marie-Annick Pingault e sciolta da monsignor Jean-Claude Boulanger il 9 aprile 2015. # Per il Dottore della Chiesa Giovanni Crisostomo, Gesù, in questo miracolo, si poneva come creatore del cielo e della terra. Con questo gesto ha anche incoraggiato le persone a pregare prima di mangiare e ha voluto mostrare l’importanza della condivisione.
Teologi più moderni affermano che la moltiplicazione dei pani è un simbolo della Parola data da Cristo, una parola che ha nutrito le persone per secoli. Per Sant’Efrem, durante questo miracolo Gesù ha dato generosamente senza contare il costo. Diede così tanto che rimasero dodici ceste. Il santo ha anche paragonato Gesù a Mosè, che nutrì il popolo liberato dalla schiavitù con la manna caduta dal cielo. Per Benedetto XVI, questo gesto è stato un simbolo di condivisione fraterna, ma anche un simbolo del percorso che gli apostoli hanno seguito: trasmettere la Buona Novella.
Benedetto XVI ha sottolineato che questa moltiplicazione è stata l’inizio dell’Eucaristia, che continua ancora oggi. Secondo alcune interpretazioni teologiche, prefigura l’Ultima Cena, l’ultimo pasto di Gesù con i suoi discepoli, istituendo il rito dell’Eucaristia in cui il pane sarebbe l’incarnazione del corpo di Gesù, dato in sacrificio sulla croce per salvare l’umanità.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla : « Io sono il pane vivo disceso dal cielo: se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno. Il pane che darò è la mia carne, data per la vita del mondo ». I Giudei discutevano tra loro : « Come può quest’uomo darci la sua carne da mangiare ? ».Allora Gesù disse loro : « Amen, amen, io vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo grazie al Padre, così chi mangia me vivrà grazie a me. Questo è il pane disceso dal cielo: non è come il pane che mangiarono i padri. Essi sono morti ; chi mangia questo pane vivrà in eterno ». (Gv 6, 51-58)
Intendeva forse dire che c’erano emissari del Sinedrio nella sinagoga di Cafarnao dove Gesù stava parlando? Giovanni chiamava così quei galilei che, mormorando, tradivano la loro opposizione a Gesù. Ciò che li scandalizzava era che Gesù si era presentato loro come il pane disceso dal cielo.
Nella loro ignoranza, vedevano una contraddizione tra questa affermazione e la conoscenza che avevano della famiglia di Gesù. Mormorarono tra loro, senza esprimere apertamente la loro opposizione alle parole che avevano appena sentito.
Gesù non rispose all’obiezione dei suoi ascoltatori rivelando loro il mistero della sua nascita soprannaturale: perché l’origine miracolosa di Gesù poteva essere accettata solo da un cuore già credente.
Questi scrupoli non erano la causa della loro incredulità; era la loro incredulità che dava origine a questi scrupoli. Egli insisteva sulla necessità di un’opera di grazia divina che doveva essere compiuta in ogni uomo che voleva venire a lui e credere in lui.
Nessuno può farlo in altro modo. Quest’opera, che egli descrisse con queste parole : « Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me », la caratterizzò come un’attrazione del Padre verso Gesù. Dio gli dà le anime attirandole a sé.
Dio ha, nella sua potente mano, mille modi per esercitare questa azione della sua misericordia sulle anime. A volte sono le esperienze dolorose della vita, la sofferenza, il pensiero della morte, che fanno sentire con tristezza il bisogno di un consolatore, di un Salvatore ; a volte è l’amaro sentimento del peccato che si risveglia in loro e ispira loro questo grido di angoscia : « Cosa devo fare per essere salvato ? ».
E non appena Gesù appare, lo riconoscono come colui che stavano desiderando. Ma il grande mezzo di Dio per attirare gli uomini a Gesù è la sua Parola e il suo Spirito, che lavora incessantemente nella nostra umanità e coglie i momenti giusti per compiere la sua opera.
Solo l’esperienza, che è la grande riconciliatrice dei contrasti, può insegnarci a questo proposito ; ensegna agli umili a dire con un riformatore : « Noi vogliamo, perché ci è dato di volere ».
« È Dio che opera in voi la volontà e l’esecuzione, secondo il suo buon volere, nonostante l’apparente contraddizione: « Lavorate alla vostra salvezza con timore e tremore » (Fil 2,2-13). Sia come sia, non appena un povero peccatore è stato attirato da Gesù in questo modo, che si assume il compito di completare l’opera divina in lui fino alla fine : « E io lo risusciterò nell’ultimo giorno ».
Gesù ha affermato, con gioiosa certezza : « Chiunque ha ascoltato il Padre ed è stato ammaestrato, viene a lui e trova in lui il suo salvatore ». L’insegnamento che gli uomini hanno ricevuto da Dio è solo preparatorio, destinato a condurli al Figlio, che solo ha visto il Padre da tutta l’eternità, perché viene da Dio. « È dunque in lui, che è l’immagine di Dio, lo splendore della sua gloria, che i credenti vedono Dio » (Gv 1,14).
Gesù ha detto : « Io sono il pane della vita ». Dopo questa profonda istruzione, provocata dalle mormorazioni dei Giudei, Gesù tornò al suo insegnamento sulla vita eterna, che comunicò ai credenti donandosi a loro come pane di vita.
Gesù rimanda ai Giudei la loro obiezione : « La manna che ha nutrito i loro padri nel deserto non ha impedito loro di morire ». Ma c’è un altro pane che libera dalla morte, il pane disceso dal cielo che dà la vita eterna.
Gesù riassume tutto quello che ha appena detto dicendo : « Io sono quel pane vivo » e quindi vivificante, poiché dà la vita eterna a chi se ne appropria attraverso la fede e la comunione viva con lui.
« Il pane della vita e il pane vivo, ciò che è la vita divina realizzata in una persona umana, che scende dal cielo in generale e che è scesa dal cielo in senso storico e concreto, nella persona di Cristo ; l’espressione negativa: non morirà, e la grande affermazione positiva: vivrà per sempre » (Meyer).
Con queste parole, Gesù presenta il suo pensiero in una nuova luce e passa all’ultima parte del suo discorso. Nella parte precedente aveva parlato più volte del pane della vita, un pane disceso dal cielo che dà la vita eterna a chi lo mangia; aveva dichiarato che questo pane vivificante è lui stesso e che il modo per vivere di esso è credere in lui.
« Dare la sua carne e il suo sangue » non può significare altro che la sua morte, per di più violenta, in cui è stato versato il suo sangue. Infatti, la carne e il sangue sono la natura umana vivente ; darli è consegnarsi alla morte; darli di questo mondo, che è nella morte, è riscattarlo e salvarlo.
Il modo per appropriarci dei frutti della morte di Gesù è entrare con lui, attraverso la fede, in una comunione intima e personale. Questo è ciò che Gesù ha espresso con le parole : « Mangiate la sua carne e bevete il suo sangue ».
Questa è stata l’interpretazione della maggior parte degli esegeti. Un’altra è quella di vedere in questo brano non la morte di Gesù in particolare, ma la sua persona e la sua vita in generale, che egli offre a coloro che credono in lui, come fonte della loro vita spirituale.
Il diacono Michel Houyoux
Link ad altri siti cristiani
La Chiesa : clicca qui per leggere l’articolo → Bibbia.net: Gv 6,41-51
◊ Il Dolomiti : clicca qui per leggere l’articolo → »Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di …
♥ Video Padre Fernando Armellini : clicca qui → https://youtu.be/2oYXleWG-bI
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Intendeva forse dire che c’erano emissari del Sinedrio nella sinagoga di Cafarnao dove Gesù stava parlando? Giovanni chiamava così quei galilei che, mormorando, tradivano la loro opposizione a Gesù. Ciò che li scandalizzava era che Gesù si era presentato loro come il pane disceso dal cielo.
Nella loro ignoranza, vedevano una contraddizione tra questa affermazione e la conoscenza che avevano della famiglia di Gesù. Mormorarono tra loro, senza esprimere apertamente la loro opposizione alle parole che avevano appena sentito.
Gesù non rispose all’obiezione dei suoi ascoltatori rivelando loro il mistero della sua nascita soprannaturale: perché l’origine miracolosa di Gesù poteva essere accettata solo da un cuore già credente.
Questi scrupoli non erano la causa della loro incredulità; era la loro incredulità che dava origine a questi scrupoli. Egli insisteva sulla necessità di un’opera di grazia divina che doveva essere compiuta in ogni uomo che voleva venire a lui e credere in lui.
Nessuno può farlo in altro modo. Quest’opera, che egli descrisse con queste parole : « Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me », la caratterizzò come un’attrazione del Padre verso Gesù. Dio gli dà le anime attirandole a sé.
Dio ha, nella sua potente mano, mille modi per esercitare questa azione della sua misericordia sulle anime. A volte sono le esperienze dolorose della vita, la sofferenza, il pensiero della morte, che fanno sentire con tristezza il bisogno di un consolatore, di un Salvatore ; a volte è l’amaro sentimento del peccato che si risveglia in loro e ispira loro questo grido di angoscia : « Cosa devo fare per essere salvato ? ».
E non appena Gesù appare, lo riconoscono come colui che stavano desiderando. Ma il grande mezzo di Dio per attirare gli uomini a Gesù è la sua Parola e il suo Spirito, che lavora incessantemente nella nostra umanità e coglie i momenti giusti per compiere la sua opera.
Solo l’esperienza, che è la grande riconciliatrice dei contrasti, può insegnarci a questo proposito ; ensegna agli umili a dire con un riformatore : « Noi vogliamo, perché ci è dato di volere ».
« È Dio che opera in voi la volontà e l’esecuzione, secondo il suo buon volere, nonostante l’apparente contraddizione: « Lavorate alla vostra salvezza con timore e tremore » (Fil 2,2-13). Sia come sia, non appena un povero peccatore è stato attirato da Gesù in questo modo, che si assume il compito di completare l’opera divina in lui fino alla fine : « E io lo risusciterò nell’ultimo giorno ».
Gesù ha affermato, con gioiosa certezza : « Chiunque ha ascoltato il Padre ed è stato ammaestrato, viene a lui e trova in lui il suo salvatore ». L’insegnamento che gli uomini hanno ricevuto da Dio è solo preparatorio, destinato a condurli al Figlio, che solo ha visto il Padre da tutta l’eternità, perché viene da Dio. « È dunque in lui, che è l’immagine di Dio, lo splendore della sua gloria, che i credenti vedono Dio » (Gv 1,14).
Gesù ha detto : « Io sono il pane della vita ». Dopo questa profonda istruzione, provocata dalle mormorazioni dei Giudei, Gesù tornò al suo insegnamento sulla vita eterna, che comunicò ai credenti donandosi a loro come pane di vita.
Gesù rimanda ai Giudei la loro obiezione : « La manna che ha nutrito i loro padri nel deserto non ha impedito loro di morire ». Ma c’è un altro pane che libera dalla morte, il pane disceso dal cielo che dà la vita eterna.
Gesù riassume tutto quello che ha appena detto dicendo : « Io sono quel pane vivo » e quindi vivificante, poiché dà la vita eterna a chi se ne appropria attraverso la fede e la comunione viva con lui.
« Il pane della vita e il pane vivo, ciò che è la vita divina realizzata in una persona umana, che scende dal cielo in generale e che è scesa dal cielo in senso storico e concreto, nella persona di Cristo ; l’espressione negativa: non morirà, e la grande affermazione positiva: vivrà per sempre » (Meyer).
Con queste parole, Gesù presenta il suo pensiero in una nuova luce e passa all’ultima parte del suo discorso. Nella parte precedente aveva parlato più volte del pane della vita, un pane disceso dal cielo che dà la vita eterna a chi lo mangia; aveva dichiarato che questo pane vivificante è lui stesso e che il modo per vivere di esso è credere in lui.
« Dare la sua carne e il suo sangue » non può significare altro che la sua morte, per di più violenta, in cui è stato versato il suo sangue. Infatti, la carne e il sangue sono la natura umana vivente ; darli è consegnarsi alla morte; darli di questo mondo, che è nella morte, è riscattarlo e salvarlo.
Il modo per appropriarci dei frutti della morte di Gesù è entrare con lui, attraverso la fede, in una comunione intima e personale. Questo è ciò che Gesù ha espresso con le parole : « Mangiate la sua carne e bevete il suo sangue ».
Questa è stata l’interpretazione della maggior parte degli esegeti. Un’altra è quella di vedere in questo brano non la morte di Gesù in particolare, ma la sua persona e la sua vita in generale, che egli offre a coloro che credono in lui, come fonte della loro vita spirituale.
Il diacono Michel Houyoux
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Intendeva forse dire che c’erano emissari del Sinedrio nella sinagoga di Cafarnao dove Gesù stava parlando? Giovanni chiamava così quei galilei che, mormorando, tradivano la loro opposizione a Gesù. Ciò che li scandalizzava era che Gesù si era presentato loro come il pane disceso dal cielo. Nella loro ignoranza, vedevano una contraddizione tra questa affermazione e la conoscenza che avevano della famiglia di Gesù. Mormorarono tra loro, senza esprimere apertamente la loro opposizione alle parole che avevano appena sentito.
Gesù non rispose all’obiezione dei suoi ascoltatori rivelando loro il mistero della sua nascita soprannaturale: perché l’origine miracolosa di Gesù poteva essere accettata solo da un cuore già credente. Questi scrupoli non erano la causa della loro incredulità; era la loro incredulità che dava origine a questi scrupoli. Egli insisteva sulla necessità di un’opera di grazia divina che doveva essere compiuta in ogni uomo che voleva venire a lui e credere in lui.
Nessuno può farlo in altro modo. Quest’opera, che egli descrisse con queste parole : « Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me », la caratterizzò come un’attrazione del Padre verso Gesù. Dio gli dà le anime attirandole a sé. Dio ha, nella sua potente mano, mille modi per esercitare questa azione della sua misericordia sulle anime. A volte sono le esperienze dolorose della vita, la sofferenza, il pensiero della morte, che fanno sentire con tristezza il bisogno di un consolatore, di un Salvatore ; a volte è l’amaro sentimento del peccato che si risveglia in loro e ispira loro questo grido di angoscia : « Cosa devo fare per essere salvato ? ».
E non appena Gesù appare, lo riconoscono come colui che stavano desiderando. Ma il grande mezzo di Dio per attirare gli uomini a Gesù è la sua Parola e il suo Spirito, che lavora incessantemente nella nostra umanità e coglie i momenti giusti per compiere la sua opera. Solo l’esperienza, che è la grande riconciliatrice dei contrasti, può insegnarci a questo proposito ; ensegna agli umili a dire con un riformatore : « Noi vogliamo, perché ci è dato di volere ».
« È Dio che opera in voi la volontà e l’esecuzione, secondo il suo buon volere, nonostante l’apparente contraddizione: « Lavorate alla vostra salvezza con timore e tremore » (Fil 2,2-13). Sia come sia, non appena un povero peccatore è stato attirato da Gesù in questo modo, che si assume il compito di completare l’opera divina in lui fino alla fine : « E io lo risusciterò nell’ultimo giorno ». Gesù ha affermato, con gioiosa certezza : « Chiunque ha ascoltato il Padre ed è stato ammaestrato, viene a lui e trova in lui il suo salvatore ». L’insegnamento che gli uomini hanno ricevuto da Dio è solo preparatorio, destinato a condurli al Figlio, che solo ha visto il Padre da tutta l’eternità, perché viene da Dio. « È dunque in lui, che è l’immagine di Dio, lo splendore della sua gloria, che i credenti vedono Dio » (Gv 1,14).
Gesù ha detto : « Io sono il pane della vita ». Dopo questa profonda istruzione, provocata dalle mormorazioni dei Giudei, Gesù tornò al suo insegnamento sulla vita eterna, che comunicò ai credenti donandosi a loro come pane di vita. Gesù rimanda ai Giudei la loro obiezione : « La manna che ha nutrito i loro padri nel deserto non ha impedito loro di morire ». Ma c’è un altro pane che libera dalla morte, il pane disceso dal cielo che dà la vita eterna.
Gesù riassume tutto quello che ha appena detto dicendo : « Io sono quel pane vivo » e quindi vivificante, poiché dà la vita eterna a chi se ne appropria attraverso la fede e la comunione viva con lui. « Il pane della vita e il pane vivo, ciò che è la vita divina realizzata in una persona umana, che scende dal cielo in generale e che è scesa dal cielo in senso storico e concreto, nella persona di Cristo ; l’espressione negativa: non morirà, e la grande affermazione positiva: vivrà per sempre » (Meyer).
Con queste parole, Gesù presenta il suo pensiero in una nuova luce e passa all’ultima parte del suo discorso. Nella parte precedente aveva parlato più volte del pane della vita, un pane disceso dal cielo che dà la vita eterna a chi lo mangia; aveva dichiarato che questo pane vivificante è lui stesso e che il modo per vivere di esso è credere in lui. « Dare la sua carne e il suo sangue » non può significare altro che la sua morte, per di più violenta, in cui è stato versato il suo sangue. Infatti, la carne e il sangue sono la natura umana vivente ; darli è consegnarsi alla morte; darli di questo mondo, che è nella morte, è riscattarlo e salvarlo.
Il modo per appropriarci dei frutti della morte di Gesù è entrare con lui, attraverso la fede, in una comunione intima e personale. Questo è ciò che Gesù ha espresso con le parole : « Mangiate la sua carne e bevete il suo sangue ». Questa è stata l’interpretazione della maggior parte degli esegeti. Un’altra è quella di vedere in questo brano non la morte di Gesù in particolare, ma la sua persona e la sua vita in generale, che egli offre a coloro che credono in lui, come fonte della loro vita spirituale.
Il diacono Michel Houyoux
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