Diciassettesima domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Posté par diaconos le 24 juillet 2024

Multiplication des pains

# La moltiplicazione dei pani è il nome dato a due miracoli compiuti da Gesù di Nazareth secondo i testi dei Vangeli: Matteo, capitolo 14, versetti da 14 a 21, poi di nuovo 15, 32-38; Marco 6, 34-44, poi di nuovo Marco 8, 1-9; Luca 9, 12-17; Giovanni 6, 5-14. La prima moltiplicazione dei pani avvenne dopo la morte di Giovanni Battista per volere di Erode Antipa, in risposta ai desideri della figlia Salomè e alla guarigione dei malati. Una seconda moltiplicazione dei pani avvenne in seguito, coinvolgendo un numero diverso di persone. Matteo e Marco sono gli unici evangelisti a raccontarla.

Alcuni esegeti hanno pensato che si trattasse dello stesso evento raccontato due volte. Tuttavia, i due miracoli non avvennero nello stesso luogo: in un caso c’erano cinquemila persone, nell’altro quattromila. Anche il numero di ceste di pane in più era diverso. In seguito Gesù si riferì ai due miracoli, distinguendoli chiaramente (Mt 16,9-11). Per il Dottore della Chiesa Giovanni Crisostomo, Gesù, in questo miracolo, si poneva davvero come il creatore del cielo e della terra.

Con questo gesto, egli incoraggiava la gente a pregare prima di mangiare e voleva mostrare l’importanza della condivisione. I teologi moderni direbbero che la moltiplicazione dei pani è il simbolo della Parola data da Cristo, una parola che ha nutrito le persone per secoli. Per Sant’Efrem, durante questo miracolo Gesù ha dato generosamente senza contare il costo. Diede così tanto che rimasero dodici ceste. Il santo ha anche paragonato Gesù a Mosè, che nutrì il popolo liberato dalla schiavitù con la manna caduta dal cielo.

Per Benedetto XVI, nell’Angelus del 31 luglio 2011, questo gesto messianico è un simbolo di condivisione fraterna, ma anche un simbolo del cammino che gli apostoli dovranno seguire, cioè trasmettere la Buona Novella. Nell’Angelus del 29 luglio 2012, Benedetto XVI ha sottolineato che questa moltiplicazione è l’inizio dell’Eucaristia, che continua ancora oggi. Secondo alcune interpretazioni teologiche, essa prefigura l’Ultima Cena, l’ultimo pasto di Gesù con i suoi discepoli, istituendo il rito dell’Eucaristia in cui il pane sarebbe l’incarnazione del corpo di Gesù, dato in sacrificio sulla croce per salvare l’umanità. Per gli storici, gli eventi evocati dagli evangelisti con queste due relazioni rimangono enigmatici, anche se sono state avanzate alcune ipotesi.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passò dall’altra parte del mare di Galilea, il lago di Tiberiade. Una grande folla lo seguiva, perché aveva visto i segni che compiva sui malati. Gesù salì sul monte e si sedette lì con i suoi discepoli. Lì c’era il lago di Tiberiade. Gesù alzò gli occhi e vide che una grande folla stava venendo da lui. Disse a Filippo : “Dove possiamo comprare il pane per farli mangiare ?” Lo disse per metterlo alla prova, perché sapeva esattamente cosa avrebbe fatto. Filippo rispose : “Duecento giorni di salario non basterebbero per dare a tutti un po’ di pane”. Uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro, gli disse : “C’è un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci, ma che cos’è per tanta gente ? ”

Gesù disse : “Fate sedere la gente.” C’era molta erba lì. Così si sedettero, circa cinquemila persone. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì ai commensal i; diede loro anche tutto il pesce che volevano. Quando ebbero mangiato a sazietà, disse ai suoi discepoli : “Raccogliete gli avanzi, perché nulla vada perduto”.  Li raccolsero e riempirono dodici ceste con i pezzi dei cinque pani d’orzo che erano avanzati per coloro che prendevano questo cibo.

Quando la gente vide il segno compiuto da Gesù, disse : “Questo è veramente il profeta predetto, colui che viene nel mondo”. Ma Gesù sapeva che lo avrebbero portato via per farne il loro re; così si ritirò di nuovo sui monti da solo (Gv 6,1-15).

Gesù nutre la folla

Quando Gesù ebbe attraversato l’altra sponda del lago di Tiberiade, salì sul monte e si sedette con i suoi discepoli. Tutti i suoi ammiratori lo seguivano, desiderosi di segni e guarigioni. Vedendo la grande folla che era venuta da lui, Gesù provò un’immensa compassione e pietà per loro, che si aspettavano tutto da lui. Gesù vide i bisogni della gente. Il miracolo che compì fu un gesto d’amore. Gesù disse a Filippo : “Dove possiamo comprare il pane per farli mangiare ?”. Li raccolsero e riempirono dodici ceste con i pezzi dei cinque pani d’orzo che erano avanzati per coloro che prendevano questo cibo. Quando la gente vide il segno compiuto da Gesù, disse : “Questo è veramente il profeta predetto, colui che viene nel mondo”. Ma Gesù sapeva che lo avre bbero portato via per farne il loro re ; così si ritirò di nuovo sui monti da solo (Gv 6, 1-15).

Davanti a San Vincenzo de’ Paoli, all’Abbé Pierre, a Coluche, lanciò per la prima volta i Restos du Coeur. Servì alla folla un pasto gratuito : pane e pesce, e non lesinò sulla quantità : gli avanzi riempirono dodici ceste ! Prima di nutrire la mente e il cuore, Gesù sa che dobbiamo nutrire il corpo. Non dobbiamo mai dimenticare questi bisogni primordiali : dare cibo ! La priorità data ai poveri da Papa Giovanni Paolo II è un atteggiamento profondamente evangelico : “Vi do questo pane perché vi amo”.

Nella moltiplicazione dei pani, Gesù vuole farci scoprire l’annuncio dell’Eucaristia. Così, in questo racconto, eravamo vicini alla festa della Pasqua ebraica, alla data dell’Ultima Cena e del sacrificio della croce: Gesù prese il pane e rese grazie (è la parola Eucaristia) e lo distribuì come la sera del Giovedì Santo. L’ordine dato a Filippo di prendere il pane per sfamare la folla, e la presenza degli apostoli che riempiono dodici ceste con i pezzi rimasti, sono un’allusione alla Chiesa che viene invitata a distribuire il Pane della Vita (l’Eucaristia) al popolo.

“Quando apri la tua mano, riempi e sazi tutti quelli che vivono”. (In ogni celebrazione eucaristica siamo invitati a questo stesso gesto di donazione che Dio può moltiplicare. Ci rendiamo conto che siamo ospiti alla tavola del Signore? Questo racconto evangelico è un invito alla generosità e alla condivisione. Ma ci dice anche che nulla è insignificante e che non dobbiamo mai scoraggiarci per la debolezza dei nostri mezzi. Offriamo le nostre piccole capacità al Signore, che le moltiplicherà.

Il Diacono Michel Houyoux

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Mercoledì della sedicesima settimana del Tempo Ordinario – Anno B

Posté par diaconos le 23 juillet 2024

LA PAROLA DELLA DOMENICA. "La parabola del seminatore" e i suoi ...

La parabola del seminatore” e i suoi insegnamenti

# Le parabole del Nuovo Testamento si trovano nei tre vangeli sinottici. Sono storie allegoriche raccontate da Gesù di Nazareth e presentano un insegnamento morale e religioso. Se ne contano circa cinquanta. Seguendo un procedimento radicato nella tradizione ebraica, questi racconti intendono presentare verità attraverso elementi della vita quotidiana o osservazioni della natura, ma nel caso di Gesù si allontanano dalla forma meramente pedagogica dell’interpretazione della Legge da parte dei rabbini per evocare il Regno di Dio e i cambiamenti che avverranno al suo arrivo.

La parabola del seminatore è una parabola evangelica raccontata nei tre Vangeli sinottici: Matteo XIII, 1-23; Marco IV, 1-20; Luca VIII, 4-15 (oltre che nell’apocrifo Vangelo secondo Tommaso). Il seminatore, che rappresenta Gesù, getta i semi, alcuni dei quali cadono per strada, su rocce e cespugli spinosi, così che il seme va perduto; invece, quando cadono su un terreno buono, producono frutti centuplicati. Secondo San Giovanni Crisostomo, Gesù è venuto sulla terra per rinascere come aratore : la terra rappresenta le anime dove Gesù getta il suo seme senza distinguere tra poveri e ricchi, dotti e ignoranti, anime ardenti e pigre. San Giovanni Crisostomo rispondeva a coloro che si stupivano del fatto che un seminatore gettasse il suo seme altrove che in un terreno buono, perché questo dimostra che i cambiamenti sono possibili.

 Non dobbiamo paragonare il seme materiale, ma confrontarlo con la Parola divina che porta la conversione: se il cambiamento non è avvenuto in tutte le anime, non è colpa dell’aratore, ma di chi non ha voluto cambiare. Egli fece ciò che dipendeva da lui con la massima cura. Questa parabola illustra la necessità del cambiamento e della responsabilità. La parabola non dice che il seme è appassito perché il sole era troppo forte, ma perché non aveva radici. Allo stesso modo, quando il seme cade nei cespugli spinosi, la colpa non è dei cespugli (che simboleggiano la vita mondana), ma della persona che li lascia crescere. Se si tagliano gli steli dei cespugli, si può farne buon uso e lasciare che la terra buona metta radici.

Quindi Gesù non parlava delle ricchezze in generale, ma dell’inganno delle ricchezze. E Matteo aggiunge : “Non biasimiamo le cose in sé, ma l’abuso che ne facciamo e la corruzione della nostra mente”. Egli ritiene che questa parabola segni tre tappe nell’evoluzione spirituale, essendo la buona terra promessa a tutti, se rinunciamo alla schiavitù dei piaceri per l’esercizio della virtù, unica garanzia di libertà. Matteo conclude citando come esempio gli eccessi della gola.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si radunò intorno a lui una folla così grande che egli salì su una barca e si sedette ; tutta la folla era in piedi sulla riva. Parlò loro di molte cose in parabole: “Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, alcuni chicchi caddero lungo la strada e gli uccelli vennero e li mangiarono tutti. Altri caddero su un terreno sassoso, dove non c’era molta terra; spuntarono subito, perché il terreno era poco profondo. Quando profondo il sole, bruciavano e si seccavano perché non avevano radici. Altri caddero nei rovi; i rovi crebbero e li soffocarono. Altri caddero in un terreno buono e diedero frutti a un ritmo di cento, o sessanta, o trenta a uno. Chi ha orecchi ascolti. (Mt 13, 1-9).

 Il fondamento del regno : la parabola del seminatore

Questo è il giorno in cui Gesù aveva tenuto dei discorsi e fu interrotto da una visita della sua famiglia. Questo è anche l’ordine del racconto di Marco. Luca colloca questi eventi in una sequenza diversa e racconta la parabola del seminatore senza indicare il momento e il luogo in cui fu pronunciata. La casa da cui uscì era quella in cui si trovava quando i suoi genitori andarono da lui. Che scena e che culto ! La cattedrale era la volta scintillante di un cielo d’Oriente; il pubblico era la grande folla che si trovava sulla riva lontana ; la barca di un pescatore fungeva da pulpito; il predicatore era Gesù !

La parabola ha due parti, il corpo e l’anima: il corpo è il racconto della storia che è stata immaginata, e l’anima, il significato morale o mistico nascosto sotto le parole o la storia”. (Littré) Nel Nuovo Testamento, la parola “parabole” è applicata non solo alle prolungate narrazioni allegoriche che Gesù utilizzava così spesso, ma anche a qualsiasi paragone o immagine disegnata per illustrare il pensiero. La differenza notevole tra la parabola e un altro tipo di insegnamento simile, la favola. In quest’ultima, il racconto di fantasia non è necessariamente preso in prestito dal regno del possibile e del vero; fa pensare e parlare animali e piante.

Gesù non si è mai permesso nulla del genere nelle sue parabole. Tutto nella sua storia era così naturale e vero che spesso ci chiediamo se fosse reale o finzionale. E questi racconti sono, dal punto di vista della forma, di una tale bellezza, di una tale perfezione, che smetteremmo di ammirarli molto di più sotto questo aspetto, se le imponenti verità religiose che contengono non catturassero tutta la nostra attenzione. Fondamentalmente, la parabola del Nuovo Testamento è una creazione di Gesù Cristo. Né i miti degli antichi, né la favola che leggiamo nel capitolo nove del libro dei Giudici, né le maschere del profeta Ezechiele avrebbero potuto darcene un’idea.

Coloro che negano la verosimiglianza storica di un lungo discorso composto da una serie di parabole e che attribuiscono a Matteo questa raccolta di similitudini pronunciate da Gesù in momenti diversi, non possono vedere in queste parole introduttive, come in quelle che fungono da conclusione della narrazione, altro che un’invenzione di Matteo. Allo stesso modo, la loro messa in scena sarebbe solo una cornice fittizia data a questo grande quadro. Matteo non pretende di riportare un discorso prolungato, fatto di sette parabole e della spiegazione di due di esse. Egli stesso ha segnato una prima interruzione, provocata da una domanda dei discepoli e dalla risposta di Gesù; ne ha segnata una seconda, con una riflessione su questo tipo di insegnamento, e infine una terza, con un completo cambiamento di luogo e di tempo, quando Gesù aveva ancora parlato solo di due parabole, senza dubbio con sviluppi e applicazioni serie per il suo grande pubblico.

Matteo, secondo il suo metodo di raggruppare insegnamenti e fatti, registrò le parabole minori che Gesù pronunciò altrove e alle quali Luca assegnò un altro posto nel suo racconto. Il racconto di Marco testimonia che Gesù tenne un lungo discorso in riva al mare, in cui in diverse occasioni le sue parole assunsero la forma di parabole. La raccolta di queste sette parabole è storicamente meno implausibile del Discorso della montagna; questa predicazione in parabole era un’estensione di quest’ultimo. Il seminatore non intendeva gettare nessuno dei suoi semi su un sentiero; ma poiché il sentiero costeggiava il suo campo ed egli seminava abbondantemente, molti chicchi caddero lungo il sentiero.

Questi semi non sono stati coperti dalla terra e sono stati mangiati dagli uccelli. Questi luoghi rocciosi non erano una parte del campo coperta da pietre che potevano essere rimosse, ma regioni montuose e aride, luoghi in cui un leggero strato di terra copre la roccia. Lì il seme è in grado di germogliare; addirittura germoglia subito, crescendo verso l’esterno, proprio perché non ha potuto affondare le sue radici nel terreno profondo. Ma al primo ardere del sole primaverile, si brucia e si secca perché non ha radici che lo nutrano con i succhi della terra.

Perché le spine in un campo seminato? Il campo era delimitato da un lato da un sentiero e dall’altro da una siepe. I chicchi di seme caddero sul bordo della siepe, tra le spine, mentre stavano ancora germogliando nella terra. Il seme spuntò, ma le spine divennero ancora più forti e lo soffocarono. La pianta di grano non morì, prese il suo posto, ma era troppo esausta per produrre spighe fertili. Un buon terreno era un terreno reso fertile dalla coltivazione, dal concime e dal lavoro regolare. Questa produttività, fino a cento a uno, era molto comune nei Paesi orientali.

Il diacono Michel Houyoux

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Don Fabio Rosini : clicca qui per leggere l’articolo → La parabola del seminatore

Opus Dei : clicca qui per leggere l’articolo Commento al Vangelo : La parabola del seminatore

Video Mr Franco  : clicca qui https://youtu.be/snDAW8ytO8g

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Sedicesima domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Posté par diaconos le 17 juillet 2024

Sedicesima domenica del Tempo Ordinario - Anno B dans Actes des apôtres Venite-in-disparte-1

# Nelle chiese cristiane, il pastore è colui che svolge funzioni di gestione e di insegnamento all’interno della propria comunità. Il termine è più spesso usato nel contesto del protestantesimo, con i pastori protestanti che costituiscono la leadership e il ministero della parola all’interno delle chiese protestanti ed evangeliche. Santi cristiani Pastore di Alcalà (?-304), con Juste, bambini martirizzati a Complutum, durante la persecuzione di Diocleziano, sotto Daciano. Pastore di Nicomedia (IV secolo), Vittore e altri cinque compagni, martirizzati in Oriente durante la persecuzione di Diocleziano.

Pastore di Orléans (?-557), vescovo di Orléans. Palestinese, nato all’inizio dell’era cristiana, fu professato dai cristiani come il Messia, il Figlio di Dio e il Redentore dell’umanità. In ordine cronologico, nacque prima dell’anno 4 sotto Erode, iniziò la sua attività apostolica intorno all’anno 28, fu arrestato, condannato a morte e crocifisso sotto il procuratore romano Ponzio Pilato il 30 aprile e, secondo la testimonianza dei suoi apostoli, fu proclamato risorto tre giorni dopo. Questa risurrezione di Gesù è ritenuta dai cristiani un fatto storico che trascende l’ambito della storia per raggiungere quello della fede. Il Messia (χριστός / Christos in greco antico), l’unto del Signore è annunciato dall’Antico Testamento del Giudaismo.

La maggior parte dei cristiani riconosce Gesù Cristo come l’unico Figlio di Dio e come una delle tre persone del Dio Trino. Sua madre è Maria di Nazareth. A partire dal XIX secolo, la ricerca critica degli storici ha gradualmente dissociato Gesù di Nazareth, la figura storica, da Gesù Cristo, la figura religiosa. Secondo John Meier, questa distinzione metodologica affonda le sue radici nella distinzione operata da numerosi autori germanici, tra cui Bultmann (1884-1976), tra due significati del termine storico in tedesco.

Da un lato, storico, nel senso di un evento corrispondente a un semplice fatto la cui esistenza è attestata dalla storia, e dall’altro, storico, nel senso di un evento che ha un impatto duraturo e corrisponde a una realtà significativa. Il presente capitolo su Gesù Cristo si colloca nell’ambito di questa seconda prospettiva storica, lasciando la prima al capitolo intitolato Ricerca del Gesù storico. I musulmani riconoscono Gesù di Nazareth come un eminente profeta di Dio con il nome di ʿĪsā.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco

In quel tempo, dopo la loro prima missione, gli apostoli si riunirono da Gesù e gli raccontarono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Egli disse loro : “Venite in un luogo deserto e riposatevi un po’. Infatti, molte persone arrivavano e partivano e non c’era nemmeno il tempo di mangiare. Così partirono in barca verso un luogo deserto. La gente li vide partire e molti capirono la loro intenzione. Così, da tutte le città, corsero lì a piedi e arrivarono prima di loro. Quando Gesù scese a terra, vide una grande folla. Ne ebbe compassione, perché erano come pecore senza pastore. Così si mise a insegnare loro a lungo. (Mc 6,30-34)

Vieni in un luogo deserto e riposati per un po’ di tempo

In questo giorno, Gesù, anch’io vengo, come gli apostoli, ad ascoltarti. Sì, è solo alla tua presenza che possiamo veramente riposare. Solo ascoltando le tue parole posso davvero recuperare le forze. Forma in me, Signore, il cuore di un apostolo. Il Vangelo di oggi ci invita a scoprire l’importanza del riposo nel Signore. Gli apostoli stavano tornando dalla missione che Gesù aveva loro affidato. Avevano scacciato i demoni, guarito i malati e predicato il Vangelo. Erano stanchi e Gesù disse loro : “Venite in un luogo deserto e riposatevi un po’” (Mc 6, 31).

Una delle tentazioni a cui ogni cristiano può soccombere è quella di voler fare molte cose e di trascurare il rapporto con il Signore. Il catechismo ci ricorda che, quando si tratta di pregare, uno dei pericoli maggiori è quello di pensare che ci sono altre cose più urgenti da fare, e si finisce per trascurare il rapporto con Dio. Per questo Gesù dice ai suoi discepoli, che hanno lavorato molto, sono stanchi e sono felici perché tutto è andato bene, che devono riposare.

Il Vangelo ci dice che “partirono in barca per un luogo deserto” (Mc 6,33). La prima è stare con Gesù, perché è con lui che parleremo. Dobbiamo essere sicuri della sua presenza. Per questo, ogni momento di preghiera inizia generalmente, e questa è la parte più difficile, con la presa di coscienza della presenza di Dio. Diventare consapevoli di essere con Lui. La seconda cosa è la solitudine necessaria. Se vogliamo parlare con qualcuno, avere una conversazione intima e profonda, scegliamo la solitudine.

San Pierre Julien Eymard raccomandava di riposare nel Signore dopo la comunione. E metteva in guardia dal pericolo di riempire il nostro ringraziamento con parole o frasi che conosciamo a memoria. Diceva che, dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo, la cosa migliore era rimanere in silenzio per un po’, per recuperare le forze e lasciare che Gesù ci parli nel silenzio del nostro cuore. A volte, invece di raccontargli i nostri progetti, è meglio lasciare che Gesù ci insegni e ci dia coraggio.

Signore, sii la mia guida in tutto. Sii il pastore della mia vita. Insegnami a lasciarmi ammaestrare come quelle folle. Mandami a coloro che non ti conoscono e che ti cercano. Dopo questo tempo di riposo orante, so che anch’io sarò mandato a coloro che incontrerò oggi. Ispirami, Signore, le parole giuste per annunciare che tu sei il buon pastore.

Il Diacono Michel Houyoux

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Famiglia Christiana : clicca qui per leggere l’articolo XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B )

 Conferenza Episcopale Italiana : clicca qui per leggere l’articolo → XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

 Video Padre Fernando Armellini : clicca qui → https://youtu.be/Dvoa70eIzwE

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Quattordicesima domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Posté par diaconos le 4 juillet 2024

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# Un filosofo è una persona i cui scritti o parole sono riconosciuti da scuole, gruppi, religioni o accademie… C’è quindi una dimensione di riconoscimento tra il filosofo e il gruppo che lo giudica tale. Platone, Aristotele, Cartesio, Pascal, Leibniz, Spinoza, Hume, Kant, Hegel, Nietzsche, Bergson, Wittgenstein e Heidegger rappresentano l’idea occidentale di filosofia, poiché anche Buddha e Confucio (tra gli altri) sono considerati filosofi. Le donne sono raramente menzionate in questa disciplina. Molte donne filosofe sono molto attive nelle università: Marion Bernard, Elsa Dorlin, Aurélie Knüfer e molte altre. Alcuni testi religiosi possono contenere concetti filosofici.

Al di là del suo significato generale, il termine filosofo si applica più ampiamente alle persone che praticano una forma di filosofia. Ma poiché questa pratica è anche oggetto di dibattito filosofico, è difficile dare una definizione generale di filosofo che sia facilmente accettata da tutti coloro che si definiscono tali. Tuttavia, l’idea più generale di filosofia è quella di una persona che riflette sul mondo e sul pensiero, per acquisire saggezza o per comprendere il senso della vita, nella speranza di essere più felice o più libera.

Di recente, tuttavia, si è sviluppato un nuovo modo di pensare alla definizione di filosofia, apportandovi una tecnica, come a qualsiasi altra materia. Questo nuovo modo di vederla la definisce come la disciplina che studia (attraverso la meditazione, se si vuole) le leggi e i precetti che collegano ciò che è a ciò che dovrebbe essere. La filosofia sarebbe quindi l’arte di comprendere ciò che dovrebbe essere invece di ciò che è, invece della nostra situazione, da cui la necessità di fare un passo indietro rispetto alle cose in generale, da cui anche la ricerca delle leggi a cui obbediamo nella vita.

La cosiddetta filosofia occidentale « classica » lascia fuori dall’equazione la morale, anche se per alcuni la morale e la filosofia sono la stessa cosa. Un filosofo è qualcuno che crea un concetto.Un concetto risolve un problema generale. I primi due filosofi furono Pitagora e Talete. Seguirono Parmenide, Zenone di Elea, Eraclito di Efeso, Anassimandro, e tutti coloro che vengono definiti presocratici : Empedocle, Filolao, Archita, Leucippo, Anassagora e l’imponente Democrito. Erano essenzialmente fisici filosofi e moralisti (saggi).

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco

In quel tempo Gesù andò nella sua città natale e i suoi discepoli lo seguirono. Di sabato cominciò a insegnare nella sinagoga. Molti di quelli che lo ascoltavano erano stupiti e dicevano : « Da dove ha preso questo ? Che cos’è questa sapienza che gli è stata data e questi grandi miracoli che vengono compiuti dalle sue mani ? Non è forse il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, Giuseppe, Giuda e Simone ? Le sue sorelle non sono forse qui con noi ? E si stupì della loro mancanza di fede. Allora Gesù andò in giro a insegnare nei villaggi circostanti. (Mc 6, 1-6)

Gesù di Nazareth

Nella prima lettura, il profeta Ezechiele fu chiamato dal Signore a rivelare la Parola di Dio in tutta la sua potenza. Ma fu avvertito in anticipo che si sarebbe trovato di fronte a una progenie di ribelli : Udii il Signore che mi parlava dicendo : « Figlio dell’uomo, io ti mando dai figli d’Israele, da questo popolo ribelle che si è ribellato a me ». (Ezechiele 2, 2) Anche San Paolo, nella seconda lettura, fece una scoperta che cambiò completamente la sua vita. Le debolezze dell’apostolo servono solo a mettere in evidenza la forza di Dio che opera in lui.


Come tutti i profeti, egli divenne totalmente dipendente dalla Parola di Dio. Il suo triste fallimento ad Atene non gli impedisce di scrivere ai Corinzi : « Accetto con tutto il cuore debolezze, insulti, costrizioni, persecuzioni e situazioni penose per amore di Cristo. Perché quando sono debole, allora sono forte ». (2 Co 12, 10) 
E si scandalizzarono profondamente per lui. Gesù disse loro: « Un profeta è disprezzato solo nel suo paese, nella sua famiglia e nella sua casa. E lì non era in grado di compiere alcun miracolo; guariva solo alcuni malati imponendo loro le mani.

Il Vangelo di oggi ci mostra Gesù che affronta il fallimento del suo ministero. È troppo conosciuto. Gli abitanti di Nazareth, il suo villaggio, hanno trascorso l’infanzia con lui; egli ha esercitato il suo mestiere di falegname con Giuseppe; alcuni hanno certamente potuto beneficiare del suo lavoro e dei suoi servizi. Molto vicino alle persone, era anche molto vicino a Dio. Questo era evidente nei suoi miracoli e nei suoi discorsi. Per la gente di Nazareth si trattava di qualcosa di totalmente nuovo.

Scoprirono in lui qualcuno che cominciava a parlare e ad agire per conto di Dio

 Chi si crede di essere? I suoi compatrioti non potevano accettare questo cambiamento. Non hanno scoperto la sacralità nascosta nella sua vita quotidiana. Per loro, non è possibile. Questo Vangelo ci chiama a fare un ulteriore passo sulla strada della conversione ; siamo tutti invitati a uscire dalle nostre certezze e a lasciare da parte ciò che pensiamo di sapere su Dio e su Gesù. La fede non è innanzitutto una questione di conoscenza o di apprendimento; è soprattutto una domanda continua : « Chi è Gesù per me ? » La risposta è stata data ai piedi della croce dal centurione romano : « Veramente quest’uomo era il Figlio di Dio ».

Cristo vuole raggiungerci. E mette sul nostro cammino le persone giuste: un vicino, un collega, un anziano o un giovane, persone semplici. È attraverso di loro che Dio viene a sfidarci. Saremo in grado di vederli come messaggeri di Dio ? Quando Dio vuole parlarci, non va a cercare qualcuno dall’altra parte del mondo. Noi stessi siamo inviati a coloro che ci circondano, alle nostre famiglie, ai nostri villaggi e ai nostri quartieri. Potremmo essere accolti con derisione o indifferenza.

Ma come il profeta Ezechiele, non siamo inviati per far credere, ma per dire la Parola di Dio. Attenzione, la cosa più importante potrebbe non essere il successo ! « Dio non ci chiede di riuscire, ma di lavorare ». (San Giovanni Crisostomo) Chiediamo al Signore di liberarci da certezze troppo radicate. Ci impediscono di riconoscere e amare il Signore. E soprattutto ci impediscono di amarlo. Al termine della Messa, saremo inviati come testimoni del Vangelo. Il Signore ci dia la grazia di superare lo scoraggiamento, di sopportare le critiche e le situazioni di disagio. È importante sapersi riprendere dopo una battuta d’arresto. Abbiamo fiducia in Gesù, il maestro della missione, che agisce attraverso coloro che invia.

Il Diacono Michel Houyoux


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Associasione Madonna di Fatima : clicca qui per leggere l’articolo → XIV Domenica del tempo ordinario – Anno B.


Qumran : clicca qui, per leggere l’articolo → Testi – XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

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