Il Santissimo Sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo – Anno C

Posté par diaconos le 26 juin 2025

La moltiplicazione dei pani e dei pesci indica due miracoli di Gesù descritti nei Vangeli. Il primo miracolo, nel quale Gesù sfamò cinquemila uomini con 5 pani e 2 pesci, è riportato da tutti e quattro gli evangelisti (Matteo 14,13-21[1], Marco 6,30-44[2], Luca 9, 12-17[3], Giovanni 6, 1-14[4]). Si tratta dell'unico miracolo di Gesù, a parte la resurrezione, ad essere presente in tutti e quattro i Vangeli. Il secondo miracolo, nel quale Gesù sfamò quattromila uomini con sette pani e "pochi pesciolini", è riportato da Matteo 15,32-39[5] e Marco 8,1-10[6], ma non da Luca e Giovanni.

La moltiplicazione dei pani e dei pesci indica due miracoli di Gesù descritti nei Vangeli.
Il primo miracolo, nel quale Gesù sfamò cinquemila uomini con 5 pani e 2 pesci, è riportato da tutti e quattro gli evangelisti (Matteo 14,13-21[1], Marco 6,30-44[2], Luca 9, 12-17[3], Giovanni 6, 1-14[4]). Si tratta dell’unico miracolo di Gesù, a parte la resurrezione, ad essere presente in tutti e quattro i Vangeli.
Il secondo miracolo, nel quale Gesù sfamò quattromila uomini con sette pani e « pochi pesciolini », è riportato da Matteo 15,32-39[5] e Marco 8,1-10[6], ma non da Luca e Giovanni.

La moltiplicazione dei pani è uno dei miracoli compiuti da Gesù. Il racconto di questo episodio miracoloso si trova nel Nuovo Testamento, nei quattro evangelisti. Con soli 5 pani e 2 pesci, Gesù riuscì a sfamare oltre 5.000 persone. In questa scena di banchetto in riva al lago, Gesù distribuisce i pani e i pesci agli invitati, dando loro quanto desiderano. Dopo che hanno mangiato a sazietà, chiede ai suoi discepoli di raccogliere i pezzi rimasti, in modo che nulla vada perduto.

La moltiplicazione dei pani è uno dei miracoli compiuti da Gesù. Il racconto di questo episodio miracoloso si trova nel Nuovo Testamento, nei quattro evangelisti. Con soli 5 pani e 2 pesci, Gesù riuscì a sfamare oltre 5.000 persone. In questa scena di banchetto in riva al lago, Gesù distribuisce i pani e i pesci agli invitati, dando loro quanto desiderano. Dopo che hanno mangiato a sazietà, chiede ai suoi discepoli di raccogliere i pezzi rimasti, in modo che nulla vada perduto.

Alcuni esegeti ritengono che si tratti dello stesso evento raccontato due volte. Tuttavia, i due miracoli non avvengono nello stesso luogo : in un caso i sono cinquemila uomini, nell’altro quattromila. Anche il numero di ceste di pane in più è diverso. Gesù si riferisce in seguito ai due “miracoli”, distinguendoli chiaramente (Mt 16, 9-11)   Per Giovanni Crisostomo, dottore della Chiesa, Gesù, in questo miracolo, è davvero il creatore del cielo e della terra.

Con questo gesto ci incoraggia anche a pregare prima di ogni pasto e vuole mostrare l’importanza della condivisione. I teologi più moderni direbbero che la moltiplicazione dei pani è il simbolo della Parola data da Cristo, una parola che ha nutrito le persone per secoli. Per Sant’Efrem, durante questo miracolo Gesù ha dato generosamente senza contare il costo. Diede così tanto che rimasero dodici ceste, questa moltiplicazione è l’inizio dell’Eucaristia, che continua ancora oggi.

Secondo alcune interpretazioni teologiche, essa prefigurava l’Ultima Cena, l’ultimo pasto di Gesù con i suoi discepoli, istituendo il rito dell’Eucaristia in cui il pane si dice incarni il corpo di Gesù, dato in sacrificio sulla croce per salvare l’umanità. Per gli storici, gli eventi evocati dagli evangelisti con queste due relazioni rimangono enigmatici, anche se sono state avanzate alcune ipotesi.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca

In quel tempo, Gesù parlava alle folle del regno di Dio e guariva coloro che ne avevano bisogno. Si stava facendo buio. Allora i Dodici vennero da lui e gli dissero : “Manda via questa folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne vicine e trovi alloggio e cibo ; questo è un luogo deserto”.  Ma egli disse loro : “Date loro voi stessi qualcosa da mangiare”.

Risposero : « Non abbiamo più di cinque pani e due pesci. A meno che non andiamo noi stessi a comprare cibo per tutto il popolo ».   C’erano circa cinquemila uomini.  Gesù disse ai suoi discepoli : “Fateli sedere a gruppi di circa cinquanta”. Fecero come aveva chiesto e fecero sedere tutti. Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, pronunciò una benedizione su di essi, li spezzò e li diede ai suoi discepoli perché li distribuissero alla folla.

Mangiarono e furono tutti saziati; poi raccolsero i pezzi che erano avanzati, facendone dodici ceste. (Lc 9, 11b-17)

La moltiplicazione dei pani

Il giorno era già avanzato. Questa preoccupazione per il popolo sembra essere stata ispirata nei discepoli dalla compassione di Gesù. Secondo l’apostolo Giovanni, fu Gesù stesso a prendere l’iniziativa e le parole dei discepoli furono semplicemente una risposta alla sua domanda.  Questa conversazione dimostrò che c’era un bisogno reale, degno della compassione di Gesù, e che egli non fece un uso inutile del suo potere creativo moltiplicando i pani, come sostenevano i critici negativi. Questo strano ordine, volto a mettere alla prova la fede dei discepoli, fu effettivamente eseguito.

Degna della compassione di Gesù, e che non fece un uso inutile del suo potere creativo moltiplicando i pani, come sostenevano i critici negativi. Questo strano comando, inteso a mettere alla prova la fede dei discepoli, fu effettivamente eseguito. Con quale maestosa sicurezza Gesù sapeva cosa fare con questa provvista insufficiente! Benedisse e pronunciò la benedizione che il padre di famiglia pronunciava prima del pasto. Luca fa mettere la benedizione sui pani, che sarebbero stati consacrati da essa, e dice : “rese grazie”.

Quindi Gesù si sentiva grato a Dio per ciò che aveva dato, Così Gesù si sentì grato a Dio per ciò che aveva dato, e progettò di implorare la benedizione di Dio sui suoi pochi beni per moltiplicarli. Che esempio e che consolazione per il povero che non aveva abbastanza cibo ! I discepoli fecero come era stato detto loro; diedero ciò che avevano ricevuto, e fu nelle loro mani che avvenne il miracolo.

Se Gesù avesse moltiplicato i pani in anticipo, in modo da mettere davanti ai loro occhi una scorta immensa, si sarebbe adattato meglio alla loro mancanza di fede, ma Dio non procede mai in questo modo nella dispensazione delle sue grazie. Egli esercita la fede e l’obbedienza, mentre dà in abbondanza. Fu Gesù a ordinare ai discepoli di raccogliere queste eccedenze, perché nulla andasse perduto ». Questi cesti erano piccole borse da viaggio fatte di giunco o di paglia. Ogni discepolo ne aveva uno e lo riempiva.

Il diacono Michel Houyoux

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Mercredi de la douzième semaine du Temps Ordinaire – Année Impaire

Posté par diaconos le 25 juin 2025

Méfiez-vous des faux prophètes qui viennent à vous déguisés en brebis, mais au-dedans ce sont des loups voraces. C’est à leurs fruits que vous les reconnaîtrez. Matthieu 7,15-20 La dernière partie du grand sermon sur la montagne contient quelques avertissements, notamment sur les mauvais bergers

Méfiez-vous des faux prophètes qui viennent à vous déguisés en brebis, mais au-dedans ce sont des loups voraces. C’est à leurs fruits que vous les reconnaîtrez. Matthieu 7,15-20 La dernière partie du grand sermon sur la montagne contient quelques avertissements, notamment sur les mauvais bergers

# Dans la théologie chrétienne, on parle de communion mystique pour décrire le lien existentiel personnel étroit, la communion qui unit le chrétien à Jésus-Christ et par laquelle il partage les bienfaits salvateurs de sa vie, de sa mort et de sa résurrection. Cette communion est dite mystique parce qu’elle s’accomplit de manière mystérieuse et surnaturelle. Au sein du christianisme, il existe différentes approches du thème de la communion mystique.

Dans le catholicisme romain, l’anglicanisme et le luthéranisme, cette union est établie par le baptême et nourrie par les sacrements, qui sont considérés comme les moyens privilégiés par lesquels la grâce est communiquée. Le mysticisme met tellement l’accent sur l’identification du Christ avec le chrétien qu’il prétend qu’une sorte de fusion complète a lieu, bien qu’ils restent des personnes distinctes. Le rationalisme religieux imagine Dieu comme une réalité immanente au monde et à l’esprit humain.

Le Christ est immanent à la nature et à l’esprit humains. Par conséquent, le salut est pensé de manière universelle, indépendamment de la foi consciente de l’homme en Christ. C’est pourquoi il cite souvent le texte biblique : « De même qu’en Adam tous meurent, de même en Christ tous seront rendus vivants » (1 Co 15, 22). Le Vrai cep est une parabole donnée par Jésus-Christ. Elle est citée dans l’Évangile selon saint Jean. Elle parle de l’importance pour le croyant de rester attacher au vrai cep qui symbolise le Christ, cela pour porter du fruit en abondance. Les fruits, étant à l’image de la relation entre le sarment et le plant principal par la sève qui circule entre les deux, peuvent faire référence à beaucoup d’autres passages bibliques comme celui des fruits de l’Esprit en Galate 5 verset 22.

Pour saint Augustin, les sarments sont dans la vigne afin de recevoir d’elle leur principe de vie. Les humains doivent rester attacher aux vertus données, à la parole transmise par le Christ afin de donner des fruits sains. Benoît XVI dans un commentaire, aborde le sujet de la liberté et des préceptes divins. Mélanger les deux ne sont pas incompatible. Il faut écouter Dieu et il nous donnera la force pour créer et marcher dans notre chemin. La récolte spirituelle sera alors abondante.

De l’Évangile de Jésus Christ selon Matthieu

En ce temps-là, Jésus disait à ses disciples : « Méfiez-vous des faux prophètes qui viennent à vous déguisés en brebis, alors qu’au-dedans ce sont des loups voraces.  C’est à leurs fruits que vous les reconnaîtrez. Va-t-on cueillir du raisin sur des épines, ou des figues sur des chardons C’est ainsi que tout arbre bon donne de beaux fruits, et que l’arbre qui pourrit donne des fruits mauvais.  Un arbre bon ne peut pas donner des fruits mauvais, ni un arbre qui pourrit donner de beaux fruits. Tout arbre qui ne donne pas de beaux fruits est coupé et jeté au feu.  Donc, c’est à leurs fruits que vous les reconnaîtrez. »     (Mt 5,15-20)

Sommaire de la foi

Pour marcher sûrement dans le chemin de la vérité, il faut se garder des séductions de l’erreur. Qui étaient, dans la pensée de Jésus, les faux prophètes ? C’étaient, en première ligne, les docteurs de la loi, les pharisiens, les chefs des prêtres, qui, semblables à leurs devanciers (Jr 28), entraînaient le peuple à sa ruine (Lc 6, 26) Mais le Seigneur voyait plus loin encore que le moment présent ; il savait que dans son Église aussi se lèveraient de faux docteurs prétendant parler au nom de Dieu. Jésus pensait à ce péril futur.

En vêtements de brebis, avec l’apparence de la douceur, de l’innocence, de la vérité, mais au dedans, considérés de l’intérieur, selon leur vraie nature, ils sont des loups ravissants ou rapaces, qui enlèvent et dévorent les brebis. L’erreur n’est pas toujours facile à discerner d’avec la vérité. Jésus donna une marque à laquelle on put reconnaître les faux prophètes : leurs fruits. Il ne faut pas entendre par là, avec Calvin et d’autres, uniquement la doctrine, puisque c’est là précisément ce qu’il s’agit de reconnaître.

Les fruits ce sont, d’une part, les conséquences pratiques des doctrines annoncées, conséquences qui ne tardent pas à se manifester dans les églises ; et d’autre part la vie, l’esprit de ceux qui les annoncent. Non que les faux docteurs soient nécessairement des hommes impies ou immoraux et les vrais docteurs des saints, mais le discernement spirituel ne se trompe guère sur les caractères essentiels de la vie chrétienne.

Les épines ne produisent pas des raisins, ni les chardons des figues. C’est ainsi que tout arbre, bon ou mauvais, se reconnaît à ses fruits. Et ce principe s’applique aussi bien à ceux qui professent la vérité qu’aux défenseurs de l’erreur. «La bonté de l’arbre même, c’est la vérité et la lumière interne, la bonté des fruits, c’est la sainteté de la vie. Si les fruits étaient la doctrine, aucun orthodoxe ne pourrait être damné.» Bengel

Diacre Michel Houyoux

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Saint Pierre et Saint Paul

Posté par diaconos le 24 juin 2025

 

Le 29juin, l'Église honore à la fois saint Pierre et saint Paul, ces deux incomparables Apôtres, unis dans la foi, dans la prison et dans la mort. Toutefois, la fête du 30juin nous donnant occasion de parler de saint Paul, bornons-nous aujourd'hui au prince des Apôtres. C'est à l'Évangile qu'il faut avoir recours pour connaître les détails de cette vie étonnante. Fils de pêcheur et pêcheur lui-même, simple, ignorant, sans éducation, il entend le Fils de Dieu lui adresser cet appel singulier: "Suis-Moi, Je te ferai pêcheur d'hommes." Parmi tous les Apôtres, il brille par sa foi énergique et reconnaît en Jésus le Christ, Fils de Dieu.

Le
29 juin, l’Église honore à la fois saint Pierre et saint Paul, ces deux incomparables Apôtres, unis dans la foi, dans la prison et dans la mort. Toutefois, la fête du
30 juin nous donnant occasion de parler de saint Paul, bornons-nous aujourd’hui au prince des Apôtres. C’est à l’Évangile qu’il faut avoir recours pour connaître les détails de cette vie étonnante. Fils de pêcheur et pêcheur lui-même, simple, ignorant, sans éducation, il entend le Fils de Dieu lui adresser cet appel singulier: « Suis-Moi, Je te ferai pêcheur d’hommes. » Parmi tous les Apôtres, il brille par sa foi énergique et reconnaît en Jésus le Christ, Fils de Dieu.

De l’Évangile de Jésus Christ selon saint Matthieu

En ce temps-là, Jésus, arrivé dans la région de Césarée-de-Philippe, demandait à ses disciples : « Au dire des gens, qui est le Fils de l’homme ? » Ils répondirent : « Pour les uns, Jean le Baptiste ; pour d’autres, Élie ; pour d’autres encore, Jérémie ou l’un des prophètes. » Jésus leur demanda : « Et vous, que dites-vous ? Pour vous, qui suis-je ? » Alors Simon-Pierre prit la parole et dit : « Tu es le Christ, le Fils du Dieu vivant ! » Prenant la parole à son tour, Jésus lui dit : « Heureux es-tu, Simon fils de Yonas : ce n’est pas la chair et le sang qui t’ont révélé cela, mais mon Père qui est aux cieux.
Et moi, je te le déclare : Tu es Pierre, et sur cette pierre je bâtirai mon Église ; et la puissance de la Mort ne l’emportera pas sur elle. Je te donnerai les clés du royaume des Cieux : tout ce que tu auras lié sur la terre sera lié dans les cieux, et tout ce que tu auras délié sur la terre sera délié dans les cieux. » (Mt 6,13-19)

La vie divine est créatrice

Que de justes, que de prophètes de l’Ancien Testament ont soupiré après ces temps de l’Évangile, qui n’étaient pas accomplis, selon les desseins de Dieu ! Quel motif de reconnaissance pour les disciples et pour nous ! Vous donc qui pouvez comprendre, écoutez ! Les disciples et d’autres auditeurs avaient demandé l’explication de cette parabole : «Quand il resta seul, ceux qui étaient autour de lui avec les Douze l’interrogeaient sur les paraboles.» (Mc 4, 10) La parole du royaume ou, selon Luc, la parole de Dieu, et, d’après Marc, simplement la parole, telle fut la semence de la parabole.

Il y a une analogie profonde entre l’image et la réalité. Dieu a voulu qu’il y eut en chaque grain de semence un principe de vie qui se développe avec une irrésistible puissance, dès que la semence se trouve dans des conditions favorables. Ainsi la parole du Dieu vivant renferme et produit la vie, une vie divine ; elle est créatrice. Mais, pour cela, il faut que la parole, comme la semence, tombe dans une terre bien préparée. Or ce sont précisément quatre espèces de terrain, représentant des dispositions morales diverses, qui forment les traits caractéristiques de la parabole. Et d’abord ; le chemin.

Là, le Seigneur avait dit, selon Luc, que la semence fut foulée par les passants. Dans son explication il ne releva pas ce trait, qui eut pourtant un sens moral. La semence foulée par les passants, c’est la parole rendue infructueuse par les distractions et les pensées terrestres de cette classe d’auditeurs. En outre, sur ce sol durci et sans culture, la semence n’était pas recouverte de terre et ne pouvait germer. L’auditeur ne comprend pas la parole ; explication propre à Matthieu et qui indiqua une seconde cause de stérilité, l’inintelligence et l’endurcissement du cœur, qui ne fut pas rendu attentif et n’amollit pas par une sérieuse repentance.

Enfin il y a une troisième cause. L’image de ces oiseaux, à laquelle nous aurions à peine songé à donner un sens spirituel, en a un très important : Jésus montra l’action de Satan, Luc dit  le diable. qui ravit ce qui a été semé. Cela lui est d’autant plus facile que la parole n’a point été comprise et que le cœur n’arrive point à la foi (Rm 10, 10). Il n’est pas nécessaire de voir là une action immédiate et magique du malin. Les moyens par lesquels il agit abondent, et dans l’homme même et en dehors, dans le monde.

Jésus avait de son côté exprimé son étonnement de ce qu’ils ne l’eussent pas comprise  et pourtant il la leur expliqua. Cette interprétation que Jésus donna d’un petit nombre de paraboles est pour nous d’un prix infini, car par là il nous a donné la clef de toutes les autres.

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◊ Regnum Christi : cliquez ici pour lire l’article → Tu es Pierre, et je te donnerai les clés du Royaume

◊ Gloire à Dieu : cliquez ici pour lire l’article → Tu es Pierre, et je te donnerai les clés du royaume des cieux

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Lundi de la douzième semaine du Temps Ordinaire- Année Impaire

Posté par diaconos le 23 juin 2025

Hypocrite, enlève d'abord la poutre de ton œil et alors tu verras assez clair pour enlever la paille de l'œil de ton frère.

Hypocrite, enlève d’abord la poutre de ton œil et alors tu verras assez clair pour enlever la paille de l’œil de ton frère.

      # L’amour désigne un sentiment intense d’affection et d’attachement envers un être vivant ou une chose qui pousse ceux qui le ressentent à rechercher une proximité physique, intellectuelle ou même imaginaire avec l’objet de cet amour. L’amour éprouvé pour une autre personne peut conduire à adopter un comportement particulier et aboutir à une relation amoureuse si cet amour est partagé. En tant que concept général, l’amour renvoie la plupart du temps à un profond sentiment de tendresse et d’empathie envers une personne.

Toutefois, même cette conception spécifique de l’amour comprend un large éventail de sentiments différents, allant de la passion amoureuse et de l’amour romantique, à la tendre proximité sans sexualité de l’amour familial ou de l’amour platonique et à la dévotion spirituelle de l’amour religieux. L’amour sous ses diverses formes agit comme un facteur majeur dans les relations sociales et occupe une place centrale dans la psychologie humaine, ce qui en fait également l’un des thèmes les plus courants dans l’art.

Aimer renvoie à une grande variété de sentiments, d’états et de comportements, allant d’un plaisir général lié à un objet ou à une activité ; j’aime le chocolat, j’aime danser à une attirance profonde ou intense pour une personne ou plusieurs personnes. Cette diversité d’emplois et de significations du mot le rend difficile à définir de façon unie et universelle, même en le comparant à d’autres états émotionnels. Le terme amour recouvre quatre sentiments distincts de la Grèce antique : l’éros, la philia, l’agapè et la storgê.

La storgê est l’amour entre parent et enfant, particulièrement l’amour mère-enfant. La philia se rapproche de l’amitié telle qu’on l’entend aujourd’hui, c’est une forte estime réciproque entre deux personnes de statuts sociaux proches, qui mène aussi à l’entraide. Elle ne pouvait exister à l’époque qu’entre deux personnes du même sexe, du fait de l’inégalité entre les sexes. L’agapè est l’amour du prochain proche de l’altruisme aujourd’hui, le don désintéressé. Il se caractérise par sa spontanéité, ce n’est pas un acte réfléchi ou une forme de politesse, mais une réelle empathie pour les autres qu’ils soient inconnus ou intimes.

Dans la tradition chrétienne des pères de l’Église, ce mot est assimilé au concept de charité, bien que celui-ci soit plus proche d’une relation matérielle établie avec des personnes en souffrance. L’agapè originelle ne revêt pas cette connotation morale de responsabilité devant une autorité divine. L’éros, lui, est l’amour au sens d’être amoureux, l’amour des poètes pour ainsi dire.

De l’Évangile de Jésus Christ selon Matthieu

En ce temps-là, Jésus disait à ses disciples : « Ne jugez pas, pour ne pas être jugés ; de la manière dont vous jugez, vous serez jugés ; de la mesure dont vous mesurez, on vous mesurera. Quoi ! tu regardes la paille dans l’œil de ton frère ; et la poutre qui est dans ton œil, tu ne la remarques pas ?
Ou encore : Comment vas- tu dire à ton frère : “Laisse- moi enlever la paille de ton œil”, alors qu’il y a une poutre dans ton œil à toi ? Hypocrite ! Enlève d’abord la poutre de ton œil ; alors tu verras clair pour enlever la paille qui est dans l’œil de ton frère. » (Mt 7,1-5)

Aimer ceux qui nous haïssent

Jésus annonça à ses disciples qu’ils seront haïs et outragés, puis il prononça des malédictions sur le monde ennemi de Dieu. Ses auditeurs conclurent qu’il leur était permis de haïr leurs ennemis. Jésus, en se tournant vers eux, prévint leur pensée par ces mots : «Mais je vous dis, à vous qui écoutez.» Il revint, des riches absents, à ses auditeurs réels. Certaines personnes ces mots : vous qui écouter dans un sens moral : vous qui êtes dociles à mes enseignements. Ce sens est moins simple.

Jésus énonça ce précepte profond qui dépasse les forces de l’homme naturel : aimer ceux qui    nous haïssent. Ce commandement de l’amour, qui ne peut être accompli que sous la loi nouvelle de l’Évangile, est motivé d’une manière différente dans Matthieu, où il se trouve directement opposé à l’esprit de la loi ancienne et rattaché à l’amour des enfants de Dieu pour leur Père céleste.

Dans l’évangile selon Matthieu, Jésus nomma ces deux vêtements dans l’ordre inverse : si quelqu’un veut t’ôter la tunique, laisse-lui aussi le manteau. Il supposa un créancier qui saisit la tunique, de moindre valeur, puis, s’il ne fut pas assez payé, réclama le manteau.

«Et si vous prêtez à ceux de qui vous espérez recevoir, quel gré vous en aura-t-on ? Les pécheurs aussi prêtent aux pécheurs, afin de recevoir la pareille.» (Lc 6, 34) Aimer, faire le bien, prêter, sans rien espérer, c’est agir dans l’esprit et l’amour de Dieu lui-même, c’est prouver à nous-mêmes et aux autres que nous sommes ses enfants.

 Tel est l’exemple divin que Jésus proposa pour nos rapports avec les ingrats et les méchants. Jésus proposa à ses disciples. Le but vers lequel ils devaient tendre constamment en étant miséricordieux comme lui ; et ce sera là leur grande récompense.

Matthieu termina la première partie de son discours par une pensée analogue, mais exprimée preuve de cette miséricorde de Dieu égale pour tous qu’il fait lever son soleil et répand les pluies du ciel sur tous indistinctement.

La récompense promise à l’accomplissement de ces devoirs, c’est de n’être pas jugés, condamnés mais absous par Dieu lui-même. La mesure de son jugement est puisée dans le cœur de chaque personne. Cet esprit miséricordieux est toujours disposé à donner ; et par là même il s’attire, de la part de Dieu, les plus riches dons de sa grâce.

Diacre Michel Houyoux

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◊ Catholique.org : cliquez ici pour lire l’article →Aimez vos ennemis, faites du bien à ceux qui vous haïssent

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