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Venticinquesima domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Posté par diaconos le 20 septembre 2023

Ouviers-de-la-11ème-heure

# Gli operai dell’undicesima ora è una parabola del Vangelo secondo Matteo. Appartiene al suo Sondergut. L’undicesima ora si riferisce a un antico metodo di calcolo delle ore che iniziava con il sorgere del sole e divideva il giorno in dodici parti.

La parabola riguarda un proprietario terriero che paga anche i suoi vari dipendenti, indipendentemente dall’ora in cui iniziano a lavorare. Questa parabola potrebbe significare che la generosità di Dio supera la nostra giustizia. Infatti, associamo il proprietario della vigna a Dio.


Il rapporto di Dio con noi non è uguale a quello del padrone con i suoi operai. Tra i primi cristiani, quelli di origine ebraica potevano rimanere scioccati nel vedere peccatori e pagani come loro chiamati nella comunità cristiana. Questa parabola serviva a placare il risentimento che poteva nascere da questa situazione.

Origene paragonava la vite alla Chiesa e il padrone a Cristo. Sant’Agostino, nel suo sermone 87 intitolato: Le ore della storia della salvezza, dice : « I giusti che vennero al mondo per primi, come Abele e Noè, furono per così dire chiamati alla prima ora, e otterranno la felicità della risurrezione nello stesso

momento in cui la otterremo noi ».

Gli altri giusti che vennero dopo di loro, Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti quelli che vivevano a quel tempo, furono chiamati all’ora terza, e otterranno la felicità della risurrezione alla stessa ora di noi. Lo stesso è avvenuto per gli altri giusti,

Mosè, Aronne e tutti coloro che sono stati chiamati con loro all’ora sesta; poi i successivi, i santi profeti, chiamati all’ora nona, hanno assaporato la stessa felicità che abbiamo noi. Tutti i cristiani sono chiamati all’undicesima ora; alla fine del mondo otterranno la felicità della risurrezione con coloro che li hanno preceduti.


Tutti la riceveranno insieme. Ma vediamo quanto tempo i primi aspetteranno prima di arrivarci. Così loro la riceveranno dopo molto tempo, e noi dopo poco tempo. Anche se dobbiamo riceverla insieme agli altri, possiamo dire di essere i primi, perché la nostra ricompensa non tarderà ad arrivare.

John Ruskin utilizzò questa parabola nel suo saggio Unto This Last per criticare il pagamento dei lavoratori in base al lavoro e per sostenere il pagamento in base al bisogno di vita del lavoratore, indipendentemente dal reale contributo del suo lavoro alla ricchezza del datore di lavoro.


Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo


In quel tempo, Gesù parlò ai suoi discepoli con questa parabola : « Il regno dei cieli è simile a un uomo che uscì di buon mattino per assumere operai per la sua vigna. concordò con loro il salario per la giornata: un denario, cioè una moneta d’argento, e li mandò nella sua vigna.

Quando uscì, verso le nove, vide altri che stavano in piazza senza far nulla. Allora disse loro : « Andate anche voi nella mia vigna e vi darò ciò che è giusto ». Così andarono. E uscì di nuovo verso mezzogiorno, e di nuovo verso le tre, e fece lo stesso. Verso le cinque uscì di nuovo, trovò altri che stavano lì e disse loro : « Perché siete stati lì tutto il giorno a non fare niente ?

Risposero : « Perché nessuno ci ha assunti ». Disse loro : « Andate anche voi nella mia vigna ». Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo amministratore : « Chiama gli operai e distribuisci loro il salario, cominciando dall’ultimo e finendo con il primo ».


Quelli che avevano iniziato alle cinque si fecero avanti e ricevettero ciascuno un soldo. Quando fu il turno dei primi operai, pensavano di ricevere di più, ma anche loro ricevettero un soldo ciascuno. 
Quando la ricevettero, si lamentarono con il padrone della tenuta : « Queste persone, le ultime arrivate, hanno lavorato solo per un’ora, e tu le tratti come tratti noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il calore !

Ma il padrone rispose a uno di loro : « Amico mio, non sono ingiusto con te. Non ti sei accordato con me per un denario ? Prendi ciò che è tuo e vai.Voglio dare all’ultimo uomo quanto a te: non ho forse il diritto di fare ciò che voglio dei miei beni ? O i vostri occhi sono cattivi perché io sono buono? Gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi » (Mt 20, 1-16).


Chiamata di operai a lavorare nella vigna del Signore

Il denario romano era una delle monete fondamentali dei Romani. Si trattava di una moneta d’argento che pesava tra i 3 e i 4 grammi, a seconda del periodo. I primi denari romani apparvero alla fine del III secolo a.C., in seguito alla svalutazione dell’asso in seguito alle guerre puniche.

L’asso era una moneta di bronzo o di rame dell’antica Roma. Il suo peso e il suo aspetto cambiarono notevolmente nel corso dei secoli. All’epoca di Jesàs, un denario (4,4 euro) era il prezzo di una giornata di lavoro per un bracciante. Questo salario era concordato tra il padrone e i lavoratori.

La giornata ebraica iniziava alle sei del mattino, quindi la loro terza ora era alle nove. L’agorà era il luogo pubblico dove si riuniva il popolo e dove gli operai cercavano la lode. Nel senso letterale della parabola, questi operai erano davvero lì a non fare nulla, oziosi. Nella vita, si può essere oziosi anche nel mezzo della più grande attività, se il proprio lavoro non ha nulla a che fare con il regno di Dio.

Andarono senza indugio, fidandosi della parola del loro maestro. A mezzogiorno e alle tre il maestro chiamò altri operai. Verso l’undicesima ora, le cinque di sera, molto vicino alla fine della giornata, c’erano ancora operai che non facevano nulla, avendo sprecato la maggior parte della giornata.

Non era colpa loro. Quante migliaia di uomini vivono in mezzo alla cristianità senza aver mai sentito la chiamata del Vangelo! Così questi operai furono invitati a lavorare nella vigna durante l’ultima ora del giorno.

La giornata ebraica iniziava alle sei del mattino, quindi la loro terza ora era alle nove. L’agorà era il luogo pubblico dove si riuniva il popolo e dove gli operai cercavano la lode. Nel senso letterale della parabola, questi operai erano davvero lì a non fare nulla, oziosi. Nella vita, si può essere oziosi anche in mezzo alla folla.

Cominciare dagli ultimi significava mostrare il tema dell’intera parabola: nel regno di Dio, tutto è grazia. Dicendo : « Questi ultimi hanno lavorato un’ora sola e tu li hai trattati come hai trattato noi, che abbiamo sopportato il peso del giorno e del caldo » (Mt 20,12).

Avevano concordato con il padrone, che lo ricordava in modo significativo, e avevano appena sottolineato la differenza tra il loro lavoro e quello degli operai dell’undicesima ora, per stabilire il loro diritto a ricevere di più.


La risposta del padrone, basata su questo stesso diritto, fu senza replica: niente di male, siete d’accordo, ciò che è vostro. Il termine « amico » o « compagno » non esprimeva né affetto né rigore. « Così gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi ». (Mt 20,16)

Questa frase, ripetuta solennemente, presenta la sintesi e il significato profondo di tutta la parabola. Ricordando con un certo compiacimento di aver lasciato tutto per seguire Gesù, Pietro aveva chiesto una ricompensa (Mt 19, 12)

Stava cedendo a un sentimento falso e pericoloso, quello della propria giustizia. In un primo momento, Gesù gli diede una risposta incoraggiante, perché in fondo il discepolo era sincero e pieno di amore per il suo Maestro; ma a questa risposta aggiunse un serio avvertimento che volle rendere più impressionante con il drammatico racconto che segue.

Come è sorprendente ! Il padrone che chiama gli operai è Dio, che ha un diritto assoluto su di loro e che, chiamandoli, fa loro una grazia immensa. Infatti, la vigna a cui li manda è il suo bellissimo regno di verità, giustizia e pace. Gli operai che hanno il privilegio di lavorarvi non sono solo i medici o i pastori, ma tutti coloro che sentono la chiamata e vi si recano.

Le diverse ore del giorno sono le diverse età della vita umana o i diversi periodi della storia del regno di Dio. Il lavoro è tutto ciò che si fa per il bene dell’umanità, per il progresso del regno di Dio. La sera è la fine della vita o la fine dell’economia attuale, il ritorno di Cristo, l’amministratore divino che presiede alla retribuzione.

Infine, il denario è la salvezza, la vita eterna che, essendo di valore infinito e sproporzionato al lavoro degli operai, non può che essere una grazia. In questo senso, c’è uguaglianza tra tutti, ma ecco la differenza: il denario può avere un valore infinitamente diverso a seconda della disposizione interiore di chi lo riceve, cioè a seconda della sua capacità morale di godere della vita del cielo.

In questo caso, coloro che sono stati i primi a lavorare potrebbero essere gli ultimi. E anche se Gesù non li esclude, poiché concede loro il denario pattuito, essi rischiano di escludersi da soli, se dovessero prevalere i sentimenti che esprimono nella parabola.

D’altra parte, coloro che hanno capito che, nel regno di Dio, tutto è grazia – la chiamata, il lavoro, la ricompensa – e che si sono affidati alla parola del maestro, hanno potuto essere i primi, anche se sono stati gli ultimi a lavorare.

Gli esegeti che, basandosi su C, D, Itala e Siriaco, ammiravano queste parole come autentiche, non sapevano come interpretarle. Meyer fece loro capire che tra coloro che erano nel regno di Dio, erano pochi quelli scelti per essere i primi.


Il diacono Michel Houyoux


Supplementi

Conferenza episcopale Italia XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

Qumran testi XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) – Testi

Vidéo Padre Fernando Armellni https://youtu.be/Wkx2r-wxMFE


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Jeudi de la vingt-quatrième semaine du Temps Ordinaire – Année A

Posté par diaconos le 20 septembre 2023

Vocation de Matthieu, collecteur d'impôts

Vocation de Matthieu, collecteur d’impôts

# Saint Matthieu, est un personnage juif lié à la Galilée qui apparaît pour la première fois dans les Évangiles synoptiques, où il est appelé soit Matthieu, soit Lévi. Il y est décrit comme un publicain percepteur d’impôts, que Jésus appela pour devenir un de ses douze apôtres.

Pour les historiens modernes, il convient de dissocier l’apôtre Matthieu et le rédacteur de l’Évangile selon Matthieu. Ce livre a probablement été composé dans les années 80, sans doute à partir d’une version de l’Évangile selon Marc à laquelle ont été adjointes des paroles de Jésus (des logia) issues de ce que les spécialistes appellent la Source Q.

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Il n’existe, dans l’historiographie récente sur les origines du christianisme, aucune information concernant l’apôtre Matthieu. Il n’apparaît que dans le Nouveau Testament. Les éléments biographiques concernant l’apôtre de Jésus nommé Matthieu proviennent des Évangiles uniquement. Le Nouveau Testament le cite dans la liste des Douze (Mt 10:3 ; Mc , 18 ; Lc 6, 15), où il porte le nom de Matthieu.

D’autres passages mentionnent un collecteur d’impôts (Mt 9, 92 ; Mc 2:13-14 ; Lc 5, 27-28). Il apparaît une dernière fois en Actes 1:13. La tradition chrétienne a identifié l’apôtre Matthieu à l’auteur de l’Évangile selon Matthieu.

X,

Selon Irénée de Lyon (IIe siècle), à l’époque où Pierre et Paul affermissaient la communauté des disciples de Jésus à Rome (vers l’an 60 ou 61), Matthieu, qui annonçait la Bonne Nouvelle de Jésus-Christ aux Hébreux de Palestine et de Syrie, fut prié de rédiger une version synthétique de la vie et de l’enseignement de Jésus , une forme écrite de l’évangile, en araméen.

De même, Eusèbe de Césarée affirme au IVe siècle : «Matthieu prêcha d’abord aux Hébreux. Comme il devait aussi aller vers d’autres, il confia à l’écriture, dans sa langue maternelle, son évangile, suppléant du reste à sa présence par le moyen de l’écriture, pour ceux dont il s’éloignait ».

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Eusèbe s’appuya sur le récit de Papias, écrit vers l’année 120, et nota : Matthieu réunit donc en langue hébraïque les logia et chacun les interpréta comme il en était capable. Toujours selon Eusèbe, Pantène (v.240-v. 306), docteur chrétien qui dirigea l’Académie d’Alexandrie, trouva à son arrivée aux Indes cet évangile en caractères hébreux.

Ce manuscrit aurait été apporté par l’apôtre Barthélémy aux populations locales, qui l’auraient depuis précieusement conservé. Sur la question de la fin de sa mission et de sa mort, coexistent de nombreuses traditions concurrentes de la Tradition apostolique d’Hippolyte de Rome (troisième siàcle) le rattache à la Parthie, dans l’Iran actuel, où il mourut à Hiérapolis.

Le Martyrologe hiéronymien le fait également mourir en Perse et donne comme lieu de sa sépulture la ville de Tarrium. Isidore de Séville (VIIe siècle) le fait prêcher en Macédoine.

 

De l’Évangile de Jésus Christ selon Matthieu

En ce temps-là, Jésus sortit de Capharnaüm et vit, en passant, un homme, du nom de Matthieu,
assis à son bureau de collecteur d’impôts. Il lui dit: «Suis-moi.» L’homme se leva et le suivit.

Comme Jésus était à table à la maison, voici que beaucoup de publicains (c’est-à-dire des collecteurs d’impôts) et beaucoup de pécheurs vinrent prendre place avec lui et ses disciples.
Voyant cela, les pharisiens disaient à ses disciples :

«Pourquoi votre maître mange-t-il avec les publicains et les pécheur ?» Jésus, qui avait entendu, déclara : «Ce ne sont pas les signifie gens bien portants qui ont besoin du médecin, mais les malades.  Allez apprendre ce que : Je veux la miséricorde, non le sacrifice. En effet, je ne suis pas venu appeler des justes, mais des pécheurs.» (Mt 9, 9-13)

Vocation de Matthieu

Jésus passant devant le bureau des péages, appela Matthieu à le suivre, ce qu’il fit aussitôt. Il invita Jésus pour un repas, et, avec lui, beaucoup de péagers et de gens mal famés. Des pharisiens voyant cela, demandèrent aux disciples comment il se fit que leur Maître mangea avec de telles gens. Jésus répondit : «Ce sont précisément les malades qui ont besoin de médecin. Ils purent le savoir, car l’Écriture dit : « Dieu prend plaisir à la miséricorde, non au sacrific »  : Jésus appela des pécheurs, non des justes.

En ce moment des disciples de Jean-Baptiste demandèrent à Jésus pourquoi ceux qui le suivirent ne pratiquèrent pas la loi du jeûne. Il leur répondit que ses disciples ne purent être dans le deuil ou la tristesse tant que l’époux fut avec eux, mais des jours vinrent où ils jeûnèrent. Puis il s’appliqua à leur faire comprendre, par deux comparaisons frappantes, que la vie nouvelle qu’il apporta au monde fut incompatible avec les vieilles institutions légales, et même qu’elle exigea l’entier renouvellement de l’homme intérieur.

Matthieu ne nous dit pas dans quelle maison, il garda là-dessus un silence plein de modestie, mais Luc notaque c’était la maison de Matthieu Lévi, dans laquelle celui-ci fit  un grand banquet. Il voulut ainsi, dans le zèle de son premier amour, offrir à tous ces péagers et ces pécheurs qu’il invita, une occasion de voir et d’entendre Celui à qui il venait de consacrer sa vie.

Quelques interprètes prétendirent que, selon Matthieu comme selon Marc, ce repas avait lieu dans la maison de Jésus, et ils virent une contradiction entre les deux premiers évangélistes et Luc. Mais par quelle raison cette foule de péagers aurait-elle tout à coup envahi la maison de Jésus ? Marc  et Luc racontèrent aussi cette vocation d’un disciple avec les mêmes détails de lieu, de temps, de circonstances, il s’agissait d’un fait identique dans les trois récits. Tandis que Marc appela ce disciple Matthieu, les deux autres le nommèrent Lévi.

Le nom de Matthieu se retrouve dans tous les catalogues des apôtres, tandis que celui de Lévi n’y paraît jamais. Matthieu appelé en cette circonstance à l’apostolat changea son nom de Lévi en celui de Matthieu, qui signifie don de Dieu. Ainsi Simon prit le nom de Pierre Saul celui de Paul. Matthieu, péager lui-même, avait invité plusieurs de ses amis ayant la même vocation. Les pharisiens, dans leur orgueilleuse propre justice, se croyaient en santé ou justes  ; ils n’avaient donc pasbesoin d’un médecin, de ce Sauveur qui venait guérir les âmes de leurs maladies morales.

Mais ceux qui se portèrent mal, les malades, ces pécheurs qui se sentirent tels et qui l’entourèrent, eux avaient besoin de lui, et ce fut pourquoi ils l’écoutaient avec bonheur leur parler de pardon et de réconciliation avec Dieu. Jésus fit ainsi aux pharisiens une certaine concession, admettant une différence morale extérieure entre eux et les péagers, mais c’était une  concession ironique, comme dit Calvin, car au fond leur orgueil et leur dureté de cœur envers ces pauvres pécheurs que Jésus recevait, les rendaient, malgré leurs lumières, plus coupables qu’eux devant Dieu.

Diacre Michel Houyoux

Sites intéressants à voir sur Inrernet

Radio Don BoscoJeudi, Vingt-quatrième Semaine du Temps Ordinaire

Père Gilbert Adam Jeudi de la 24e semaine, année impaire

VidéoKTO TV https://youtu.be/WnybO-uDGvg

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Mercredi de la vingt quatrième semaine du Temps Ordinaire – Année A

Posté par diaconos le 19 septembre 2023

 Mercredi de la vingt quatrième semaine du Temps Ordinaire – Année A dans Catéchèse

De l’Évangile de Jésus Christ selon Luc

En ce temps-là, Jésus disait à la foule : « À qui donc vais-je comparer les gens de cette génération ?  À qui ressemblent-ils Ils ressemblent à des gamins assis sur la place, qui s’interpellent en disant : “Nous avons joué de la flûte, et vous n’avez pas dansé. Nous avons chanté des lamentations, et vous n’avez pas pleuré.”  Jean le Baptiste est venu, en effet ; il ne mange pas de pain, il ne boit pas de vin, et vous dites : “C’est un possédé !”Le Fils de l’homme est venu ; il mange et il boit, et vous dites : “Voilà un glouton et un ivrogne, un ami des publicains et des pécheurs.” Mais, par tous ses enfants, la sagesse de Dieu a été reconnue juste.» (Lc 7 31-35)

Austérité de la vie de Jean

Les deux évangélistes rendirent à peu près dans les mêmes termes cette parabole si humiliante pour la génération qu’elle concerna. Ce fut avec une ironie pleine de tristesse que Jésus la compara à des enfants mécontents et boudeurs, que rien ne put intéresser. Dans Matthieu, Jésus décrivit l’austérité de la vie de Jean en ces termes : ne mangeant ni ne buvant, expression évidemment hyperbolique. Luc y  substitua celle-ci : «Ne mangeant pas de pain et ne buvant pas de vin« ce qui fut rigoureusement vrai : «Lui, Jean, portait un vêtement de poils de chameau, et une ceinture de cuir autour des reins ; il avait pour nourriture des sauterelles et du miel sauvage» (Mt 3, 4)

Mathieu rapporta la dernière parole de ce discours, que Jésus prononça avec une joie profonde : «Mais la sagesse fut justifiée de la part de ses enfants».Luc ajouta ce mot significatif  : tous ses en­fants

Diacre Michel, Houyoux

Sites intéressants à voir sur Internet

Regnu m Chrisi : cliquez ici ,pour lire l’articleNous avons joué de la flûte, et vous n’avez pas pleuré

Père Gabriel : cliquez ici ,pour lire l’article → Nous avons joué de la flute

Vidéo KTO TV https://youtu.be/jHrkXsg4SQ

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Vingt-cinquième dimanche du Temps Ordinaire – Année A

Posté par diaconos le 18 septembre 2023

# Les Ouvriers de la onzième heure (quelquefois : Ouvriers envoyés à la vigne) est une parabole de l’Évangile selon Matthieu. Elle appartient à son Sondergut. La onzième heure fait référence à une méthode antique de calcul des heures qui débutait avec le lever du soleil et qui divisait la journée en douze parties. La parabole fait intervenir un propriétaire terrien qui rémunère également ses différents employés peu importe l’heure où ils ont entamé leur labeur. Cette parabole pourrait signifier que la générosité de Dieu dépasse notre justice . En effet on associe le propriétaire de la vigne à Dieu.

xEvangile de dimanche: les ouvriers de la dernière heure – Portail  catholique suisse

Les rapports de Dieu avec nous ne sont pas les rapports qu’a un patron avec ses ouvriers. Parmi les premiers chrétiens, ceux d’origine juive pouvaient être choqués de voir des pécheurs et des païens appelés comme eux dans la communauté des chrétiens. Cette parabole a servi à apaiser les ressentiments qui ont pu naître de cette situation. Origène compara la vigne à l’Église et le maître au Christ. Saint Augustin dit dans son sermon 87 intitulé : les heures de l’histoire du Salut, « Les justes venus au monde en premier, comme Abel et Noé, ont été, pour ainsi dire, appelés à la première heure, et ils obtiendront le bonheur de la résurrection en même temps que nous.

xD’autres justes, venus après eux, Abraham, Isaac, Jacob et tous ceux qui vivaient à cette époque furent appelés à la troisième heure, et ils obtiendront le bonheur de la résurrection en même temps que nous. Il en fut de même pour ces autres justes, Moïse, Aaron et tous ceux qui furent appelés avec eux à la sixième heure; puis les suivants, les saints prophètes, appelés à la neuvième heure, goûtèrent le même bonheur que nous. Tous les chrétiens sont appelés à la onzième heure; ils obtiendront, à la fin du monde, le bonheur de la résurrection avec ceux qui les précédèrent.

xTous le recevront ensemble. Voyez pourtant combien de temps les premiers attendront avant d’y parvenir. Ainsi, ils obtiendront ce bonheur après une longue période, et nous, après peu de temps. Bien que nous devions le recevoir avec les autres, on peut dire que nous serons les premiers, puisque notre récompense ne se fera pas attendre. . John Ruskin s’appuya sur cette parabole dans l’essai Unto This Last pour critiquer la rémunération des ouvriers à la tâche et préconiser une rémunération en fonction des besoins de l’ouvrier pour vivre, quelle que soit la contribution réelle de son travail à la richesse de l’employeur.

 

De l’Évangile de Jésus Christ selon Matthieu

En ce temps-là, Jésus disait cette parabole à ses disciples :«Le royaume des Cieux est comparable au maître d’un domaine qui sortit dès le matin afin d’embaucher des ouvriers pour sa vigne. Il se mit d’accord avec eux sur le salaire de la journée : un denier, c’est-à-dire une pièce d’argent, et il les envoya à sa vigne. Sorti vers neuf heures, il en vit d’autres qui étaient là, sur la place, sans rien faire. Et à ceux-là, il dit : ‘Allez à ma vigne, vous aussi, et je vous donnerai ce qui est juste.’ Ils y allèrent. Il sortit de nouveau vers midi, puis vers trois heures, et fit de même. Vers cinq heures, il sortit encore, en trouva d’autres qui étaient là et leur dit : ‘Pourquoi êtes-vous restés là, toute la journée, sans rien faire ?’ Ils lui répondirent : ‘Parce que personne ne nous a embauchés.’ Il leur dit : ‘Allez à ma vigne, vous aussi.’

Le soir venu, le maître de la vigne dit à son intendant : ‘Appelle les ouvriers et distribue le salaire, en commençant par les derniers pour finir par les premiers.’Ceux qui avaient commencé à cinq heures s’avancèrent et reçurent chacun une pièce d’un denier. Quand vint le tour des premiers, ils pensaient recevoir davantage, mais ils reçurent, eux aussi, chacun une pièce d’un denier. En la recevant, ils récriminaient contre le maître du domaine : ‘Ceux-là, les derniers venus, n’ont fait qu’une heure, et tu les traites à l’égal de nous, qui avons enduré le poids du jour et la chaleur !’

Mais le maître répondit à l’un d’entre eux : ‘Mon ami, je ne suis pas injuste envers toi. N’as-tu pas été d’accord avec moi pour un denier ? Prends ce qui te revient, et va-t’en. Je veux donner au dernier venu autant qu’à toi : n’ai-je pas le droit de faire ce que je veux de mes biens ? Ou alors ton regard est-il mauvais parce que moi, je (suis bon ? C’est ainsi que les derniers seront premiers, et les premiers seront derniers» (Mt20, 1-16)

Appel d’ouvriers pour travaillent à la Vigne du Seigneur

Le denier romain fut l’une des monnaies de base des romains. Il s’agissait d’une pièce d’argent, d’un poids d’environ 3 à 4 g selon les époques. Les premiers deniers romains apparurent à la fin du troisième siècle avant Jésus-Christ, à la suite de la dévaluation de l’as à cause des guerres puniques. L’as était une monnaie de bronze ou de cuivre de la Rome antique. Son poids et son aspect évaluèrent considérablement au fil des siècles. Un denier (4, 4€) fut au temps  de Jésàs le prix de la journée d’un ouvrier. Ce salaire fut convenu entre le maître et les ouvriers.

La journée, chez les Juifs, commençait à six heures du matin ; ainsi leur troisième heure correspondait à neuf heures. L »agora était le lieu public où s’assemblait le peuple et où les ouvriers cherchaient à se louer. Dans le sens littéral de la parabole, ces ouvriers étaient là réellement sans rien faire, oisifs. Dans la vie, on peut l’être aussi au milieu même de la plus grande activité, si ce travail reste sans aucun rapport avec le règne de Dieu.

Ils y allèrent sans autres conditions, confiants dans la parole du maître. À midi et à trois heures, il renouvela le maître appela d’autres ouvriers. Vers la onzième heure, cinq heures du soir, tout près de la fin de la journée, il y avait encore des ouvriers qui se tenaient là ne rien faire, ayant perdu presque toute la journée. Ce n’était pas leur faute. Combien de milliers d’hommes vivent, en pleine chrétienté, sans avoir jamais entendu l’appel de l’Évangile ! Aussi ces ouvriers furent-ils encore invités à employer dans la vigne la dernière heure du jour.

Commencer par les derniers, c’était manifester le thème de toute la parabole : dans le règne de Dieu, tout est grâce. disant : « Ceux-là, les derniers, n’ont travaillé qu’une heure, et tu les as traités à l’égal de nous qui avons supporté le poids du jour et la chaleur » (Mt 20, 12) Ces travailleurs se mirent  sur le terrain du droit. Ils étaient convenus avec le maître, qui le leur rappela  d’une manière significative, ils vienrent de faire valoir la différence entre leur travail et le travail des ouvriers de la onzième heure, toujours pour établir leur droit à recevoir davantage.

La réponse du maître, fondée sur ce même droit, fut sans réplique : aucun tort, tu es convenu, ce qui est à toi. Le terme d’ami, ou compagnon, n’exprima ni affection ni rigueur. « Ainsi les derniers seront les premiers, et les premiers seront les derniers. » (Mt 20, 16)  Cette sentence solennellement répétée présenta le résumé et le sens profond de toute la parabole.

Pierre, en rappelant avec une certaine complaisance qu’il avait tout quitté pour suivre Jésus, s’était enquis d’une récompense (Matthieu 19.27). Il cédait ainsi à un sentiment faux et dangereux, celui de la propre justice. Jésus lui a fait d’abord une réponse encourageante, parce qu’au fond le disciple était sincère et plein d’amour pour son Maître ; mais il ajoutait à cette réponse un sérieux avertissement (verset 30, note) qu’il a voulu rendre plus impressif par le récit dramatique qui suit.

Combien il est saisissant ! Le maître qui appelle des ouvriers, c’est Dieu, qui a un droit absolu sur eux et qui leur fait une grâce immense en les appelant. En effet la vigne où il les envoie, c’est son beau règne de vérité, de justice et de paix. Les ouvriers qui ont le privilège d’y travailler ne sont pas seulement des docteurs ou pasteurs, mais tous ceux qui entendent l’appel et s’y rendent.

Les différentes heures du jour sont les divers âges de la vie humaine ou les époques de l’histoire du règne de Dieu. Le travail, ce sont toutes les œuvres qui ont pour objet le bien des hommes, l’avancement du règne de Dieu. Le soir, c’est la fin de la vie ou la fin de l’économie présente, le retour de Christ, le divin intendant qui préside à la rétribution.

Le denier, enfin, c’est le salut, la vie éternelle, qui, parce qu’elle est d’une valeur infinie et sans proportion avec le travail des ouvriers, ne peut être qu’une grâce. Dans ce sens, il y a égalité entre tous, mais voici la différence : le denier peut avoir une valeur infiniment diverse selon la disposition intérieure de ceux qui le reçoivent, c’est-à-dire selon leur capacité morale de jouir de la vie du ciel.

Là ceux qui ont été les premiers au travail peuvent être les derniers. Et même, bien que Jésus ne les exclue pas, puisqu’il leur accorde le denier stipule, ils sont en danger de s’exclure eux-mêmes, selon que les sentiments qu’ils manifestent dans la parabole viendraient à prévaloir. Ceux au contraire qui comprirent que, dans le règne de Dieu, tout est grâce, l’appel, le travail, la récompense, et qui se confièrent à la parole du maître purent être les premiers, bien qu’ils fussent les derniers au travail.

 Les exégètes qui, se fondant sur C, D, l’Itala et la Syriaque, admirent ces paroles comme authentiques ne sachant trop qu’en faire dans l’interprétation. Meyer leur fit signifier que parmi ceux qui furent dans le royaume de Dieu, il en fut peu qui furent choisis pour y être les premiers.

Diacre Michel Houyoux

Compléments

Paroisse saint LoupVingt-cinquième dimanche du Temps Ordinaire – Année A

Vidéo Travaillez à la vigne du Seigneur https://youtu.be/pfisXFc2X-c

 

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